Gli apostoli Pietro e Paolo, testimoni di vita nuova
Maria Milvia Morciano - Città del Vaticano
La solennità dei santi Pietro e Paolo, il 29 giugno, è testimoniata da fonti letterarie e archeologiche fin dalla metà del III secolo. Papa Damaso, nella seconda metà del IV, nell’area del complesso di San Sebastiano, sulla Via Appia, fece incidere un epigramma, noto attraverso sillogi medioevali:
“Tu che cerchi i nomi di Pietro e di Paolo, devi sapere che i santi dimorarono qui un tempo. Questi apostoli ce li mandò l’Oriente, lo riconosciamo volentieri, ma in seguito al martirio e seguendo l’esempio di Cristo, giunsero sino alle stelle, nelle regioni celesti e nel regno dei giusti. Roma li rivendicò come suoi cittadini”.
Papa Damaso pone l’accento sull’itinerario dei due apostoli, che giunsero a Roma dall’Oriente. Il viaggio è uno dei tratti fondamentali dei due apostoli, i primi missionari, i primi testimoni. Il riferimento sulla loro rivendicazione come cittadini romani è una circostanza importante, perché elegge Roma, allora centro del mondo, anche centro del Cristianesimo.
Pietro e Paolo fratelli in Cristo
I due apostoli sono sempre ricordati indivisibili, eppure furono due uomini profondamente dissimili. Il temperamento di Pietro istintivo, pieno di passione, di slanci, di stupori. Quello di Paolo più rigoroso, metodico. Pietro ha dei cedimenti: è il primo a riconoscere in Gesù Cristo il Messia (cfr Mt 11,3), ma poi lo rinnega per tre volte (Lc 22,55-60; Mt 26,74). Paolo all’inizio è spietato e risoluto nel perseguitare i cristiani, ma, una volta abbracciata la fede, non ha dubbi. L’associare Pietro e Paolo riassume simbolicamente significati basilari e complementari come quelli di fede e dottrina, scienza e potenza e rappresenta l'unità della Chiesa. Anche i loro tratti somatici sono rappresentati in modo differente: Pietro presenta folti capelli ricciuti, la fronte bassa, un impianto massiccio del volto e una barba fluente; Paolo ha il volto simile ai ritratti dei filosofi greci: fronte alta accentuata dalla stempiatura e barba tagliata a punta.
Benedetto XVI osserva come “La tradizione cristiana da sempre considera san Pietro e san Paolo inseparabili: in effetti, insieme, essi rappresentano tutto il Vangelo di Cristo. A Roma, poi, il loro legame come fratelli nella fede ha acquistato un significato particolare. Infatti, la comunità cristiana di questa Città li considerò come una specie di contraltare dei mitici Romolo e Remo, la coppia di fratelli, a cui si faceva risalire la fondazione di Roma. Si potrebbe pensare anche a un altro parallelismo oppositivo, sempre sul tema della fratellanza: mentre, cioè, la prima coppia biblica di fratelli ci mostra l’effetto del peccato, per cui Caino uccide Abele, Pietro e Paolo, benché assai differenti umanamente l’uno dall’altro e malgrado nel loro rapporto non siano mancati conflitti, hanno realizzato un modo nuovo di essere fratelli, vissuto secondo il Vangelo, un modo autentico reso possibile proprio dalla grazia del Vangelo di Cristo operante in loro. Solo la sequela di Gesù conduce alla nuova fraternità” (Santa Messa e imposizione del pallio ai nuovi metropoliti, 29 giugno 2012).
Uniti nella diversità
Una delle iconografie più diffuse e toccanti di Pietro e Paolo è la cosiddetta concordia apostolorum, la concordia degli apostoli. Gli apostoli sono raffigurati mentre si abbracciano, alle porte di Roma, poco prima di seguire ciascuno il proprio destino di martirio, avvenuto intorno al 96 d. C., come ricordato in una lettera apocrifa a Timoteo (Pseudo Dionigi Areopagita, Epistula Apostolorum Petri et Pauli ad Thymoteum). Un’iconografia che si trova a partire dagli inizi del IV secolo su mosaici, avorio, vetro dorato, affresco e pietra.
Una delle immagini che più colpiscono per l’impianto figurativo incredibilmente moderno è il rilievo proveniente dai dintorni della chiesa di San Felice ad Aquileia e ora conservato nel Museo Paleocristiano, databile alla fine del IV secolo. I busti di profilo degli apostoli riempiono tutto lo spazio della lastra, i volti sono vicinissimi, faccia a faccia, occhi negli occhi. Una mano spunta dal mantello chiuso in modo schematico, eppure così struggente nel renderci la stretta dell’abbraccio. La caratterizzazione precisa dei volti intende rappresentare la diversità degli apostoli. È la diversità che crea l’unità, come ribadisce Papa Francesco quando ha affermato che “La festa dei Santi Pietro e Paolo, che ricorre nello stesso giorno nei calendari liturgici d’Oriente e d’Occidente, ci invita a rinnovare la carità che genera unità” (Alla Delegazione del Patriarcato Ecumenico di Costantinopoli, 28 giugno 2019).
