Cinque anni fa l'Enciclica Laudato Si'
Antonella Palermo – Città del Vaticano
Dal 16 al 24 maggio si celebra il quinto anniversario della Laudato Si' che ha riunito tante comunità attorno agli insegnamenti di Papa Francesco, impegnate nella difesa dell'ambiente, del bene comune, della dignità della persona, sulla base del concetto che fa da pilastro del testo: l'ecologia integrale. Il tema della settimana dedicata alla riflessione sull'enciclica è "Tutto è connesso". In un videomessaggio diffuso a marzo scorso, Papa Francesco ha rinnovato l'appello a rispondere alla crisi ecologica: "Il grido della terra e dei poveri non possono più aspettare".
Monsignor Antonio Di Donna, vescovo di Acerra, aveva invitato il Pontefice nella sua diocesi per suggellare il 24 maggio un percorso di sensibilizzazione a questi temi avviato da molto tempo, visita rinviata a causa dell'emergenza coronavirus:
R. - Ci siamo preparati anzitutto con un cammino di alcune diocesi della Campania, sono nove tra Napoli e Caserta. Da alcuni anni ci confrontiamo sul tema della cura del creato. A gennaio questo percorso è sfociato in un incontro di tutti sacerdoti di queste diocesi, circa 400 preti si sono riuniti a Teano. Noi vescovi vogliamo coinvolgerli affinché questo tema entri di più nella pastorale ordinaria, nella predicazione e soprattutto nella catechesi a partire dalla catechesi per i ragazzi. Questo impegno ha coinvolto la Commisione CEI della Carità e della Salute, di cui faccio parte. Il 18 aprile avremmo chiamato anche i vescovi di quei territori in cui ci sono siti inquinati (sono 57 in Italia in base a una indagine del Ministero della Salute, 70 le diocesi coinvolte). Erano pronti a venire qui proprio per dire che la 'terra dei fuochi' non è un luogo ma un fenomeno sparso in tutta Italia, anzi di più al nord. La questione è che la Laudato Sì non è ancora entrata di fatto nel tessuto ordinario delle nostre diocesi e delle nostre parrochie. Poi la pandemia ha bloccato tutto. Adesso speriamo di riprendere le fila. Il fatto è che questa pandemia non è estranea ai temi della enciclica, laddove si dice che tutto è connesso. C'è un legame strettissimo, infatti, tra salute e ambiente.
Come si possono coniugare salute e tutela ambientale?
R. - Innanzitutto, non mettendo in secondo piano l'emergenza ambientale. In questo tempo di pandemia sembra essere passata in secondo piano quella della salute. Salute, ambiente e poveri vanno insieme. La scorsa domenica nell'omelia ho fatto questo appello: che non si dimentichi l'emergenza ambientale, quando sarà passata l'epidemia. Ringraziando tutti coloro che si sono dati da fare in questo periodo, le istituzioni, i medici... mi auguro che mettano ora lo stesso impegno nel combattere l'emergenza ambientale, non sempre purtroppo è così.
Quali sono le dinamiche che portano e hanno portato al deterioramento di un territorio come il vostro?
R. - Tutto dipende dallo smaltimento dei rifiuti. La Campania è stata lo sversatoio d'Italia per molti anni. Smaltirli legalmente i rifiuti è molto costoso e allora ci si affida alle mafie locali che con la connivenza di politici hanno interrato i rifiuti tossici delle industrie del nord. Ovviamente poi c'è tutto il degrado dei roghi tossici che continuano, sono conseguenza del lavoro nero, lavoro sommerso di chi scarica nei terreni e poi dà fuoco sviluppando diossina. Qui il discorso è molto grosso perché significa mettere in movimento una macchina abbastanza pericolosa.
Macchina che bisogna disinnescare...
R. - Certo. La Chiesa si interessa alla Laudato Si'. Qui c'è un eccesso di tumori che noi facciamo risalire a questi fenomeni, il nesso c'è anche se non viene da tutti ancora riconosciuto. Sono morti molti giovani, è un fatto strano. Fino a qualche anno fa non succedeva. Bisogna che le istituzioni dialoghino, e questo non avviene. Poi ci vuole che si ascoltino di più i cittadini. A volte si ha l'impressione che manchi la volontà politica di mettere mano a questo fenomeno. Poi, soprattutto, vorrei che ci fosse una 'moratoria ambientale', così io la chiamo: che i territori già saturi, come il nostro, non debbano essere più interessati all'impianto di nuove industrie che trattano materiale inquinante. Abbiamo già dato, per dirla in una formula che tutti capiamo.
All'indomani del provvedimento del governo italiano sulla regolarizzazione del lavoro domestico e agricolo, si rivela quanto mai opportuno tornare al cuore del messaggio della Laudato Si': il bene comune e la dignità della persona. Che le responsabilità verso le generazioni future diventino azioni concrete è un auspicio condiviso anche da Don Pino Demasi, parroco a Polìstena, vicario generale della diocesi di Oppido-Palmi e referente di 'Libera' per la Piana di Gioia Tauro. Il sacerdote accoglie con favore il contenuto del decreto 'rilancio' nella parte riferita alla regolarizzazione di braccianti, colf e badanti, e fa proprio il commento del Ministro delle Politiche Agricole, Teresa Belladonna: "Da oggi gli invisibili diventeranno meno invisibili".
R. - Dopo il braccio di ferro politico è emerso il fatto che da oggi gli invisibili diventeranno meno invisibili, come ha detto commossa la ministra. Non si tatta di parlare solo di numeri, di braccia lavoro, ma di persone. E' il principio che va valutato positivamente. Dare un documento a una persona significa dare dignità, significa dare nome e cognome, considerarla non un oggetto ma una persona con pieni diritti e pieni doveri. Detto questo, possiamo anche parlare di opportunità e convenienza. Dobbiamo pur dire che il lavoro nei campi, come anche quello delle badanti, è stato lasciato in mano agli stranieri. La battaglia è contro il caporalato, contro la delinquenza organizzata, ma è anche una battaglia di opportunità: nel momento in cui, infatto, metto in regola queste persone, loro devono pagare il fisco e quindi ciò significa entrate per lo Stato.
Quali sono le condizioni attuali del vostro territorio?
R. - Noi abbiamo il cosiddetto ghetto di San Ferdinando, Rosarno. Poi ci sono anche altre realtà di persone sfruttate che a stento riescono a fare in questo periodo qualche giornata di lavoro e sono a rischio salute. La casa loro è fatta di tende dove vivono almeno otto persone, di case diroccate, di ponti, di strade. Ricordiamoci che tutelando la loro salute, tuteliamo anche la nostra. La situazione nelle campagne è catastrofica; a causa dell'epidemia la gente non è andata a lavorare. L'agrumicoltura i nostri cittadini si rifiutano di praticarla, diciamocelo, non ci giriamo ci intorno. Non la reputano redditizia e comunque il lavoro nei campi è faticoso. L'annata è andata in tilt ed è completamente fallita.
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