Macerata-Loreto, Vecerrica: diversa quest'anno ma sempre interpellati dal Mistero
Debora Donnini – Città del Vaticano
Un’edizione senz’altro inedita questa 42.ma della Marcia Macerata-Loreto che invece di dipanarsi con un fiume di persone per 28 chilometri lungo le colline marchigiane, a causa della pandemia consisterà quest’anno in un gesto di preghiera da condividere nel Santuario di Loreto, la sera del 13 giugno alle ore 21. Sarà possibile seguirla collegandosi con Tv2000. Recita del Rosario, canti e testimonianze, scandiranno i tempi e il momento culminante sarà la consegna di tutte le invocazioni e intenzioni di preghiera, inviate al sito web del Pellegrinaggio, ai piedi della Madonna nella Santa Casa.
La pandemia, il mistero e il pellegrinaggio
Un pellegrinaggio nato oltre 40 anni fa per iniziativa di monsignor Giancarlo Vecerrica, vescovo emerito di Fabriano-Matelica, dal “desiderio di portare i miei ragazzi del liceo classico a guardare la realtà umana sempre in relazione con il mistero”, racconta nell’intervista. “Dentro questa pandemia che ci ha tormentato, il rapporto col mistero” è diventato “una possibilità di apertura e una possibilità di ripresa come risveglio dell'umano”, perché si è capito che dobbiamo essere insieme agli altri, "da soli non ci riusciremo". “Non possiamo guardare la realtà ed essere autosufficienti: c'è il bisogno del mistero - prosegue monsignor Vecerrica - e il pellegrinaggio educa proprio a capire questo: la vita è cammino verso il mistero”, da conoscere e vivere sempre di più, "per poi un giorno incontrarlo definitivamente in Paradiso".
Vedere Dio negli occhi di chi ha fede
La marcia Macerata-Loreto vede ormai la partecipazione di oltre 100mila persone. Un percorso nella notte scandito da canti e preghiere. Un momento che aiuta e attira i giovani basti pensare a come è cresciuto il numero dei partecipanti, anno dopo anno. Monsignor Vecerrica ricorda che i giovani hanno “un desiderio del ‘di più’” e quando “percepiscono che il cristianesimo è un'esperienza di vita straordinaria, sono affascinati”. In proposito racconta alcuni episodi che negli anni lo hanno commosso. Nel 1994 al pellegrinaggio c’era una squadra di pallavolo femminile russa. Intervistando una ragazza del gruppo e facendo sentire la sua esperienza a tutti, le chiese perché fosse al pellegrinaggio. Questa bella ragazza - ricorda - disse di essere atea ma di essere voluta venire per “vedere Dio nel volto di quelli che ci credono”. “Quando l'ho raccontato a Papa Francesco in un incontro, è rimasto molto colpito”. Monsignor Vecerrica ricorda anche un altro episodio del 2004: un parroco gli disse di aver visto al pellegrinaggio un gruppo di giovani sbandati, drogati che frequentavano il bar di fronte alla parrocchia, ma non si erano mai visti in parrocchia. Suggerì quindi al parroco di andargli a chiedere perché fossero venuti al pellegrinaggio. E uno di loro rispose: “perché lì ci sentiamo coinvolti”. Una circostanza che fa notare quanto i giovani abbiano bisogno di sentire che l'esperienza cristiana è una possibilità anche per loro.
Tenere desto il desiderio di impossibile
Il tema di quest’anno viene dalle parole di Albert Camus che nell’opera teatrale “Caligola” fa dire al crudele imperatore: “Mi sono sentito all’improvviso un bisogno di impossibile”. In questo tema, sottolinea quindi il presule, “ho visto proprio quello che percepisco sempre di più soprattutto nella vita dei giovani: non ci possiamo accontentare delle cose parziali. A me ha colpito sempre quando don Giussani diceva ai giovani: ‘Vi auguro di non stare mai tranquilli’. E io ogni volta che entravo a scuola a fare lezione, aprivo l'ora di religione sempre con questa proposta: ‘Vi auguro di non stare mai tranquilli’”. Proprio nella Casa di Loreto è avvenuta questa proposta, quando l'angelo ha detto alla Madonna: a Dio nulla è impossibile. Perciò, prosegue il presule, “il bisogno dell'impossibile è il desiderio che il Creatore ha messo nel cuore di tutti e noi siamo chiamati a tenerlo sveglio”.
Don Giussani e San Giovanni Paolo II, i grandi padri del pellegrinaggio
Sottolineando l’importanza della Vergine Maria come Madre, anche richiamandosi all’Esortazione post sinodale Christus vivit, monsignor Vecerrica ricorda che San Giovanni Paolo II e don Giussani sono i “grandi padri” della Macerata-Loreto. Don Giussani “mi ha riattivato il gusto di trasmettere la fede” e “debbo tutto il mio amore verso i giovani proprio a San Giovanni Paolo II”. Il pellegrinaggio è nato nel 1978 e quell’anno fu eletto Papa. Nel 1979 venne a Loreto e monsignor Vecerrica organizzò con 2mila giovani una veglia. Poi il Papa lo incontrò e gli disse: “questa è l’iniziativa che io volevo, d'ora in poi questi giovani me li devi curare tutti, uno ad uno”. La sua venuta a celebrare la Messa di inizio del pellegrinaggio è stata “la cosa più bella che posso ricordare nella vita della marcia, nel 1993. E - prosegue - ricordo soprattutto lo sguardo intenso che mi ha rivolto quando alla fine della Messa per iniziare il cammino ha consegnato a me la croce del pellegrinaggio che è quella che ancora continua ad essere alla testa del cammino. Fissandomi bene ha sussurrato: ‘Quanto vorrei camminare anch'io con voi questa notte!’”.
La vicinanza di Papa Francesco
Di Papa Francesco ricorda che fin dal primo anno della sua elezione nel 2013, ha iniziato una tradizione che non ha smesso mai: "ci dà un saluto e un incoraggiamento alla partenza del pellegrinaggio, allo stadio di Macerata, con una telefonata che viene trasmessa dagli altoparlanti a tutti. Ogni anno tutti sono in attesa della telefonata e quest'anno infatti già molti mi stanno chiedendo: ‘ma ci sarà la telefonata di Papa Francesco?’”. Poi il mercoledì prima del pellegrinaggio, come Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, Papa Francesco benedice la fiaccola della pace del pellegrinaggio che i podisti portano a piedi da Roma a Macerata e che accompagna tutto il cammino del pellegrinaggio. Papa Francesco - conclude monsignor Vecerrica - ci vuole veramente tanto bene”.
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