Luce e Bellezza. La teologia delle icone
Paolo Ondarza - Città del Vaticano
Un volto davanti a cui pregare. Uno sguardo che attrae e cattura. Sono le icone legate alla fede e alla cultura religiosa ortodossa, ma che da ormai quarant’anni hanno conquistato anche i fedeli e i cultori d’arte d’Occidente. Oltre quattrocento le opere prese in esame nel volume “Icone e volti d’Oriente. Teologia della bellezza e della luce”, scritto dal giornalista e storico dell’arte Alfredo Tradigo ed edito da Mimep-Docete. Attraverso dettagliate descrizioni accompagnate da immagini a colori in un'accattivante veste grafica, il lettore è accompagnato a scoprire e leggere opere che vanno dal V al XVI secolo.
Lo sguardo magnetico
È un libro che si rivolge a tutti coloro che negli ultimi decenni si sono appassionati a questa produzione artistica. Quarant’anni fa le icone, messe al bando dal regime sovietico, giungevano in grande quantità dalla Russia in Occidente. Restaurate furono restituite all’originario splendore cromatico, oscurato nei secoli dal fumo delle candele e dato dai colori puri lavorati a pigmento e rosso d’uovo. Proprio il colore svolge un ruolo chiave in questa forma d'arte. Il fondo d’oro trasporta chi contempla verso l’infinito, sovvertendo i nostri parametri prospettici. “Affascina lo sguardo magnetico dei volti dipinti, una fissità di sguardo che ti tira dentro al quadro” spiega a Vatican News Alfredo Tradigo.
Volti eternizzati
“Per capire l’icona - aggiunge Tradigo - bisogna starle davanti tanto tempo. Nell’icona è rappresentata l’ipostasi, ovvero l’unione tra la natura umana e divina di Cristo. Protagonisti di queste tavole in legno, ricoperte di gesso, colla e tela, sono anche la Vergine o i santi. Quelli dipinti sono volti eternizzati. C’è chi fa derivare questo aspetto dai ritratti del Fayyum, nell’antico Egitto, realizzati per le mummie e i sarcofagi.
Finestre sul trascendente
“Le icone – prosegue Tradigo – vengono da un altro mondo, sono finestre aperte sul trascendente sia quando ritraggono personaggi dell’’Antico e Nuovo Testamento, sia quando rappresentano le dodici grandi feste della liturgia ortodossa”. Sono un ponte dal visibile all’invisibile. “Per essere dipinta secondo la sua vera natura – scriveva il filosofo e teologo russo Sergej Bulgakov – l’icona esige che il suo autore riunisca le qualità dell’artista e i doni del teologo contemplativo. L’arte da sola è impotente a creare l’icona così come la sola teologia, giacché la rivelazione iconica le eccede entrambe”.
Guardare e pregare
Guardare un’icona è pregare. “L’icona parla, prega per te, ma – prosegue Tradigo - è necessario comprenderne il linguaggio, come per la parola scritta”. L’auspicio dell’autore è che in una società che usa impropriamente il termine “icona” in ambito informatico o sociologico, attraverso il libro possa rinascere la curiosità per queste immagini sacre di un’unica Chiesa indivisa, che respira con i suoi due polmoni, l’Oriente e l’Occidente.
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