La Chiesa ricorda il beato Frassati, giovane innamorato di Gesù e dei poveri
Amedeo Lomonaco – Città del Vaticano
"Era un giovane di una gioia trascinante, una gioia che superava anche tante difficoltà della sua vita. Diceva di voler ripagare l’amore di Gesù che riceveva nella Comunione visitando e aiutando i poveri". Con queste parole Papa Francesco descrive nell'Esortazione apostolica "Christus vivit" la figura del beato Pier Giorgio Frassati che la Chiesa ricorda oggi. La sua è la storia di un giovane che ha dedicato la vita agli studi, alla pietà, alle attività apostoliche e sociali, sportive e di carità. È un luminoso esempio, per la gioventù, di un cristianesimo autentico. Nasce a Torino il 6 aprile del 1901 in una famiglia ricca e borghese: il padre, Alfredo, fonda e dirige il quotidiano “La Stampa”. Quando scoppia la prima guerra mondiale, Pier Giorgio è adolescente. Diversi episodi di quegli anni dimostrano la sua partecipazione alle sofferenze dei soldati. A dodici anni frequenta il ginnasio ma viene bocciato. Si rammarica per il dolore procurato ai genitori ma promette di impegnarsi per rimediare. Si iscrive all’Istituto sociale dei padri gesuiti, dove trova un vero trampolino di lancio per una piena formazione umana e spirituale. Inizia ad accostarsi quotidianamente all’Eucaristia. Dopo gli studi liceali, si iscrive al Politecnico di Torino scegliendo la facoltà di Ingegneria Mineraria. Il suo desiderio è quello di contribuire a migliorare le condizioni dei lavoratori all’interno delle miniere.
La passione per la montagna e l’amore per la preghiera
Pier Giorgio è un giovane che ama la poesia e le scalate in montagna. Spesso raggiunge a piedi il Santuario della Madonna di Oropa e, al ritorno, recita il Rosario e canta le Litanie. Soccorre tutti i poveri che bussano alla porta della sua casa. Per questo suo impegno caritatevole riceve l'appellattivo di "apostolo dei poveri". La domenica partecipa spesso alla Santa Messa delle 4.30 per poter poi dedicare la giornata, in compagnia degli amici, ad escursioni in montagna. Di lui, un sacerdote ha scritto: “Com’era bello vederlo entrare con i suoi compagni nelle prime ore della domenica in chiesa, scarpe ferrate, bastoncini da sci o piccozza in mano, sacco in spalla. Si dirigeva con passo rumoroso alla sacrestia, deponeva il bagaglio e serviva all’altare con mirabile compostezza e pietà vivissima”.
Sulle orme di San Domenico
C'è una data significativa nella vita di Pier Giorgio Frassati ed è quella del 28 maggio 1922. È il giorno in cui riceve l’abito di terziario domenicano nella chiesa torinese di San Domenico. Un padre domenicano che lo ha conosciuto ha scritto: “Pier Giorgio pensava, pregava, sperava da frate. Conosceva perfettamente la Regola, era assiduo all’adunanza mensile, recitava quotidianamente sia il Rosario che l’Ufficio della Madonna, orgoglioso di portarlo sempre nel taschino e felice se incontrava un confratello col quale recitarlo a cori alterni. Invitò molti amici a entrare nell’Ordine e parecchi seguirono il suo esempio”. Il Rosario lo accompagna sempre. “Il mio testamento - diceva Pier Giorgio mostrando la corona del Rosario - lo porto sempre in tasca”.
Uomo delle beatitudini
Nel 1925 è colpito da una poliomielite fulminante. L’ultimo suo sforzo per vincere la paralisi a causa dell’infezione, è un atto di carità: scrive su un foglietto il nome di un povero e chiede ad un confratello di portargli l’aiuto promesso. Muore il 4 luglio del 1925 e il giorno del funerale l'intera città gli rende omaggio. Viene dichiarato beato il 20 maggio del 1990 da San Giovanni Paolo II che lo definisce “l’uomo delle Beatitudini”. La sua salma si trova nella cattedrale di Torino dove stasera, alle ore 18.00 l’arcivescovo monsignor Cesare Nosiglia presiederà la Santa Messa in occasione della festa annuale a lui dedicata.
