Nuova Zelanda: appello dei vescovi a tutela della vita
Isabella Piro – Città del Vaticano
Dopo le numerose perplessità avanzate nei giorni scorsi dal Centro di bioetica “Nathaniel”, ora i vescovi hanno diffuso un’ulteriore nota in cui esortano gli elettori a dire no al referendum sull’eutanasia e a riflettere seriamente sugli effetti della cannabis, in particolare sui giovani più vulnerabili. Pur ribadendo che la Chiesa non dà indicazioni di voto, i presuli spiegano tuttavia che, se al referendum nel “fine-vita” vince il sì, allora l’eutanasia diventerà possibile per le persone, dai 18 anni in su, affette da malattia terminale o che si pensa abbiano sei mesi o meno di vita e che si trovano in uno stato avanzato di declino irreversibile. Ma tale decisione, sottolineano i presuli, “non è guidata dalla sofferenza, bensì da fattori personali ed emotivi, come la paura di essere un peso per gli altri o di essere disabili: paure che riflettono atteggiamenti negativi, radicati nella società, nei confronti degli anziani e dei portatori di handicap”. Inoltre, si sottolinea che diversi medici “si oppongono a questa pratica, in quanto essa non prevede che le persone, prima di richiedere l’eutanasia, accedano alle cure palliative, là dove possibile”.
No all’eutanasia, ma anche alla cannabis
Quanto al referendum sulla legalizzazione della cannabis a scopro ricreativo, i vescovi neozelandesi lanciano l’allarme sulle conseguenze negative di tale sostanza sui giovani, in particolare sui più vulnerabili. Una considerazione che parte da un dato di fatto: i presuli conoscono bene il mondo giovanile, “in quanto gestori di molte delle 237 scuole cattoliche del Paese, che accolgono 66 mila studenti”. "Pensiamo che la popolazione abbia bisogno di riflettere seriamente sulla questione – si legge nella dichiarazione - e ci auguriamo che il voto venga utilizzato in modo da considerare l'impatto della cannabis sui giovani e sulle persone più fragili delle nostre comunità”.
Lavorare per la salute e il benessere
Guardando, poi, alle sfide della Nuova Zelanda, soprattutto post-pandemia da Covid-19, i presuli auspicano che si lavori “per una nazione che cerchi di assicurare la salute e il benessere delle famiglie, sostenendole e aiutandole ad accedere ai servizi primari come il cibo, l’alloggio, l’istruzione e l’assistenza sanitaria”. “Il voto non si limita alla cabina elettorale – ribadisce la Chiesa cattolica neozelandese – perché partecipare alle elezioni significa ascoltare il grido della Terra e il grido dei poveri, studiare con attenzione le proposte dei partiti politici, riflettere su di esse e votare secondo coscienza”. Di qui, il richiamo conclusivo della Conferenza episcopale a “non pensare al tornaconto personale, ma a discernere ciò che, attraverso il voto, servirà a tutelare i poveri e i vulnerabili e a difendere la dignità della vita, in modo da creare un futuro inclusivo per tutti, senza scartare nessuno”.
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