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Filippine, cristiani criticano la risoluzione Unhcr sui diritti umani

Serve un meccanismo indipendente: questo al centro delle richieste delle Chiese cristiane alla risoluzione Unhcr sulla violazione dei diritti umani nel Paese

Lisa Zengarini - Città del Vaticano 

 C’è delusione tra le Chiese cristiane filippine per la recente risoluzione del Consiglio per i diritti umani dell’Onu (Unhcr) sulla “cooperazione tecnica” per promuovere e sostenere il rispetto dei diritti umani nel Paese. "La risoluzione non soddisfa le nostre aspettative", afferma in una dichiarazione il Consiglio nazionale delle Chiese (Nccp). “Per dirla tutta, essa non rispecchia i risultati e le raccomandazioni del rapporto dell'Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani. In particolare non risponde alla nostra pressante richiesta di un'indagine internazionale indipendente ".

La situazione è allarmante

Il rapporto, era stato commissionato un anno fa dall’Unhcr all'Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, Michelle Bachelet, per fare luce sulla cosiddetta “guerra alla droga” lanciata nel 2016 dal Presidente Rodrigo Duterte, che avrebbe causato migliaia di vittime in un contesto diffuso di utilizzo illegale e arbitrario della forza contro semplici sospetti. L’Alto Commissario ha evidenziato una situazione allarmante, anche prendendo in considerazione solo le prudenti stime ufficiali che parlano di 8.500 persone uccise (mentre secondo altre stime sarebbero più di 27mila).

Nelle mire del Governo Duterte anche chi osa criticare questi metodi. “Gli attivisti della società civile che denunciano questa situazione sono etichettati come terroristi o comunisti e devono affrontare vessazioni, minacce e, in alcuni casi, la morte”, spiega Peter Prove, direttore per gli affari internazionali del Consiglio mondiale delle Chiese (Wcc). “Ad essere prese di mira sono in particolare le comunità indigene, ma anche le Chiese non sono state risparmiate. L'Nccp è una delle tante organizzazioni che sono state segnate in rosso e fatte oggetto di vessazioni.”

Servono sforzi maggiori

Nel suo rapporto, l'Alto Commissario aveva raccomandato all’Unhcr di incaricare il suo ufficio di continuare a monitorare la situazione dei diritti umani nelle Filippine, mentre il Consiglio ecumenico delle Chiese, insieme al Nccp e ad altre organizzazioni, ha chiesto la creazione di un meccanismo internazionale indipendente per dare seguito alle sue raccomandazioni. Durante la sua 45.ma sessione plenaria a settembre, l'Unhcr si è invece limitato ad affidare all'ufficio il generico mandato di fornire una "cooperazione tecnica" e “rafforzare le sue capacità” di sostegno agli sforzi del Governo di Manila per migliorare la situazione dei diritti umani.

Una scelta ritenuta del tutto insufficiente dalle Chiese che durante la sessione avevano rilasciato due dichiarazioni sulla situazione nelle Filippine, richiamando in particolare l'attenzione sulle violazioni dei diritti umani subite dalle comunità indigene ed esprimendo cordoglio per l’uccisione dell’attivista cattolica Zara Alvarez. La risoluzione – spiega Grove – segue la linea finora seguita dagli Stati membri dell’Unhcr che “hanno scelto di non condannare le violazioni dei diritti umani all'interno dei confini di un Paese che generalmente convive in pace con altri membri della comunità internazionale”.

 

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12 ottobre 2020, 08:22