Natività di San Giovanni Battista, Nosiglia: "Torino si è scoperta fraterna"
Andrea De Angelis – Città del Vaticano
Risuonato nelle parole di Papa Francesco oggi all'udienza generale e in un tweet dall'account @pontifex, san Giovanni Battista di cui il 24 giugno si ricorda la nascita "da genitori già anziani ci insegna - dice il Papa - che Dio non dipende dalle nostre logiche e dalle nostre limitate capacità umane". Francesco rimarca dunque attraverso la figura di questo santo, quanto occorra "imparare a fidarsi e a tacere di fronte al mistero di Dio e a contemplare in umiltà e silenzio la sua opera".
Il Battista è anche il patrono di Torino e la giornata odierna di festa ha quest'anno uno svolgimento del tutto particolare. Torino è il capoluogo di una delle regioni italiane più colpite dalla pandemia di Covid-19. In Piemonte sono oltre 31mila i casi confermati e più di 4mila le vittime. La situazione, come nel resto dello Stivale, è oggi notevolmente migliorata rispetto ai mesi di marzo ed aprile, quando i ricoveri in terapia intensiva erano diventati, di fatto, insostenibili. Una battaglia, però ancora da combattere quella contro il nuovo coronavirus, nella quale la Diocesi di Torino è stata fin da subito in prima linea. Così oggi, 24 giugno, la comunità desidera celebrare, nel rispetto del dolore dei tanti che hanno sofferto in questi mesi, la festa del suo patrono: San Giovanni Battista.
Il senso della festa
Monsignor Cesare Nosiglia, arcivescovo di Torino ed alla guida anche della diocesi di Susa, nell’intervista a Vatican News spiega che festeggiare il santo patrono è importante. “Lo faremo in Chiesa - sottolinea -, perché le misure vigenti ci impediscono di farlo diversamente, ma è questa l’occasione per ritrovarci, come comunità, in un momento di condivisione e preghiera”. Una festa, dunque, nel senso più profondo del termine. “Conosciamo le nostre ferite - prosegue il presule -, ma ho visto in questi mesi una Torino unita, solidale, bisognosa di reciproca fratellanza”. Monsignor Nosiglia racconta di aver imparato a conoscere, in questi anni, due città: “Una più borghese, l’altra più povera”, afferma, ma “nel momento della prova queste due anime sono diventate una cosa sola”.
Molto oltre la paura
La Lettera dell’arcivescovo di Torino indirizzata a tutti i cittadini e agli abitanti del territorio si intitola “Molto oltre la paura”. Un testo che tiene conto anzitutto della condizione di paura che ha alimentato e alimenta tutt’ora il cuore di tante persone. “Le ragioni profonde per vincere la paura si trovano nel ‘patto’ che riusciremo a costituire e consolidare fra tutti i cittadini. Il contagio e l’isolamento - si legge - hanno svelato anche le fragilità di una società fondata sull’illusione di una crescita senza fine del benessere materiale. Una crescita, poi, che arricchisce sempre più i ricchi e peggiora le condizioni di vita dei poveri”. “Insieme al volontariato - prosegue la lettera - la famiglia si è rivelata il soggetto più forte e produttivo di frutti”. E nella nostra intervista è proprio ai volontari, insieme al personale medico-sanitario, che va il grazie più sentito di monsignor Nosiglia. “Penso in particolare ai tanti giovani - afferma - che si sono spesi in prima persona in questi mesi”.
Gli stranieri ed i disoccupati
L’arcivescovo volge quindi il suo sguardo a due delle categorie più colpite dalla pandemia: le persone migranti che vivono nel territorio e tutte quelle che hanno enormi difficoltà con il lavoro. “Ci siamo impegnati e continueremo a farlo affinché questi fratelli di altre nazionalità - spiega monsignor Nosiglia - non si sentano mai persone di serie B”. Quindi in merito alla crisi occupazionale, il presule sottolinea come lo sforzo della diocesi sia stato totale in queste settimane così drammatiche per tantissimi cittadini. “Abbiamo istituito un fondo, come ha fatto anche il Papa a Roma - afferma - ed abbiamo già raccolto tanto denaro che servirà a dare una mano a quanti hanno perso il lavoro”.
La lettera delle tre diocesi
“Oggi, quando alle porte delle mense delle nostre Caritas bussano sempre più persone - spesso giovani, che hanno perso il lavoro, che non sanno come sfamare i propri figli -, dobbiamo avere la forza di ritrovare l’essenziale, proprio come il Battista. Perché anche in questo il nostro Santo protettore ci è modello, nella figura austera della sua vita. Ripensare le nostre città per il futuro richiederà da parte di tutti, a cominciare da chi ha responsabilità amministrative come da chi è protagonista della vita economica e di quella culturale, una chiara visione di ciò che realmente conta e costituisce la sostanza della vita, personale e sociale”. Lo scrivono in una lettera congiunta per la festa di San Giovanni Battista 2020, il cardinale Angelo Bagnasco, amministratore Apostolico della diocesi di Genova, il cardinale Giuseppe Betori, arcivescovo di Firenze e monsignor Cesare Nosiglia, arcivescovo di Torino. Una iniziativa che “Genova, Firenze e Torino - si legge - hanno deciso di celebrare insieme, nella dimensione civile ed in quella religiosa, in segno di unità nella prova a causa del coronavirus e di comune volontà di ripresa”.
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