Moraglia: nella ripartenza al primo posto ci sia la dignità
Tiziana Campisi - CIttà del Vaticano
“Quello che in questi mesi saremo chiamati a riconoscere è la dignità della persona; siamo chiamati ad una vera traversata del deserto, la traversata della “speranza-difficile”; è il tempo dell’ottimismo, della volontà, non dobbiamo assolutamente cedere al pessimismo che è strada senza sbocco; solo insieme e con l’aiuto di Dio, sarà possibile uscire da questo guado terribilmente insidioso”: lo scrive in una lettera il patriarca di Venezia Francesco Moraglia che così ha condiviso con il popolo di Dio il suo pensiero con l'occhio rivolto al futuro. Il patriarca sottolinea che, data l’eccezionalità del momento si devono unire le forze a tutti i livelli e che “la direzione da seguire è la dignità della persona umana e, soprattutto, di quella meno tutelata e più a rischio”. E per questo monsignor Moraglia ha voluto ricordare il recente suicidio di un imprenditore napoletano, che soffriva da tempo di una forma depressiva accentuatasi negli ultimi tempi, probabilmente per le conseguenze del lockdown.
Aiuti concreti e speranza
“Si deve fare il possibile per evitare che angoscia e solitudine s’impossessino, come per il passato, e in crisi anche meno gravi dell’attuale, di tanti onesti lavoratori che hanno ritenuto di non potercela fare – rimarca il patriarca di Venezia –. Tragedie come quella di Antonio non devono ripetersi. Oltre le parole di speranza sono necessari i fatti, ovvero gli aiuti concreti che rendano la speranza affidabile e la motivino; anche categorie che una volta erano “forti”, ora, non lo sono più e sono messe a dura prova”. Per monsignor Moraglia “la dignità della persona è la stella polare che deve accompagnarci in questa traversata” e “ci sono anche questioni che riguardano centinaia di migliaia di persone, italiani e stranieri, di cui non è possibile ignorare l’esistenza”.
Braccianti e esclusi
Il monito è ad avere attenzione verso chi non ha diritti e diventa così “socialmente invisibile finendo per costituire una triste risorsa per la malavita o come potenziale soggetto che pone in essere azioni delittuose” o ancora come “bersaglio e vittima di tali azioni”. Il patriarca Moraglia cita poi i braccianti agricoli che “non devono essere considerati solo una risorsa economica, e quindi regolamentati in un’ottica di mera produttività”. “Quando ci sediamo a tavola per mangiare – aggiunge – chiediamoci se, nel nostro piatto, c’è un cibo giusto, ovvero che non proviene da un processo nel quale dignità e tutela delle persone sono state dimenticate”.
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