Il sogno dei giovani libanesi: il nostro Paese, centro di pace per il Medio Oriente
Emanuela Campanile - Città del Vaticano
Passo in avanti importante oggi in Libano con la richiesta del presidente Michel Aoun all'attuale ambasciatore in Germania, Mustapha Adib, di formare il nuovo governo dopo aver ottenuto 90 voti nel Parlamento. La sua nomina arriva settimane dopo le devastanti esplosioni dello scorso 4 agosto a Beirut che hanno provocato oltre 200 vittime e le dimissioni dell'esecutivo. Nel giorno in cui il presidente francese Macron è atteso per la seconda volta in città, sono da registrare anche le dichiarazioni di Hezbollah che si è detto "aperto a discutere di un nuovo patto politico" proposto proprio dalla Francia, a patto che ci sia "volontà di tutti i partiti libanesi". Ieri in diretta televisiva, il presidente Aoun ha chiesto di dichiarare il Libano "uno stato laico" che andrebbe a sostituire il sistema confessionale basato su quote e influenze settarie. E mentre sono in corso le consultazioni parlamentari per la nomina di un nuovo primo ministro dopo le dimissioni di Hassan Diab, il Paese è travolto da una crisi socio-economica senza precedenti, aggravata dalla pandemia del Covid, e segnata dal collasso finanziario.
Una grande solidarietà per risollevare il Paese
Le tragiche esplosioni del 4 agosto "hanno messo completamente in ginocchio il Paese perché - racconta suor Maria Luisa, delle Suore della Carità di di Santa Giovanna Antida Thouret - oltre al dramma delle famiglie che hanno perso alcuni dei loro cari; la distruzione di case; scuole e istituti, è venuto mancare soprattutto il polmone di Beirut". E per "polmone di Beirut e di tutto il Libano", la religiosa intende il porto della capitale: "nel Paese ne esistono anche altri - afferma - ma non hanno nulla a che fare con la grandezza del porto di Beirut".
Le parole di suor Maria Luisa ci consegnano l'esperienza e la tradizione della Congregazione in missione in Libano da 110 anni al servizio della popolazione, senza distinzione di credo:
R. - La Fondazione Thouret ha la sede a Roma e il nostro scopo - proprio anche come statuto - è quello di sostenere le nostre missioni, le nostre suore che sono nei luoghi di missioni o nei luoghi di emergenza come quello del Libano, in questo caso. Le nostre suore da sempre - sono presenti in Libano da quasi 110 anni - sono a fianco della popolazione con un ruolo di educatrici. Sin dal primo momento in cui sono arrivate, hanno capito che per poter servire al meglio questa nazione bisognava puntare sull'educazione. E infatti, in Libano abbiamo ben quattro scuole, da quella dell'infanzia fino alle superiori. Scuole che hanno cercato sempre di educare, anche la classe dirigente per poter poi servire il popolo nel miglior modo possibile. Siamo inserite in quartieri non prettamente cristiani, non prettamente cattolici. Suor Myrna Farah è la direttrice della scuola di Sant'Anna - in una zona prevalentemente musulmana - che serve tutte famiglie musulmane. Il nostro desiderio, il nostro programma è quello di servire la popolazione attraverso l'educazione, attraverso la trasmissione di valori - che sono poi anche i valori cristiani - che possono portare alla promozione della società.
In particolare dal 4 agosto in poi, come state svolgendo il vostro servizio?
R. - Le nostre suore, riprese dallo spavento perché anche loro sono state fortemente scioccate, si sono tirate su le maniche e si sono messe letteralmente a raccogliere i cocci, a sistemare ciò che era rimasto della scuola, perché è stata fortemente colpita anche la scuola di Sant'Anna: ci sono più di 150 mila dollari di danni. Le suore stanno cercando di ricostruire ed è possibile proprio grazie a una solidarietà che è immediatamente scattata da parte degli alunni, dei loro genitori e dei vicini. Posso dire che questa è una grazia. Dopo l'esplosione non c'è stata più differenza di religione, non c'è stato più differenza di appartenenza ad un partito o un altro, ma c'è stata la solidarietà di chi ha proprio il desiderio di promuovere, di riscattare e risollevare il Paese. Le suore, oltre a cercare di risistemare la scuola, sono accanto a quelle famiglie che hanno subito dei danni enormi. Hanno iniziato una raccolta di cibo, di vestiti da consegnare a chi non ha più nulla. Cercano di intervenire anche con piccole accortezze, aiutando a sistemare le abitazioni danneggiate anche delle famiglie più lontane ma che si conoscono e che hanno maggiore bisogno. C'è solidarietà per la ricostruzione dell'edificio scolastico, dato che si desidera ritornare sui banchi di scuola il prima possibile, ma soprattutto c'è una vicinanza fatta di ascolto nei confronti di chi è nel dolore.
Quale è il rapporto dei giovani con la loro terra, con il loro Paese?
R. - C'è una grande fetta di gioventù che desidera lasciare il Libano per rifarsi una vita, ma al contempo c'è anche un senso molto forte di appartenenza al Paese . Questa è un po' una caratteristica di tutti i libanesi: sentirsi uno con la loro terra, sentirsi parte di una società che nuovamente è stata profondamente ferita ma che cerca ora di risollevarsi. Non si lasciano abbattere, stanno combattendo e non si piangono addosso. Cercano ogni mezzo per sentirsi insieme e per puntare a un futuro che non si sa quale sia ma che ci sarà. Ecco, questo fa capire chiaramente l'identità di un popolo che sente molto forte le proprie radici in una terra così martoriata da tanto tempo e soprattutto in questo periodo. Geograficamente, il Libano è in una posizione particolare, circondato da zone confinanti altrettanto martoriate, e per l'educazione che i giovani hanno ricevuto da noi, ma anche per la caratteristica insita nella loro natura, si sentono come un centro che può diventare centro di pace e speranza per il Medio Oriente, sempre così immerso nella sofferenza.
Ultimo aggiornamento 31.08.20 ore 13.28
Grazie per aver letto questo articolo. Se vuoi restare aggiornato ti invitiamo a iscriverti alla newsletter cliccando qui