Testimoni di Dio che ci ama come siamo
Questa diversità di temperamenti pone Pietro e Paolo in una dimensione profondamente umana, che ce li fa amare e comprendere. Attraverso questi due modelli, essere veramente cristiani, seguire una vita di fede sembra possibile. Il loro esempio è testimonianza di vita che ci consola. Papa Francesco ha detto che “le loro vite non sono state pulite e lineari. Entrambi erano di indole molto religiosa: Pietro discepolo della prima ora (cfr Gv 1,41), Paolo persino ‘accanito nel sostenere le tradizioni dei padri’ (Gal 1,14). Ma fecero sbagli enormi: Pietro arrivò a rinnegare il Signore, Paolo a perseguitare la Chiesa di Dio. Tutti e due furono messi a nudo dalle domande di Gesù: ‘Simone, figlio di Giovanni, mi ami?’ (Gv 21,15); ‘Saulo, Saulo, perché mi perseguiti?’ (At 9,4). Pietro rimase addolorato dalle domande di Gesù, Paolo accecato dalle sue parole. Gesù li chiamò per nome e cambiò la loro vita. E dopo tutte queste avventure si fidò di loro, di due peccatori pentiti... C’è un grande insegnamento in questo: il punto di partenza della vita cristiana non è l’essere degni; con quelli che si credevano bravi il Signore ha potuto fare ben poco. Quando ci riteniamo migliori degli altri è l’inizio della fine. Il Signore non compie prodigi con chi si crede giusto, ma con chi sa di essere bisognoso. Non è attratto dalla nostra bravura, non è per questo che ci ama. Egli ci ama così come siamo e cerca gente che non basta a sé stessa, ma è disposta ad aprirgli il cuore” (Santa Messa e benedizione dei Palli per i nuovi Arcivescovi Metropoliti nella Solennità dei Santi Apostoli Pietro e Paolo, 29 giugno 2019).
Testimoni di perdono
L’esempio di Pietro e Paolo aiuta a riconciliarci con noi stessi, con il prossimo e con Dio, a sentire che essere perdonati è sempre possibile, che Gesù Cristo ci attende sempre e ci chiama per nome, uno ad uno, come con Pietro e Paolo. Continua nella stessa omelia Papa Francesco: “Nelle loro cadute hanno scoperto la potenza della misericordia del Signore, che li ha rigenerati. Nel suo perdono hanno trovato una pace e una gioia insopprimibili. Con quello che avevano combinato avrebbero potuto vivere di sensi di colpa: quante volte Pietro avrà ripensato al suo rinnegamento! Quanti scrupoli per Paolo, che aveva fatto del male a tanti innocenti! Umanamente avevano fallito. Ma hanno incontrato un amore più grande dei loro fallimenti, un perdono così forte da guarire anche i loro sensi di colpa. Solo quando sperimentiamo il perdono di Dio rinasciamo davvero. Da lì si riparte, dal perdono; lì ritroviamo noi stessi: nella confessione dei nostri peccati”.
Testimoni di Gesù
“Pietro e Paolo - afferma Papa Francesco - sono soprattutto testimoni di Gesù. Egli nel Vangelo di oggi domanda: ‘La gente, chi dice che sia il Figlio dell’uomo?’… Gesù non è il passato, ma il presente e il futuro. Non è un personaggio lontano da ricordare, ma Colui al quale Pietro dà del tu: Tu sei il Cristo. Per il testimone, più che un personaggio della storia, Gesù è la persona della vita: è il nuovo, non il già visto; la novità del futuro, non un ricordo del passato. Dunque, testimone non è chi conosce la storia di Gesù, ma chi vive una storia di amore con Gesù. Perché il testimone, in fondo, questo solo annuncia: che Gesù è vivo ed è il segreto della vita. Vediamo infatti Pietro che, dopo aver detto: Tu sei il Cristo, aggiunge: ‘il Figlio del Dio vivente’ (v. 16). La testimonianza nasce dall’incontro con Gesù vivo. Anche al centro della vita di Paolo troviamo la stessa parola che trabocca dal cuore di Pietro: Cristo. Paolo ripete questo nome in continuazione, quasi quattrocento volte nelle sue lettere! Per Lui Cristo non è solo il modello, l’esempio, il punto di riferimento: è la vita. Scrive: «Per me il vivere è Cristo» (Fil 1,21). Gesù è il suo presente e il suo futuro, al punto che giudica il passato spazzatura di fronte alla sublimità della conoscenza di Cristo (cfr Fil 3,7-8)”.
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