Scompare padre Rosito, il frate che salvò il Cristo di Cimabue
Benedetta Capelli – Città del Vaticano
Muore a 92 anni il padre francescano Massimiliano Rosito nella sua Firenze, la città che lo ha visto sempre come un punto di riferimento e che divenne ancora più sua quando nella Basilica di Santa Croce, incurante dell’acqua che sommergeva tutto, nel 1966 salvò il Crocifisso di Cimabue. Insieme ai suoi confratelli mise in sicurezza quello che era rimasto dell’opera che sarebbe poi diventata il simbolo dell’alluvione della città, travolta da sei metri di acqua, nella quale si riversò la solidarietà e l’amore di tanti giovani italiani chiamati "gli angeli del fango". Nei mesi successivi il frate si impegnò moltissimo nel restauro, lungo e faticoso, del patrimonio danneggiato: dal legno medievale inzuppato di umidità, arrivata al 147%, si era staccato infatti il 70% della pittura.
Un segno nella vita della città
Padre Massimiliano Giuseppe Rosito era nato a Ferrandina, in provincia di Matera, il primo dicembre del 1928. Divenuto frate a 21 anni nella famiglia francescana dei Frati minori conventuali e in seguito ordinato sacerdote a Roma, ha trascorso a Firenze, nella basilica di Santa Croce, larga parte della sua esistenza. Nel dicembre 2008 padre Rosito era stato insignito dal Comune di Firenze del Fiorino d'oro, la massima onorificenza della città, "per la sua preziosa attività nella direzione della rivista 'Città di Vita', divenuta riferimento costante – si leggeva nella motivazione - della comunità cittadina, animandone e interpretandone i valori, i personaggi e le opere, attraverso un confronto interculturale coraggioso e anticipatore". Fu capo redattore e in seguito direttore della rivista a partire dal settembre 1964. A lui si deve anche la fondazione del museo dedicato a Pietro Parigi, importante xilografo fiorentino e suo grande amico. Domani i funerali.
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