Sepe: una messa di ringraziamento per chi si è speso nella lotta al Covid-19
Benedetta Capelli – Città del Vaticano
“Grazie” è la parola che percorre tutta l’omelia del cardinale Crescenzio Sepe, arcivescovo di Napoli. Ieri sera, in Piazza Plebiscito, 900 persone, tra queste il sindaco Luigi De Magistris e le altre autorità cittadine, hanno preso parte alla Messa di ringraziamento dopo la drammatica emergenza legata al coronavirus. Nel cuore della città partenopea, tutte le norme anti-Covid sono state rispettate: sedie distanziate le une dalle altre di almeno un metro, con percorsi separati di entrata e di uscita.
Evento di comunione
“Perché siamo qui?”: ha chiesto il cardinale, ricordando la necessità di ringraziare, come Chiesa di Napoli, in primis Dio, ma anche tutta la comunità, in particolare chi si è fatto immagine del Buon Samaritano, “donando se stesso per curarlo e sollevarlo dalla sua indigenza”. “Con questo spirito – ha proseguito Sepe - abbiamo voluto che questa celebrazione liturgica diventasse un grande evento di comunione e di città, a prescindere dal credo religioso, perché espressione di un corale bisogno di fermarci a riflettere sul drammatico vissuto di questi ultimi mesi”. Un modo per andare oltre, senza dimenticare quanto accaduto, ma per esprimere un pensiero “di sollievo e riconoscenza”.
Un virus infame e letale
Il cardinale Sepe ha messo in luce il lavoro prezioso di chi è stato in prima linea nella lotta al Covid-19. “Tutti, di fronte a un virus sconosciuto, infame e anche letale, si sono prodigati con abnegazione, sostituendosi anche ai parenti dei degenti ed esponendosi, in centinaia di casi, sino al sacrificio della propria vita”. Da qui il ricordo dei medici, degli infermieri, di tutto il personale ospedaliero, dei volontari, ma anche di tanti cappellani e sacerdoti “che, pur in mancanza di cerimonie religiose per la chiusura delle chiese, hanno fatto sentire vicinanza e sostegno alle persone e alle famiglie”.
Nuove forme di povertà
Nei pensieri dell’arcivescovo di Napoli anche le istituzioni, che “hanno saputo decidere con fermezza, adottando misure di salvaguardia della salute di tutti, di aiuto finanziario, diretto o indiretto, destinando cospicue risorse al potenziamento del settore sanitario”. Grazie anche alle famiglie, agli anziani, ai disoccupati, agli studenti, a quanti “hanno affrontato e accettato sacrifici e rinunce fino ad arrivare a forme di nuova povertà” anche dopo aver perso il lavoro.
Giorni di tremenda paura
“Negozi chiusi. Strade deserte. Ci siamo ritrovati in un altro mondo” ha spiegato il cardinale Sepe, che ha parlato di un momento “di tremenda paura, di dolore e di lutto, di grave incertezza per il futuro. All’improvviso – ha sottolineato - ci siamo trovati soli e indifesi, senza la possibilità di relazionarci, di stringerci la mano, di scambiarci gesti di tenerezza e di affetto”. Uno stravolgimento che ha fatto scoprire i vantaggi di una comunicazione telematica, nella quale è stato riscoperto “il gusto della preghiera e della partecipazione alla Santa Messa”.
Ripartire con coraggio
Il porporato ha ricordato che non è ancora il momento di gioire, ma “un momento di sollievo e di speranza, con tanta voglia di fare, con tanto entusiasmo per la ripresa, con molto coraggio per riprendere il cammino interrotto”. Si tratta di raccogliere una sfida da vincere con “responsabilità civica, nel rispetto delle regole” facendo rete, nel ricordo commosso di chi ha perso la vita, anche in solitudine, portando nel cuore l’immagine dei feretri trasferiti in modo anonimo. Da lì – ha affermato - bisogna ripartire, dalle croci che danno la forza di guardare al domani. “Per Crucem ad Lucem. L’esempio – ha concluso il cardinale Sepe - viene da Cristo che ha aperto le porte della speranza per l’umanità condannata”.
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