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Bambina con il papà e il dott. Loro che le ha ricostruito la gamba sinistra, dopo una grave infezione ossea Bambina con il papà e il dott. Loro che le ha ricostruito la gamba sinistra, dopo una grave infezione ossea  La storia

Uganda in crisi per la pandemia. La voce di chi non si arrende

In Africa orientale il contagio da coronavirus è ufficialmente basso ma non è escluso che ciò dipenda dagli scarsi test effettuati sulla popolazione. L'ospedale pediatrico CoRSU, un faro in tutta l'area, continua l'attività nonostante le vie di comunicazione chiuse alla circolazione. Mentre si rinuncia al pellegrinaggio annuale al Santuario dei Martiri ugandesi, rinviato per l'epidemia, si ringrazia Papa Francesco per l'accompagnamento quotidiano della Messa da Casa Santa Marta. L'intervista al medico italiano Antonio Loro

Antonella Palermo – Città del Vaticano

Antonio Loro opera dal 2009 a Kampala, capitale ugandese. Chirurgo pediatrico, padovano di origine, offre uno spaccato socio sanitario della regione, regalando anche storie di unità, solidarietà, vita.

Il lockdown e un Paese ancora più fragile

In Uganda il lockdown è stato applicato in modo molto restrittivo; probabilmente nel corso di questa settimana riapriranno i trasporti e sarà alleggerito. Di certo, ha creato una situazione molto difficile per un Paese già in grande sofferenza, che annaspa dal punto di vista economico, come tanti nel continente. "L'impatto è stato tremendo", commenta il dottor Antonio Loro. "Erano certo misure necessarie, credo che il Governo abbia fatto bene - precisa - la situazione sociale è comunque fragile. La popolazione sta soffrendo, però il Presidente è molto vicino, il governo sembra però mostrarsi vicino alla gente, con le continue comunicazioni via radio riguardanti la necessità di detersione, il lavaggio delle mani. Si è impegnato a distribuire gratuitamente mascherine a tutti, e anche cibo: fagioli, un poco di zucchero e un poco di sapone. Ma qui l'80% dell'economia è informale e quindi l'impatto sui lavoratori, a giornata, è tremendo".

Ascolta l'intervista al dottor Loro

Il mistero del virus a bassa carica virale

"In ospedale abbiamo voluto dare un segno: non lo abbiamo mai chiuso", sottolinea il dottor Loro. "Certo, lavoriamo a marce ridotte, non avendo i trasporti, ma abbiamo continuato a tenere i contatti con le organizzazioni non governative con cui cooperiamo, abbiamo continuato a visitare i bambini, abbiamo anche operato, sebbene al 20% delle possibilità. Da qualche giorno abbiamo messo la seconda marcia e tra una settimana speriamo di mettere la quarta". Fa riflettere il fatto che non ci siano state vittime per coronavirus. "In Africa orientale non siamo arrivati ai 2000 casi di contagio – calcola Loro – e in Uganda giovedì scorso eravamo a 264 casi e nessun morto. La domanda che ci si pone è: il virus sta circolando oppure ci sono fattori, in queste regioni, che lo stanno contenendo? La mia idea è che qualcosa c'è - forse sarà scoperto in futuro - e che è alla base di contagi molto contenuti". Fatto è che verifiche attendibili non ce ne sono, se si pensa che occorrerebbero 450mila test per testare l'1% della popolazione ugandese, mentre i test effettuati finora sono addirittura sotto i 100mila, un numero assai esiguo.

Il dottor Loro e la moglie con un gruppo di giovani in cura
Il dottor Loro e la moglie con un gruppo di giovani in cura

Comunicazione del governo e distanziamento infattibile

Fino a qualche settimana fa le mascherine si potevano trovare. Adesso il governo ha dato il via alla realizzazione di mascherine artigianali. "La questione è che non tutti le portano. Noi qui ospedale siamo ben protetti, siamo a posto", dice Loro. Il problema davvero grosso è come imporre il distanziamento sociale in questi paesi, soprattutto nelle baraccopoli dove non è fattibile. "Là in una stanza di 6 metri per 6 vivono dalle 6 alle 8 persone. Il distanziamento in questi casi è impensabile. Eppure, nonostante questo, i numeri non sono in crescita esponenziale. Il governo ha fatto un ottimo lavoro – commenta il medico - e la popolazione tutto sommato è molto molto cosciente dei rischi. Al di fuori di ogni negozio c'è un posto dove potersi lavarsi le mani".

