Sudan, accordo coi ribelli. Vescovo di Khartoum: passo in avanti verso la pace
Isabella Piro - Città del Vaticano
“Un passo avanti”: così monsignor Michael Didi Adgum Mangoria, arcivescovo metropolita di Khartoum, in Sudan, definisce l’accordo di pace firmato il 31 agosto tra il governo nazionale e il Fronte Rivoluzionario del Sudan, un’organizzazione che unisce gruppi ribelli degli Stati sudanesi del Darfur Occidentale, del Kordofan Meridionale e del Nilo Azzurro. L’intesa, che pone fine a diciassette anni di guerra civile, prevede il ritorno in patria dei milioni di sfollati a causa della guerra, la concessione di un’autonomia amministrativa agli Stati del Darfur Occidentale, del Kordofan Meridionale e del Nilo Azzurro, l’integrazione delle forze militari degli ex ribelli all’interno dell’esercito sudanese entro un periodo di 39 mesi e la regolamentazione delle terre tradizionalmente utilizzate dalle comunità tribali. L’accordo è stato firmato a Juba, capitale del Sud Sudan, Paese che ha contribuito ai negoziati di pace. Tuttavia, due gruppi ribelli hanno rifiutato il documento e non vi hanno aderito. Per questo, Monsignor Didi esorta i leader politici a “integrare tutte le parti in causa che sono rimaste escluse”, così da rendere l’intesa davvero “completa”.
Serve una pace duratura
“Un accordo di pace – spiega infatti il presule – diventa completo quanto tutti coloro che sono armati vi aderiscono e nessuno viene lasciato indietro”. Esprimendo comunque la sua gioia per il cessate-il-fuoco e la fine delle ostilità, l’arcivescovo di Khartoum ha ribadito però la necessità di una pace duratura, perché “la fine del conflitto non può essere equiparata ad una riconciliazione vera e propria” ed “è giunto il momento che tutte le parti in causa esprimano il loro punto di vista”.
All’appello del presule ha fatto eco anche l’Alto rappresentante dell’Unione Europea per gli affari esteri Josep Borrell che, in una nota ufficiale, ha definito l’accordo come “una pietra miliare per la transizione democratica ed economica del Sudan”, invitando quindi tutti i gruppi in causa “ad unirsi agli sforzi di pace a beneficio delle comunità locali”.
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