Duterte parla alla nazione. Vescovi: agire contro le ingiustizie sociali
Isabella PIro - Città del Vaticano
Non bisogna aver paura di parlare e di agire contro le ingiustizie sociali: questo l’incoraggiamento rivolto ai fedeli da Monsignor Broderick Pabillo, Amministratore apostolico dell'arcidiocesi di Manila, nelle Filippine. Le parole del presule sono arrivate ieri 27 luglio, durante la celebrazione di una Messa “per la giustizia e la pace” nella chiesa di Quiapo. Da sottolineare che, attualmente, monsignor Pabillo è in quarantena perché risultato positivo al Covid-19; la sua omelia, tuttavia, è stata letta dal rettore della chiesa di Quiapo, monsignor Hernando Coronel, che ha officiato il rito liturgico. In particolare, l’Amministratore apostolico di Manila ha esortato i cattolici a “parlare in nome della verità perché la giustizia deve prevalere”, trasformando “i sistemi ingiusti”. L’impegno dei cattolici – ha aggiunto – è necessario per portare la riconciliazione in tutta la nazione.
Pandemia e urgenze sociali
Nella sua riflessione, l’Amministratore apostolico di Manila ha auspicato che il presidente delle Filippine, Rodrigo Duterte, possa mettere in atto “soluzioni concrete” per il Paese, soprattutto di fronte “all’impatto socio-economico” che la pandemia da coronavirus ha avuto e sta avendo sulla popolazione. “Non è il momento di vantarsi dei risultati, né di criticare o lusingare il popolo. Vogliamo la verità”, ha ribadito monsignor Pabillo. Di qui l’ulteriore invito ai fedeli ad “ascoltare attentamente e ad analizzare coscienziosamente” quanto viene detto dalle autorità statali perché “non è automatico che sia tutto credibile e vero”. Questo compito critico è essenziale perché – ha concluso il presule filippino – “non si può essere buoni cristiani se non si è anche buoni cittadini”.
L’omelia di monsignor Pabillo è arrivata poco prima che Duterte pronunciasse il suo “Discorso alla nazione” in cui, tra l’altro, è tornato ad insistere sulla necessità della pena di morte per i trafficanti di droga, sottolineando come l’introduzione di tale misura sia un deterrente per i criminali. Immediata la risposta della Chiesa cattolica: il presidente della Commissione episcopale per la pastorale penitenziaria, monsignor Joey Baylon, ha sottolineato che “il presunto effetto dissuasivo della pena capitale è stato ripetutamente smentito in vari studi”. Non solo: un recente rapporto delle Nazioni Uniti ha evidenziato come la guerra al narcotraffico scatenata da Duterte, in realtà, abbia aumentato gli omicidi in un contesto di “quasi totale impunità”. Di qui, il richiamo di monsignor Baylon a scegliere, piuttosto, “una giustizia riparatrice”, in quanto “più dignitosa” per la vita umana. Con la pena capitale, infatti, la giustizia diventa solo “una punizione” che non aiuta il colpevole a “cambiare”.
Mons. Santos: il grave rischio della pena di morte
Sulla stessa linea anche il vescovo di Balanga, monsignor Ruperto Santos, il quale ha messo in luce un grave rischio: l’introduzione della pena capitale nelle Filippine finirebbe per indebolire le richieste dello Stato per salvare i filippini detenuti nel braccio della morte nei Paesi esteri. “Con la pena capitale – ha spiegato infatti il presule – perdiamo l’autorità morale e la credibilità necessarie a salvare la vita dei nostri connazionali prigionieri all’estero”.
Infine, monsignor Jose Colin Bagaforo, direttore della Caritas nazionale, ha esortato il governo all’unità, piuttosto che al potere personale, in nome del bene comune del Paese, soprattutto in questo tempo di pandemia da coronavirus. I casi di contagio, infatti, non accennano a diminuire; ciò che occorre, quindi, è “un piano concreto per migliorare il sistema sanitario nazionale e la fornitura di servizi pubblici alle fasce più vulnerabili della popolazione”.
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