India. Arrestato Padre Swamy, la solidarietà della Chiesa
Davide Dionisi - Città del Vaticano
Padre Stan Swamy, gesuita di 83 anni e con problemi di salute, è stato prelevato dalla sua residenza a Ranchi (Jhark) e arrestato. A comunicare la notizia è stata la stessa Agenzia Nazionale di Investigazione (NIA) spiegando che il sacerdote è stato trasferito a Mumbai per essere interrogato sui fatti di Elgar Parishad risalenti al 2017.
Le accuse e gli interrogatori
La Nia accusa Padre Stan di avere legami con i gruppi Maoisti e di avere fomentato, con i suoi interventi durante la manifestazione tenutasi a Pune il 31 dicembre 2017, le violenze poi scoppiate nei villaggi circostanti, che portarono a conflitti a fuoco con le forze di sicurezza indiane, presenti nella zona in funzione antiterrorista. Il sacerdote è l’ultimo delle 16 persone fermate per gli stessi fatti. Tra questi figurano noti difensori dei diritti umani quali Arun Ferreira e Sudha Bharadwaj (entrambi avvocati) e gli scrittori Vernon Gonsalvez e Varavara Rao.
Il gesuita, che appartenente alla Provincia della Compagnia di Gesù di Jamshedpur, ha prestato servizio negli ultimi 15 anni a Bagaicha, in un Centro di Azione Sociale diretto dalla Compagnia, dedicandosi per lo più alla tutela della comunità indigena degli Adivasi. Già in passato, al presbitero è stato contestato lo stesso “reato” tanto che la sua stanza è stata perquisita la prima volta il 28 agosto 2018 e una seconda il 12 giugno 2019. Lui stesso è stato interrogato per più di 15 ore nell’arco di 5 giorni a luglio e agosto scorso.
Padre Swany che probabilmente prevedeva il suo arresto - riporta il sito giornalistico The Wire - alcuni giorni fa aveva registrato un lungo video in cui spiegava come si erano svolti gli interrogatori subiti. Inoltre, in un messaggio fatto recapitare prima del suo arresto ad attivisti per i diritti, avvocati e giornalisti, il geusuita scriveva delle false accuse che gli venivano mosse e della fabbricazione di false prove contro di lui. Nel messaggio si legge anche la frase "...nella speranza che il senso di umanità prevalga".
Le modalità dell'arresto
"Non abbiamo idea di dove sia ora", ha dichiarato all'agenzia UCA il vescovo ausiliare dell'arcidiocesi di Ranchi, Theodore Mascarenhas. "Siamo preoccupati per la sua salute, dopo che la NIA lo ha portato via violando la procedura di comportamento anti Covid-19". Il vescovo Mascarenhas, ex segretario generale della Conferenza episcopale cattolica dell'India (CBCI), ha criticato anche la tempistica in cui tutto è accaduto. "È molto triste che un'agenzia investigativa di primo piano come la Nia non abbia potuto trovare il tempo di interrogare durante il giorno una persona così anziana che ha sempre collaborato alle indagini". "Il momento del loro arrivo alla residenza del sacerdote, dopo che il sole è tramontato e le tenebre sono calate, forse manifesta i disegni malvagi di chi si occupa del caso".
Sempre secondo quanto riportato dall'Agenzia cattolica UCA, l'Unione popolare per le libertà civili ha condannato l'arresto di padre Swamy, descrivendolo come atto "inumano e insensibile" che ha smascherato la "pura vendetta" delle autorità.
La voce dei vescovi indiani
Fermo l'appello della Conferenza episcopale indiana alle autorità per il rilascio immediato di Padre Stan Swamy. Nel comunicato a firma del Segretario generale della CBCI, si legge come l'intera comunità cristiana sia sempre stata elogiata da tutti come una realtà costiutuita da cittadini leali, rispettosi della legge e al servizio della Madre India. "La comunità cristiana - prosegue la nota - ha sempre contribuito alla costruzione della nazione e continua a collaborare con il governo nella realizzazione del bene comune di tutti gli Indiani e del progresso della nostra nazione". Allo stesso tempo, i vescovi chiedono "che i diritti, i doveri e i privilegi di tutti i cittadini siano debitamente salvaguardati e che la pace prevalga su tutto".
L'impegno verso gli umili
“Padre Stan ha dichiarato di aver sempre rispettato i dettami della Costituzione Indiana e di aver fatto uso esclusivamente di mezzi pacifici per esprimere il suo dissenso nei confronti delle ingiustizie commesse ai danni degli Adivasi” si legge nel comunicato pubblicato sul sito della Compagnia. “Si è sempre detto contrario ad ogni abuso di potere da parte dello Stato e delle Forze dell’Ordine che, in nome dell’antiterrorismo, si impossessa di terreni senza previo confronto con le comunità che lì vivono. Inoltre” aggiungono i Gesuiti “Il confratello ha documentato e reso pubbliche le sofferenze di tanti giovani indigeni che sono stati vessati e incarcerati per aver difeso i loro spazi”.
La richiesta e l'auspicio dei confratelli
Ora il sacerdote è detenuto ai sensi della Legge sulle Attività Illegali del 1967, in base alla quale l’uscita su cauzione viene negata all’imputato. “Come gesuiti impegnati nella formazione, nell’educazione e nella difesa dei diritti dei poveri e dei vulnerabili in tutto il mondo, esprimiamo la nostra vicinanza a Padre Stan e agli altri difensori dei diritti umani in India, e condanniamo fermamente l’arresto chiedendo il suo rilascio immediato. L’auspicio è quello che non vengano più emessi mandati di cattura e arresti arbitrari nei confronti di cittadini onesti e rispettosi della legge” conclude il comunicato.
(Ultimo aggiornamento ore 15.40 - 10.10.2020)
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