Vivere, non vivacchiare
La figura del beato Piergiorgio Frassati è stata più volte rievocata da Papa Francesco durante il Pontificato. Nell’ambito della visita pastorale a Torino del 2015, incontrando i giovani e i ragazzi, il Santo Padre ha ricordato il suo motto: “Vivere, non vivacchiare!”. “Questa - aveva inoltre sottolineato il Pontefice - è la strada per sperimentare in pienezza la forza e la gioia del Vangelo”.
Una santità imitabile
Per migliaia di giovani quello di Pier Giorgio è il volto di un santo “moderno” in cui specchiarsi. Lo sottolinea don Luca Peyron, responsabile della Pastorale Universitaria dell'Arcidiocesi di Torino e assistente del gruppo Fuci di Torino "Pier Giorgio Frassati". Suo nonno era uno degli amici con cui Pier Giorgio Frassati condivideva la passione per la montagna.
R. - La sua modernità, soprattutto se penso agli studenti universitari, è ancora più lampante: Pier Giorgio è un ragazzo che studia, che cerca il sapere, la verità. Ma questo non è mai fine a se stesso. Lo fa sempre per mettersi a servizio degli altri. Ogni tanto emerge dalle sue lettere anche il fastidio, la noia di dover studiare, la paura per un esame. Quindi una delle cose belle di Pier Giorgio è che la sua non è una santità da mettere su un piedistallo, ma è una santità assolutamente imitabile e in piena aderenza con quello che può vivere un giovane come lui.
Le vette di Pier Giorgio sono la montagna e il Rosario…
R. Che sono, se volete, lo stesso senso del viaggiare. Una montagna si scala e le passeggiate si fanno passo dopo passo, non affrettandosi oltre il necessario. Il Rosario, in qualche modo, è la stessa cosa. Per scalare la grande montagna di Dio, per arrivare al Tabor accompagnati dalla Vergine Maria ci vogliono tempo e la meditazione dei singoli misteri. Non si arriva a Dio di corsa. Ma il lasciarsi trovare e lo scavalcare le fatiche del nostro peccato e i nostri dubbi esistenziali, hanno bisogno di tempo. E l’altra cosa bella è che in montagna si va in cordata, insieme. Questo Pier Giorgio lo sapeva bene. Mi permetto di aggiungere un particolare di famiglia. Mio nonno materno è nato a Pollone ed era amico di Pier Giorgio. Andavano in montagna insieme. Il giorno della beatificazione di Pier Giorgio ero insieme con mio nonno davanti al televisore. E il nonno ricordava quei momenti di gioventù. Ricordava la bellezza dell’andare in montagna insieme. Mio nonno andava un po’ spedito e Pier Giorgio gli diceva: “Vai un po’ più piano”.
Ricordiamo anche quanto affermato da Papa Francesco durante la sua visita apostolica a Torino nel 2015. Il Papa, in particolare ha ricordato, incontrando i ragazzi e i giovani il motto di Piergiorgio Frassati: “vivere, non vivacchiare”…
R. – Credo che questo sia ancora più vero dopo la pandemia o durante la pandemia. Questi giorni di lockdown e di fatica ci hanno messo di fronte alla verità del vivere e del morire. E questo ci dice come la vita debba essere vissuta: la morte, in qualche modo, illumina dal fondo il senso della vita. Non c’è un istante della nostra vita che non sia prezioso e che debba o possa essere sprecato proprio perché non sappiamo quanto possa durare il nostro tempo sulla terra. E quindi la vita deve essere vissuta in pienezza, con uno scopo che è l’eternità e che già viviamo adesso. Il nostro tempo, se profuma già di eternità, deve essere vissuto con senso e intensità.
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