Pompei celebra 40 anni dalla beatificazione di Bartolo Longo
Tiziana Campisi – Città del Vaticano
“Guardando a Bartolo Longo, possiamo trovare anche oggi, nel difficile presente che stiamo vivendo, la forza e l’ispirazione per dare nuovo slancio al nostro impegno personale, ecclesiale e sociale”: lo scrive nella Lettera alla città e ai fedeli “L’‘oggi di Dio’ e i segni dei tempi in un mondo che cambia” monsignor Tommaso Caputo per fare memoria del 40mo anniversario della beatificazione di Bartolo Longo, fondatore del Santuario della Madonna del Rosario di Pompei, e incoraggiare ad un nuovo impegno pastorale per far fronte alla crisi scaturita dall’emergenza coronavirus. L’arcivescovo prelato di Pompei evidenzia che non ci si deve lasciare “abbattere dai problemi e dalle incognite che vorrebbero impedirci di realizzare la nostra inequivocabile vocazione: annunciare il Vangelo e portare avanti l’Opera del Beato Bartolo Longo”.
Dalla beatificazione di Bartolo Longo alla Pompei di oggi
Nella lettera il presule rievoca il 26 ottobre del 1980, quando Giovanni Paolo II elevò agli onori degli altari il fondatore del Santuario della Beata Vergine del Rosario di Pompei e ripercorre le vicende degli ultimi mesi, affermando che Bartolo Longo ha lasciato alla comunità di Pompei e ai posteri l’esempio di una visione coraggiosa del futuro, intravedendo barlumi della Città di Dio anche tra macerie e desolazione. “L’esperienza drammatica di questo tempo sarebbe vana se l’approdo non fosse quello di una sferzata di speranza e di coraggio - rileva monsignor Caputo - di una nuova carica di energia per testimoniare con più fedeltà e vigore il privilegio di essere parte viva di una Chiesa che annuncia Cristo Salvatore praticando la carità come espressione della fede”. Per il presule tutti devono dare nuovo slancio alla comunità di Pompei e “la ricorrenza del 40° anniversario della beatificazione di Bartolo Longo deve segnare l’inizio di un nuovo avvenire per Pompei”. “Ripartire dopo la crisi, per noi pompeiani e devoti della Vergine del Rosario, deve necessariamente significare il prendere coscienza della nostra storia di fede e di carità - sostiene monsignor Caputo - per poi impegnarci in prima persona affinché il mondo di domani, cominciando dalla nostra città, sia più solidale, più inclusivo, più unito e concorde”.
Discernere l’oggi di Dio
Riassumendo la storia del Santuario della Vergine del Rosario, l’arcivescovo prelato rimarca poi che “Bartolo Longo fu guidato dalla Provvidenza per realizzare una rinascita umana e cristiana secondo il progetto di Dio” e che “il ‘Covid-19’ di quel tempo e di quelle zone era costituito dalla miseria e dalla ignoranza che dilagavano per tutta l’area”, dalla emarginazione e dalla mancanza di protezione per i più deboli: orfani e figli di carcerati. “Ciò che appare essenziale è essere consapevoli che, nel percorso tra il nostro ieri e la misteriosa realtà di questi giorni, si apre un grande spazio per discernere l’oggi di Dio”, osserva monsignor Caputo, che vede nei 40 anni dalla beatificazione di Bartolo Longo un’occasione, non solo e non tanto per fare memoria del passato. Per questo rimarca che negli ultimi mesi “nonostante le limitazioni, il Santuario, come centro di fede e faro di carità, non si è mai fermato, così come le parrocchie della Prelatura che hanno continuato a svolgere la loro missione di fede e di carità sul territorio”.
Le Opere del Santuario di Pompei ravvivate dalle nuove tecnologie
“La fantasia e l’inventiva poste al servizio di una pastorale dell’emergenza hanno consentito che le nuove tecnologie stendessero intorno alle nostre comunità una rete di rapporti virtuali non effimeri” aggiunge l’arcivescovo prelato, precisando che attraverso i social sono state raggiunte persone o interi nuclei familiari poco abituati a una frequenza ordinaria e diretta; un dato di cui tener conto nello sviluppo della linea pastorale. “Abbiamo imparato a coniugare con le mutate esigenze dei tempi le forme di carità che hanno tradotto in opere il fondamento della fede - precisa monsignor Caputo -. Le nostre Opere hanno accolto, dando riparo e aiuto, i più deboli contro i quali la crisi si è manifestata”. Quindi il presule esprime gratitudine verso quanti si sono prodigati: le Suore Domenicane Figlie del Santo Rosario di Pompei, fondate nel 1897 da Bartolo Longo per le Opere di carità, i Fratelli delle Scuole Cristiane, presenti a Pompei dal 1907, le coppie di sposi, coloro che gestiscono le Case Famiglia, gli addetti e i volontari delle altre Opere aderenti all’Ordine di Malta, la Comunità Incontro, le Misericordie, la Caritas diocesana, il Consultorio Familiare e il Centro di Aiuto alla Vita.
No alle consorterie del malaffare, sì all’impegno per il bene comune
Con lo sguardo in avanti monsignor Caputo invita poi tutti a guardarsi dentro per uscire dalla crisi generale che la pandemia ha generato. “Come Chiesa non siamo un corpo separato dalla società - asserisce - dobbiamo, quindi, aprirci ancora di più agli altri e rinnovare nei confronti delle realtà che ci circondano quello sguardo caloroso che, particolarmente dal Concilio in poi, ha caratterizzato l’atteggiamento della Chiesa verso il mondo”. Il presule riflette poi sul contesto sociale in cui si trova il Santuario di Pompei, sulla mancanza di lavoro e di prospettive per i giovani, sulle “anguste visioni di una politica incapace di intercettare i bisogni reali delle persone e, soprattutto in questo tempo di pandemia”, sui “pericoli che possono derivare dalla falsa ‘rete protettiva’ che le consorterie del malaffare offrono come una ingannevole forma di ‘pronto soccorso’ sociale”. “Rivolgere alla propria città uno sguardo più consapevole è certo il modo più diretto per rendere concreta la scelta di un bene comune al quale ogni comunità, soprattutto nei momenti di crisi o di bisogno, è naturalmente chiamata - conclude monsignor Caputo -. Per Pompei, più che di semplice impegno, si tratta di una vera e propria missione che (…) chiama in causa e vincola in modo tutto speciale il primo degli enti dove si esercita la cittadinanza attiva dell’intera popolazione”.
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