L'ospedale CoRSU è un faro

L'ospedale dove lavora il chirurgo Loro è un ospedale privato non-profit che "è diventato un faro per tutta la regione, non solo in Uganda, per la chirurgia plastica e ortopedica", ammette. E' stato fondato da CBM (Christian Blind Mission), organizzazione senza scopo di lucro attiva dal 1908 per assistere, curare, includere e dare una migliore qualità di vita alle persone con disabilità che vivono nei Paesi più poveri. CBM comprende 10 associazioni nazionali (Australia, Germania, Gran Bretagna, Irlanda, Italia, Kenya, Nuova Zelanda, USA, Sud Africa e Svizzera) che insieme sostengono progetti e interventi di tipo medico-sanitario, riabilitativo ed educativo nei Paesi del Sud del mondo in stretta collaborazione con i partner locali. A Kampala arrivano bambini dal Sud Sudan, Rwanda, Burundi, Kenya, Congo. "Copriamo forse il 5-10% dei bisogni ortopedici pediatrici in questa zona ma dobbiamo anche considerare che le forze in campo di specialisti sono molto molto limitate e non paragonabili a quelle euopee occidentali", afferma Loro. "Siamo solo 50 ortopedici per una popolazione ugandese di 43milioni di persone. Immagini cosa possiamo fare. In Sud Sudan ce ne sono 3, in Congo 10. E' un mare di richieste. Abbiamo operato più di 70mila bambini in questi dieci anni. Molti di loro si sono reintegrati socialmente. Molti sono tornati a studiare". Il medico spiega che il successo di questa offerta, pur minima rispetto alle esigenze, sia dovuto all'accesso libero (la chirurgia è sussidiata e per i bambini più in difficoltà è gratuita) e alla disponibilità economica grazie alle donazioni che ha permesso di comperare materiali ed equipaggiamento adeguati".

I  killer silenziosi

In Uganda il Covid ha coperto le altre malattie silenziose che continuano mietere vittime. "Qui, anche oggi, decine di bambini moriranno per malaria, probabilmente una ventina di mamme per complicazioni legate al parto, forse una cinquantina per tubercolosi e altrettanti per Hiv", spiega Loro. "Per il mio campo specifico quello che vediamo sono malattie legate alla povertà e dell'indigenza: infezioni per mancanza di acqua per lavarsi, l'igiene nei villaggi è molto scarsa come anche la nutrizione. Le difficoltà logistiche giocano un peso importante. I colleghi plastici devono combattere giornalmente con le ustioni. I bambini giocando cadono nei fuochi a terra. Per quanto mi riguarda, ho a che fare con le infezioni ossee, i tumori, la malnutrizione, la tubercolosi". Poi c'è l'aspetto demografico: qui la popolazione è giovanissima. Su 43mln, 22mln di abitanti sono sotto i 18 anni. "Sono numeri che fanno paura – aggiunge il medico e precisa che "nascono 2mln di bambini all'anno: poi una parte si ammala, una parte nasce con patologie congenite, una parte avrà bisogno di servizi che il governo sta cercando di dare ma la quota di bilancio assegnata alla Salute è al di sotto del 12% del budget annuale".

Storie di coraggio per far vincere la vita

La notte c'è il coprifuoco per evitare la criminalità. "Bambini con gravi patologie addominali o madri che devono partorire finiscono per morire per strada", racconta ancora Antonio Loro. Ma emergono anche storie di non rassegnazione: "Ha fatto scalpore una infermiera del nord Uganda che, in questo periodo di lockdown, ha sfidato tutto ed è andata con una carrozzina a prendere una mamma con le doglie e l'ha spinta per oltre 4 km, lungo una strada sterrata al buio, da sola. E l'ha salvata". E racconta un'altra storia, quella di una signora che è stata aiutata dai vicini a partorire. "Per muoversi c'era bisogno dell'autocertificazione. Era notte, non si sa come si sia riusciti a trovare una macchina. In ospedale non si poteva arrivare perché c'era qualche problema con l'elettricità, visto il cattivo tempo. Lo hanno fatto nascere, questo bambino, alla luce delle torce nella notte. Spero lo chiamino 'luce'. E' veramente fantastico. Ci sono anche storie più tristi ma la solidarietà ha contagiato, come dice Papa Francesco".

Il rinvio del pellegrinaggio a Namugongo

Avrebbe dovuto svolgersi dal 29 maggio al 3 giugno l'annuale pellegrinaggio al Santuario di Namugongo, dove anche Papa Francesco, nella sua tappa in Uganda, fece visita nel 2015. E' un luogo molto caro non solo ai cattolici e non solo nel Paese. "Questi loro santi ugandesi sono un mezzo di unità per la popolazione", spiega il dottor Loro. "E' sempre molto bello vedere come si mischiano un po' tutti in questo pellegrinaggio: cattolici, anglicani, musulmani, animisti. Tutti che pregano verso un essere supremo che li protegge. Il fatto di non fare il pellegrinaggio sarà un colpo importante dal punto di vista spirituale per molti. Si vedevano file di 50-100 persone dai quattro punti cardinali, dal Congo, dal Rwanda, dal Burundi, dal Kenya. Camminare con un ramo d'albero in mano per chilometri, percorrendo anche 600-700 km per arrivare in tempo alla festa del 3 giugno. Ovviamente era necessario rinviarlo ma credo che le diocesi faranno arrivare attraverso le radio le celebrazioni". E conclude ricordando l'appuntamento costante con la messa celebrata dal Papa a Santa Marta e trasmessa anche in Africa: "Ci ha accompagnato tutti i giorni e noi non siamo mai mancati. Bisogna leggere il Vangelo tutti i giorni, come ci invita a fare il Papa. Aiuta, aiuta tantissimo. E' un viatico, si va avanti".

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25 maggio 2020, 09:56