Milano torna all’Eucarestia con gioia e prudenza
Fabio Colagrande – Città del Vaticano
Domenica 17 maggio al termine del Regina Caeli Papa Francesco ha salutato la ripresa in Italia, prevista per l’indomani, della celebrazione della Santa Messa con il popolo, pur nel rispetto di un protocollo sanitario, per prevenire il contagio, approvato dalla Conferenza episcopale italiana e dal Governo. “Per favore, andiamo avanti con le norme, le prescrizioni che ci danno per custodire così la salute di ognuno e del popolo”, ha affermato il Pontefice. La ripresa delle celebrazioni liturgiche con i fedeli dopo circa due mesi e mezzo di sospensione per la pandemia, è stata accolta in tutte le diocesi con grande gioia, ma anche con la consapevolezza della necessità di osservare le norme anti contagio. Da una delle regioni più colpite dal coronavirus, la Lombardia, lo conferma, ai microfoni di Radio Vaticana Italia, monsignor Paolo Martinelli, OFM Cap., vescovo ausiliare di Milano.
R.- Il Papa con le sue parole di prudenza ha indicato davvero la strada migliore: credo che questa sia proprio la direzione che dobbiamo prendere. Da una parte c’è la gioia di essere tornati a celebrare la Santa Messa con il popolo e dall'altra parte, appunto, la prudenza e la custodia della salute. In questi giorni, monsignor Delpini, il nostro arcivescovo, ci ha ricordato che siamo un po' in convalescenza e quindi come ogni persona che riprende dopo una malattia dobbiamo essere determinati, dobbiamo metterci in cammino, però d’altra parte con gradualità e prudenza. Ecco credo che questo sia anche un atteggiamento di amore alla persona: è proprio lo stesso sacramento dell’Eucarestia, il sacramento dell'amore di Dio per ciascuno di noi, che ci invita a vivere questo atteggiamento di gradualità e di prudenza. Questo perché è tutta la nostra persona che deve essere abbracciata dall'amore del Signore e gradualità, prudenza e determinazione sono proprio gli elementi che indicano l'approfondimento del nostro rapporto con Cristo che si manifesta in modo così decisivo nel sacramento dell'Eucarestia.
La Lombardia è la regione italiana più colpita dalla pandemia di coronavirus: in che clima avviene dunque nella chiesa ambrosiana la ripresa delle celebrazioni eucaristiche con il popolo?
R.- Certo, il periodo così duro che abbiamo vissuto ci mette di fronte a queste giornate innanzitutto con un desiderio nuovo: quello di approfondire il mistero di Cristo che si dona a noi nella vita della Chiesa e in particolare nel sacramento dell'Eucarestia. Ma direi che dobbiamo anche fare un po' tesoro di quello che abbiamo imparato è vissuto in questi giorni come Chiesa. Un po' tutto il popolo di Dio ha partecipato al dolore, allo smarrimento, a questa esperienza di fragilità che tutti noi abbiamo fatto in questi mesi. Abbiamo sentito in modo molto forte la parola di Papa Francesco pronunciata il 27 marzo: siamo tutti sulla stessa barca e ci salviamo solo insieme. Credo che questa sia stata anche l'esperienza della nostra comunità ecclesiale, della nostra diocesi, della nostra chiesa di Milano: aver partecipato profondamente al dramma di tutta la gente. Questo forse ci ha riposizionato un po’ sulle questioni fondamentali. Penso anche alle grandi attività, le grandi iniziative che erano state preparate per la Quaresima e per il tempo di Pasqua e che questa pandemia ci ha un po' costretto a rivedere: la Quaresima si è svolta in un modo che nessuno di noi avrebbe mai immaginato. Ma questo ci ha aiutato anche a ritrovare l’umiltà, la preghiera, la mendicanza e a capire che è il Signore che fa tutto: c'è un primato di Dio, un primato della grazia. È un tempo che ci insegna ad aprirci alla benevolenza del Signore, ad avere fiducia in Lui. Non siamo noi che facciamo tutto ma noi corrispondiamo a una grazia che non è mai venuta meno. Forse siamo diventati più umili e mendicanti della grazia del Signore.
Dunque le comunità può finalmente ritrovarsi come assemblea liturgica ma con la consapevolezza di aver vissuto una forte esperienza di preghiera domestica personale…
R.- Va ricordato che l’Eucarestia non è una devozione, ma è ciò di cui la Chiesa vive, è il gesto che Cristo ci ha chiesto di ripetere: fate questo in memoria di me. Quindi c'è una assoluta centralità del mistero eucaristico. L’impossibilità di celebrarlo con il popolo mi pare abbia destato da una parte il suo profondo desiderio ma d’altra parte anche la ricerca di gesti che potessero accompagnare questa impossibilità. Ecco quindi che si può pregare da casa e bisogna continuare a farlo, in tutte le forme possibili. È bello anche ritrovarci in famiglia a pregare insieme, leggere la Parola di Dio, leggere un Salmo, recitare la Liturgia delle Ore. Tutte queste cose non sostituiscono l'Eucarestia ma la preparano, la fanno vivere con più profondità. Quindi è proprio bello vedere questa circolarità tra il mistero dell'Eucarestia, che ci convoca come popolo, e la possibilità da parte nostra, in modo personale e comunitario, soprattutto nella famiglia, di riprendere e approfondire questo mistero nella preghiera domestica. Penso che siamo chiamati proprio a vivere questa bella circolarità che ci permette di approfondire l’unico mistero a cui apparteniamo tutti.
Questo periodo di quarantena, che anche la Chiesa italiana ha vissuto in maniera particolare, è stato solo una parentesi da dimenticare o ci ha insegnato qualcosa?
R.- Io penso che per noi tutti sia stato periodo di profonda purificazione anche proprio della vita ecclesiale. Anche il fatto di aver mortificato così tante iniziative forse ci ha permesso di tornare a mendicare il Signore, a sentirne il bisogno, assieme al bisogno anche di una semplificazione della vita ecclesiale, di ritrovare “l’'essenziale”. Io credo che questo sia stato un periodo di purificazione che ci ha aiutato a tornare di fronte al mistero di Cristo ma anche al mistero della vita. Forse dobbiamo proprio riscoprire di più il carattere di mistero che la vita di ciascuno di noi ha e quello della stessa vita della Chiesa intesa come mistero di comunione
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