Thailandia, l’impegno dei missionari nonostante la pandemia
Federico Piana- Città del Vaticano
Nell’immenso distretto di Umphang della provincia thailandese di Tak, al confine con il Myanmar, c’è forse la più piccola comunità cattolica della zona: quattro famiglie in tutto, una delle quali vive appena superata la frontiera con la Thailandia.
Emozione per le chiese riaperte in tutto il Paese
Le loro cure spirituali e pastorali sono affidate ad un missionario saveriano, padre Alessio Crippa, che si rallegra per la riapertura delle chiese dopo il confinamento forzato: “Le cose stanno lentamente tornando alla normalità, ora i fedeli possono celebrare insieme l’Eucaristia, possono di nuovo sentirsi una comunità viva. Lo aspettavamo da tempo. Per le quattro famiglie della mia zona è stato diverso: di solito, le messe le celebriamo in casa di ciascuno e anche durante la quarantena noi missionari ci siamo spostati di abitazione in abitazione evitando, però, un unico assembramento. Insomma, non abbiamo mai interrotto le celebrazioni”.
Progetti educativi per combattere le povertà
Lungo la terra di confine del distretto di Umphang, da tre anni sono attivi anche progetti saveriani di educazione e culturali che coinvolgono diverse etnie e religioni e sconfinano nei villaggi del Myanmar: “E’ qui che si trova più povertà. Un tempo i confini tra i due Paesi non esistevano e molte persone che ora si trovano divise appartengono allo stesso nucleo familiare” spiega padre Crippa. Che non nasconde le difficoltà per portare avanti un apostolato così capillare: “Per raggiungere un solo villaggio occorrono tre ore e mezzo di viaggio in automobile. Molto impegnativo”. Eppure, lo scoraggiamento non è un sostantivo che rientra nel suo vocabolario: “Il mese prossimo faremo partire un progetto che riguarda la costituzione di una casa di accoglienza per ragazzi e la loro istruzione”.
Attività missionaria messa in crisi dal virus
La pandemia ha inferto un duro colpo a tutte le attività di padre Crippa ed i suoi confratelli, ma non le ha certamente fermate: difficoltà a raggiungere i villaggi, difficoltà a poter incontrare e parlare con le famiglie, quasi impossibile collaborare con il campo di rifugiati che ospita migliaia di persone. “Nel campo profughi c’è un problema di spazi: la gente è ammassata nelle capanne. Molti cercano di lavorare all’esterno della struttura, in una situazione di illegalità tollerata, ma il virus sta impedendo anche questo. E gli aiuti all’interno del campo stanno diminuendo. L’indice di povertà si sta impennando”. L'appello alla comunità internazionale è quello di intervenire al più presto.
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