Venezuela, Moronta: il dono della solidarietà per scongiurare la violenza
Stefano Leszczynski – Città del Vaticano
4.210%: è questa la cifra dell’inflazione che si è abbattuta sul Venezuela nell’ultimo anno. Una cifra che rende inutile qualsiasi tentativo di analisi economica che non sia la mera constatazione della diffusione della fame e della miseria in tutti gli strati della popolazione civile. Tradotto: i prezzi validi oggi per un bene di consumo saranno triplicati domani. Nel paese che galleggia sul petrolio, manca il carburante per trasportare i generi di prima necessità. Anche i medicinali sono introvabili e il sistema sanitario non ha i mezzi per fare fronte a un’esplosione sempre più probabile della pandemia. Una situazione che ha spinto già 5 milioni di venezuelani ad espatriare, quasi due milioni si sono rifugiati in Colombia.
L’appello della Chiesa locale
“Alleviate prima di tutto le sofferenze del vostro popolo”. Con questo appello disperato la Conferenza Episcopale del Venezuela, guidata da monsignor Luis Azuaje, arcivescovo di Maracaibo, si è rivolta ai leader politici affinché mettano da parte gli interessi particolari e trovino un accordo in favore della popolazione stremata. La frattura istituzionale all’interno del paese con il presidente Maduro, disconosciuto da gran parte della comunità internazionale, e l’Assemblea Nazionale in mano all’opposizione e fedele al presidente incaricato Juan Guaidò, vanifica ogni possibilità di trovare una soluzione alla crisi economica.
La sofferenza del popolo è prioritaria
La mancanza di generi di prima necessità, di cibo e medicine ha spinto la Chiesa locale a scendere in campo per tentare di sostenere almeno i più poveri nella lotta per la sopravvivenza, come ci spiega monsignor Mario Moronta Rodriguez, arcivescovo della diocesi di San Cristòbal. “Quello che è importante in questo momento è che tutti gli sforzi e tutte le opere siano dirette verso il nostro popolo che soffre, anche per l’isolamento sociale imposto dalle autorità per contrastare la pandemia”. “Questo è il tempo – prosegue il presule – di mettere da parte i contrasti politici ed avviare un dialogo che permetta al paese di avviarsi verso una soluzione della crisi e che permetta un rafforzamento delle strutture sanitarie del paese”.
La solidarietà, strumento contro la violenza
L’impegno della Chiesa venezuelana in questo momento è tutto in favore dei poveri . “Grazie all’aiuto delle comunità religiose e delle organizzazioni cattoliche internazionali – spiega monsignor Moronta – cerchiamo, prima di tutto, di costruire la solidarietà nella carità. Abbiamo avviato molte iniziative per cercare di essere vicini alla gente, come i refettori popolari e i dispensari per i medicinali, ma in questo momento ci sono grosse difficoltà di approvvigionamento.” La mancanza di carburante ha di fatto paralizzato il paese e il regime di sanzioni internazionali rende difficile l’ingresso del materiale sanitario. “Però, daquesta situazione tutti noi abbiamo appreso una grande lezione: senza solidarietà non si può vivere. Questo è stato un frutto anche del messaggio che la Chiesa ha saputo dare al paese. La gente del Venezuela sta imparando in questo momento che se non c'è la solidarietà non ci sarà la fratellanza in comunione, se non c'è la solidarietà forse si apriranno fuochi di violenza.”
La giornata di preghiera, una speranza di luce
Anche i fedeli venezuelani si preparano a celebrare con i propri vescovi la Giornata di preghiera, digiuno e carità per l’umanità colpita dalla pandemia. “Questa iniziativa è stata molto ben accolta in Venezuela come un segnale di grande speranza, perché tutti noi - anche quelli che non sono cattolici – sentiamo che la leadership pastorale del nostro Papa Francesco ci guida verso queste strade che conducono alla luce. Allora, rendiamo grazie al Signore per questa iniziativa del Santo Padre che sarà non soltanto un momento di preghiera e di comunione nel Signore con tutta la chiesa, ma anche un momento per ricevere la luce dallo Spirito Santo”
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