Un pastore con il cuore di padre. Il ricordo del vescovo Giovanni D’Alise
Marina Tomarro - Città del Vaticano
Era stata una febbre leggera a far scattare l’allarme e a spingere monsignor Giovanni D’Alise, vescovo di Caserta, a fare il tampone da cui era risultato positivo. Un contagio probabilmente frutto della sua attività pastorale. Qualche giorno dopo il ricovero e poi il grave peggioramento che lo ha condotto nel giro di poco tempo alla morte. Grande il dolore da parte di tutta la diocesi per la sua scomparsa. Appena diffusa la notizia, sono stati centinaia i messaggi di cordoglio di tante persone, che lo hanno ricordato come un vescovo umile e vicino al suo popolo.
Un presule attento ai bisogni dei fedeli e del territorio
“Monsignor D’Alise - racconta Loredana Lentini, stretta collaboratrice del vescovo - è stato in tutti i sensi un padre per noi tutti. Inoltre aveva quel modo di dire le cose nella carità ma anche con determinazione. Era una persona molto determinata, ma quando ti guardava negli occhi si percepiva questo suo amore paterno. Io personalmente ho avuto proprio un'esperienza diretta nel periodo della quarantena che ho dovuto fare. Mi chiamava un paio di volte durante la settimana proprio come un papà, si preoccupava di me del mio stato d'animo, si preoccupava affinché la mia fede non crollasse. Non lo ha fatto solo con me ma con tutti quelli che hanno avuto bisogno, trasmetteva proprio questo suo amore grande.
Qual era l'impegno nel territorio di monsignor D’Alise?
R - Era un impegno molto grande e sentito. Ha voluto iniziare la sua missione di vescovo, partendo proprio dall’ospedale, dall’essere vicino ai malati a cui teneva tanto. E poi cercava di essere presente in ogni settore della nostra vita. Ha promosso molti convegni diocesani sulla famiglia, sulla scuola, era sempre presente in tutte le problematiche del nostro territorio cercando proprio di essere vicino a tutti gli operatori dei diversi settori.
Ma in che modo viveva il Vangelo?
R - Amando innanzitutto il suo prossimo. Ci teneva molto affinché in tutte le parrocchie ci fosse l'unità, che fossimo uniti tutti noi che fossero uniti i sacerdoti, ce lo diceva sempre: ovunque vi trovate siate semi di unità.
Loredana lei lavora nell’ospedale dove monsignor D’Alise, ha concluso il suo cammino terreno. Può raccontarci in che modo il vescovo ha vissuto il periodo della malattia?
R - Io non potevo entrare nel suo reparto, per motivi di protocolli anticovid, ma gli ero vicina attraverso i racconti dei colleghi che sono stati con lui e l’hanno seguito e aiutato in questo periodo. Mi hanno detto di essere rimasti colpiti dalla sua umiltà e che c’era sempre in lui l’accettazione di questa volontà di Dio. Poco prima di spegnersi, ha chiesto di poter avere un rosario, che gli è stato fatto recapitare da un parente. So che si è spento stringendo questo rosario tra le mani.
Invece qual è un suo ricordo personale?
R - Questo chiamarmi sempre sorellina mia. Quando mi chiamava così era una carezza per l’anima!
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