Lettera dei vescovi filippini a 7 anni dal tifone Haiyan
Isabella Piro – Città del Vaticano
Era l’8 novembre 2013 quando il tifone Haiyan devastava le Filippine, lasciando dietro di sé una scia di morti, feriti, sfollati e macerie. Oltre seimila le vittime e innumerevoli i danni strutturali. La città più colpita fu Tacloban, dove si registrarono 4mila morti. A distanza di sette anni da quel tragico evento, e mentre le Filippine si trovano a fronteggiare le conseguenze di altri due recenti tifoni, Goni e Vamco, che hanno già provocato 60 morti e un milione di sfollati, la Conferenza episcopale locale ha diffuso una Lettera pastorale, intitolata “Egli riduce la tempesta al silenzio” (Salmo 107). “Sono trascorsi sette anni da quando il tifone Haiyan è arrivato sulle nostre strade – si legge nella missiva episcopale – E nonostante la pandemia da Covid-19 che stiamo vivendo, abbiamo ancora impressi nella memoria il ricordo di quell’orrore vissuto l’8 novembre 2013 e nei dolorosi mesi e anni successivi”. Ma i presuli esortano i fedeli a ricordare “anche l’amore e la misericordia di Dio per il popolo filippino”, un amore “sperimentato concretamente nella bontà e nella compassione di tante persone” che hanno donato aiuto e soccorso.
La lezione dal dolore
Dal tifone Haiyan, tuttavia, derivano cinque insegnamenti, sottolineano i vescovi: il primo è che bisogna “essere grati al Signore perché siamo usciti dalla tremenda distruzione” di quel giorno. La stessa gratitudine va rivolta a coloro che hanno “prestato soccorso”, in quanto sono stati “agenti della potente mano di Dio”. Il secondo insegnamento è che “è necessario pregare per tutte le vittime del tifone, affinché siano costantemente affidate a Dio Misericordioso”. In terzo luogo, i vescovi evidenziano che “nel difficile presente e di fronte ad un futuro incerto, bisogna pregare per la liberazione da qualsiasi calamità, sia naturale che causata dall’uomo, come la pandemia o le catastrofici climatiche, politiche, sociale ed economiche”. Come quarto punto, poi, i presuli esortano a riflettere sulle conseguenze dei cambiamenti climatici che sono all’origine di molte catastrofi naturali. “Il nostro pianeta e i nostri poveri – si legge nella missiva - chiedono la nostra attenzione e la giusta azione per salvare la nostra casa comune e i nostri fratelli più vulnerabili”. Di qui, il richiamo a dare ascolto all’appello di Papa Francesco alla “conversione ecologica”, restando lontani “dai peccati dell'abuso ambientale e dell'incuria”, per passare invece “alla giustizia ambientale e sociale”. Infine, ricordando come le sfide suscitate dal tifone Haiyan abbiano “contribuito a rafforzare la fede”, i vescovi filippini invitano i fedeli “ad imparare dal passato per affrontare il presente con la speranza e l'entusiasmo di compiere atti di carità verso gli altri che soffrono e sono nel bisogno”.
Anche il Papa andò a Tacoblan
Da ricordare che a gennaio 2015, nel corso del suo Viaggio apostolico nelle Filippine, Papa Francesco si è recato a Tacloban per celebrare la Messa per i sopravvissuti al tifone. In una giornata di forte vento e pioggia, coperto da una cerata gialla, il Pontefice ha pronunciato un’intensa omelia in spagnolo, tutta a braccio, dicendo: “Vi dico solo che sono con voi, e che non siete soli. Abbiamo un Signore che piange con noi e cammina con noi nei momenti più difficili della vita”.
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