In India la "Domenica per la liberazione dei dalit"
Elvira Ragosta – Città del Vaticano
Ai margini della scala sociale, per il rigido sistema induista delle caste, i dalit sono spesso discriminati, anche sul lavoro. Ad oggi, essi rappresentano un sesto degli 1,3 miliardi di indiani. Cristiani e musulmani soffrono maggiormente l’emarginazione.
L’origine della questione
Nel 1935 gli inglesi, che allora governavano l'India, tentarono di sanare la discriminazione sociale, concedendo privilegi speciali ai cittadini che facevano parte delle caste più basse o ai fuori casta, i dalit. Trattandosi di benefici che non dipendevano dalla religione professata riguardavano tanto indù, quanto musulmani, cristiani, buddisti e sikh. Le cose cominciarono a cambiare nel 1950, quando un ordine presidenziale ha rivisto quei diritti e ha conferito lo status di "Caste riconosciute" (Scheduled Castes) solo ai dalit di religione indù, affermando che nessuna persona che professa una religione diversa dall'induismo sarebbe stata considerata "membro di una casta riconosciuta". L'ordine venne poi modificato due volte, includendo i dalit sikh e buddisti, tagliando fuori cristiani e musulmani.
La Giornata dedicata ai fuori casta
L'iniziativa è promossa dall’Ufficio per le caste e le tribù svantaggiate della Conferenza episcopale indiana, in collaborazione con in National Council of Churches in India, un forum che riunisce le Chiese protestanti e ortodosse. La Giornata dedicata alla liberazione dei dalit si svolge dal 2007 e la data identificata è la seconda domenica di novembre. Anche quest'anno l'appuntamento sarà un'occasione per riflettere sull'esclusione sociale e l’emarginazione che interessa gli uomini e le donne dalit nella società indiana.
Pandemia e dalit
Fortemente colpita dalla pandemia di coronavirus, l’India conta ad oggi 8,3 milioni di casi, con contagi giornalieri costantemente in aumento e un record negativo per la capitale Nuova Delhi. Molti sono i casi di Covid-19 tra i dalit, particolarmente esposti al contagio a causa delle condizioni di povertà e precarietà in cui vivono e lavorano. Anche la prevenzione per loro è più difficoltosa, dal momento che vivono in zone molto popolate e dove scarseggiano i servizi.
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