Cei e Unicef: accordo per aiutare l’infanzia nella pandemia
Roberta Gisotti – Città del Vaticano
Si tratta di unire le forze e le competenze per “individuare, promuovere e realizzare iniziative comuni di sostegno alle comunità in Italia nell’ambito dell’emergenza sanitaria e dei suoi effetti secondari”. Questa la premessa al Protocollo d’intesa sottoscritto dalla Conferenza episcopale italiana e da Unicef-Italia per fronteggiare i disagi per l’infanzia emersi a seguito dello scoppio della pandemia del Covid-19, tra cui “l’aggravamento della condizione di povertà, l’inasprimento delle disuguaglianze sociali, il rischio di abbandono scolastico o di carenze educative o nella tutela della salute, il rischio di violenze con particolare attenzione ai diritti e alle condizioni di vita delle bambine, dei bambini e degli adolescenti, compresi i minori con disabilità, quelli fuori dalle famiglie o bambini e adolescenti rifugiati, richiedenti asilo e migranti, accompagnati e non”.
La Chiesa da sempre accanto ai più piccoli
La Chiesa non lascia indietro i bambini e gli adolescenti nell’abbandono sociale, nel disagio esistenziale, nella povertà e nella malattia, come sottolinea il segretario generale della Cei, monsignor Stefano Russo, che ha firmato il Protocollo, che avrà la durata di tre anni.
R. - E’ proprio così, perché in questo tempo di emergenza che stiamo vivendo vengono fuori con forza situazioni di particolare fragilità e certamente un’attenzione particolare si deve proprio ai bambini e al loro sviluppo, per aiutarli a crescere in un ambiente che li tuteli.
Come si svilupperà la collaborazione con l’Unicef? Il progetto è dotato anche di un finanziamento?
R. - Il Protocollo prevede che si individuino delle azioni comuni, con persone che lavoreranno insieme su progetti condivisi, stabilendo anche il necessario supporto economico per affrontare le situazione concrete, valutandole volta per volta.
Quali sono le urgenze da affrontare?
R. – E’ difficile indicarle concretamente, occorre vedere situazione per situazione ma certamente la crisi che stiamo ancora vivendo, legata al coronavirus, ha messo in evidenza l’isolamento delle persone; quindi non dobbiamo dimenticarci dei più fragili soprattutto dei più piccoli, di dare un’attenzione particolare ai bambini e all'infanzia che la Chiesa da sempre ha avuto. In questa prospettiva rientra anche questo accordo con l’Unicef, l’agenzia dell’Onu che si occupa di infanzia e adolescenza.
Nel Protocollo d’Intesa si parla di cure e sicurezza ed anche di prevenzione e uno sguardo particolare sarà rivolto ai bambini migranti e ai minori non accompagnati...
R. - Senz’altro. Accanto alla parola prevenzione metterei anche la parola formazione, così importante, degli operatori e degli animatori perché diventino sempre più capaci di conoscere a fondo questo mondo giovanile per capire come riuscire a farsi prossimo, a servirlo, ad accompagnarlo per farlo crescere in modo sano.
L'Unicef in difesa dei più vulnerabili
A firmare l’accordo da parte di Unicef-Italia, è stato il presidente Francesco Samengo. “Sono certo – ha detto - che, grazie a questo Protocollo con la Cei, potremo compiere attività concrete per far fronte all’emergenza sanitaria e, soprattutto, per prevenire i suoi gravi effetti secondari sulle condizioni di vita di tanti bambini e adolescenti, in particolare le conseguenze sulla crescita della povertà e delle disuguaglianze, avendo particolare attenzione ai più vulnerabili e invisibili”.
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