Un anno fa l'incoraggiamento del Papa al popolo malgascio
Antonella Palermo – Città del Vaticano
"Nel mio ufficio ho scritto una frase: per favore, non lasciamoci rubare la gioia missionaria". E' l'appunto prezioso, la traccia domestica custodita dal padre Luciano Mariani, delegato per il Madagascar dell'Opera Don Orione, in ricordo di quella visita che Francesco fece nella capitale malgascia, Antananarivo, dal 6 all'8 settembre dell'anno scorso, nell'ambito del suo viaggio apostolico in Africa australe.
Nella relazione con Dio e con gli altri si ritrova la dignità
"Il Papa ci ha lasciato un messaggio di pace e di speranza. La pace del cuore, nonostante le povertà e le debolezze di questo Paese", ricorda padre Luciano, sottolinenando quanto sia importante quella pace che porta armonia e serenità interiore. "La speranza è Gesù Cristo. Di fronte a questa speranza, la morte e la povertà non hanno l'ultima parola".
Il Papa ci ha invitato a "non essere professionisti del sacro", aggiunge Mariani, ricordando in particolare l'incontro con i religiosi, i sacerdoti e i seminaristi, a cui lui stesso partecipò: "C'è il rischio, in effetti, di correre sempre, tra tante cose da fare. Ma il Papa ci ha incoraggiato ad annunciare senza sosta il Vangelo. Certo, non è facile, in mezzo a tanta miseria – ammette – ma è bello vedere che è nella relazione con l'altro che si può recuperare dignità, sentendosi amati e pronti, dunque, ad amare. La gioia ha origine nella nostra relazione con Dio. Forti di questo, le persone si aprono. Le povertà sono enormi e gli abusi subiti da questa gente sono tanti, ma se le persone sanno di essere preziose, a immagine e somiglianza di Dio, allora si aprono. E' quanto accaduto in questo periodo di pandemia – precisa -, tanti giovani sono venuti per condividere e così facendo trovano una forma di resurrezione".
Il cristiano non può stare a braccia conserte
“Il cristiano non può stare a braccia conserte, indifferente, o a braccia aperte, fatalista, no”. Le parole di Papa Francesco in Madagascar, davanti alla dignità umana calpestata da una povertà indicibile, sono risuonate potenti a sostenere l’opera di una Chiesa locale senza la quale non sarebbe possibile l’accesso di milioni di indigenti alla sanità e all’istruzione. Grazie all'opera di Don Orione, qui 1500 bambini possono frequentare la scuola, elementari e medie: "Se non ci fosse la scuola - spiega il religioso - starebbero in giro per la città a chiedere l'elemosina per vivere, come è accaduto nei brevi periodi in cui non siamo riusciti a mantenere la scuola aperta a causa dell'emergenza Covid-19. La scolarità è un aspetto importante per far uscire i bambini dalla povertà e per far percepire alle famiglie l'importanza di una educazione non solo a livello culturale, ma umana. Noi ogni giorno offriamo loro anche un pasto caldo che altrimenti non avrebbero". E' questa la strada indicata da Francesco, ribadita presso la cava di granito di Mahatazana – nel villaggio di Akamasoa, nato trent’anni fa dall’ispirazione del sacerdote argentino lazzarista padre Pedro Opeka - dove si levò la voce di chi non ha voce, la toccante preghiera con i lavoratori, che non ha trascurato di citare una delle piaghe più dolenti della vita dei malgasci:
Salario dignitoso, vera solidarietà, giustizia sociale: furono le invocazioni nel riverbero della pietra ridotta a pietrisco da mani logorate e oranti.
L'impegno della Chiesa nelle epidemie
All'epoca della visita del Papa ad Antananarivo, c'era stata una epidemia di morbillo che aveva causato 1200 vittime. Nel monastero delle carmelitane scalze, nel quartiere di Ampasimalo, la preghiera con il Pontefice si era aperta alle necessità di chi vive nella mancanza, in famiglie monche, spezzate. Nella clausura del coro, era stata infatti accolta una mamma che aveva perso i suoi tre bambini proprio per quella malattia che ancora può essere fatale. La grata non fu un muro, ma uno spiraglio di misericordia, pietà, tenerezza. Così, oggi, la sfida si ripropone in proporzioni aumentate con la pandemia da coronavirus:
"In alcune diocesi le chiese sono già di nuovo aperte e hanno ripreso il loro cammino", racconta padre Mariani. Sono stati fatti i Battesimi che dovevano essere amministrati nel periodo di Pasqua. Qui ad Antananarivo ancora sono chiuse, ma spero che nelle prossime settimane si riaprano. I sacerdoti già accolgono i fedeli per le confessioni, per colloqui. Del resto, la gente chiede, vuole sapere quando si riaprirà. Ho intenzione di incontrare alcuni giovani due o tre pomeriggi a settimana, per parlare con loro e celebrare con loro l'Eucaristia. Voglio riprendere un cammino spirituale e umano con loro".
L'auspicio per un Madagascar libero dai predatori
Mancava un mese al Sinodo per l'Amazzonia e il Papa, dal Madagascar, uno dei Paesi con maggiore biodiversità al mondo, invitava ad abbandonare le logiche speculative più sorde allo sviluppo ecologico integrale dei popoli. Condannava contrabbando ed esportazioni illegali, indicando come virtuosa la via generatrice di reddito che tutela i doni della natura e aiuta ad uscire dalla povertà. "Se davvero si riuscisse a cancellare il debito dei Paesi poveri, il Madagascar ritornerebbe libero", scandisce padre Mariani. "Il Papa parla di una giustizia riparativa, di una economia malata, di ristabilire relazioni sociali eque. Ci si augura che i Paesi ricchi, quelli che 'contano' nell'economia del mondo, siano aperti a cancellare questo debito, tenendo presente che il Madagascar è un Paese ricco di potenzialità, di natura, di materiali preziosi. E' stato sfruttato il legno di palissandro, saccheggiate le risorse minerarie, in mano a pochi stranieri che le portano nei loro Paesi. Magari poi costoro costruiscono una scuola, un ospedale per riparare al danno, ma non è mai, questa, una giustizia sociale equa. Noi ci auguriamo – conclude il religioso - che i Paesi si aprano per ridare la possibilità a questo popolo di rialzarsi e di vivere più dignitosamente".
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