Lavorare “insieme per costruire una nuova Repubblica Centrafricana"
Lisa Zengarini - Città del Vaticano
Lavorare “insieme per costruire una nuova Repubblica Centrafricana”, per “la sua liberazione sociale, economica, politica e religiosa “, seguendo l’esempio di Mosè durante la traversata del deserto. Con queste parole i vescovi del Centrafrica concludono la loro seconda assemblea plenaria ordinaria dell’anno, svoltasi dal 20 al 26 luglio nella capitale Bangui.
Al centro della sessione l’emergenza sanitaria del Covid-19 nel Paese africano, dove continuano a salire i contagi, con 4.599 casi positivi e 59 decessi, e le prossime elezioni politiche previste a fine dicembre. Un appuntamento su cui pesa l’incognita della perdurante instabilità politica del Paese anche se - dopo la visita nel 2015 di Papa Francesco - è stata superata la fase più acuta di quella crisi politica sfociata nel sanguinoso conflitto interno del 2013. Restano quindi alte le tensioni tra cristiani e musulmani e le milizie armate continuano a spadroneggiare in ampie aree.
I timori della Chiesa locale
La situazione ovviamente preoccupa i vescovi centrafricani che già durante la loro prima sessione dell'anno avevano evidenziato come “la soluzione al conflitto armato non sia solo militare”. Il timore della Chiesa, impegnata attivamente nel difficile processo di pacificazione tra Governo centrale e le varie forze ribelli, è che la perdurante insicurezza possa compromettere lo svolgimento pacifico delle elezioni. Troppe le armi in circolazione e le milizie armate in azione e la cui soppressione - sottolinea la dichiarazione finale dell’assemblea - dovrebbe essere prioritaria. A questo, si aggiungono le irregolarità nel processo di registrazione nelle liste elettorali che scoraggiano ulteriormente i cittadini dalla partecipazione al voto. Secondo i vescovi, per la riuscita delle elezioni è necessaria un’ampia concertazione che coinvolga “le forze vive” della nazione. Essa, affermano, “consentirebbe di proseguire il processo elettorale, di ricostruire la fiducia tra i principali attori interessati, di creare un forte legame di collaborazione tra tutti”.
Il compito di accompagnare alla responsabilità
La missione della Chiesa - precisano i presuli centrafricani - è di accompagnare questo processo, esortando alla responsabilità, condannando ogni forma di violenza come mezzo per affermare le proprie rivendicazioni e richiamando principi fondamentali del Vangelo e della dottrina sociale cattolica: "la dignità della persona umana, il rispetto della vita, l’opzione preferenziale per i poveri e le persone vulnerabili, la solidarietà, il bene comune, la destinazione universale dei beni della terra, la democrazia e la sussidiarietà”.
La lotta al Covid19 e l'esortazione ad un maggior impegno
La solidarietà - sottolinea la dichiarazione - dovrebbe ispirare anche la lotta contro il Coronavirus. Se da un lato i presuli esprimono la loro gratitudine ai Paesi che stanno aiutando il Centrafrica ad affrontare l’emergenza sanitaria, dall’altro invocano più trasparenza nella gestione dei fondi e deplorano l’assenza di strutture adeguate per curare i malati più gravi. Inoltre, denunciano con forza i “mercanti della paura” che seminano il panico privilegiando i proprio interessi a spese della popolazione. Il documento fa notare che la Chiesa, da parte sua, ha risposto all’emergenza sanitaria in modo responsabile: rispettando le misure di prevenzione del contagio, organizzando una campagna di sensibilizzazione e incoraggiando i fedeli a partecipare alle Messe attraverso la radio. Da qui, l’esortazione finale a mobilitarsi “per lottare in modo più efficace contro la pandemia del Coronavirus e creare le condizioni necessarie per l’esercizio dei diritti civili, politici e per un maggiore coinvolgimento del popolo centrafricano nel processo elettorale democratico”.
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