Giornata dei poveri: la Villetta della Misericordia, una casa per ritrovare la dignità
Francesca Sabatinelli – Città del Vaticano
Entrare nella Villetta della Misericordia significa annullare la distanza con la sofferenza, la solitudine e l’isolamento. Chi varca quella soglia è costretto a guardare dritto negli occhi della disperazione. Nello stesso momento, però, vive la dimensione, assolutamente straordinaria, del riscatto e della rinascita. Gli ‘ospiti’ della Villetta sono coloro che, come direbbe Papa Francesco, sono frutto della cultura dello scarto. Persone senza casa, gettate negli angoli delle strade da povertà, da pazzia, da debolezza, da una società che semplicemente non vuole affrontarli. Non è una scelta dormire sulle panchine, così come non è una scelta dormire negli scantinati, nei corridoi, o nei pronto soccorso degli ospedali. Luoghi infausti e lugubri, che però sono stati proprio la culla dell’intuizione che ha portato alla nascita di ciò che è più di un normale centro di accoglienza, che offre sì pasti caldi, letti puliti e una doccia, ma che è, soprattutto, un “porto sicuro”, usando le parole della responsabile Gianna Iasilli, che da anni cammina, assieme a tanti volontari della Comunità di Sant’Egidio, accanto a chi spesso “non viene chiamato più neanche per nome”.
Una intuizione in risposta all’appello di Papa Francesco
La Villetta nasce nel 2016, durante il Giubileo Straordinario della Misericordia, per rispondere all’invito di Francesco di dar vita ad un gesto concreto in tal senso. È il fondatore di Sant’Egidio, Andrea Riccardi, a chiedere all’allora direzione generale del Policlinico Gemelli di Roma, di poter usufruire di una struttura inutilizzata nel campus del Policlinico, per accogliere persone senza fissa dimora. Si realizza così, grazie alla collaborazione tra la Comunità di Sant’Egidio, la Fondazione del Policlinico, l’Istituto Toniolo (proprietario dello stabile) e l’Università Cattolica del Sacro Cuore, la Villetta della Misericordia, un luogo capace di accogliere venti persone, senza distinzione di sesso, di età o di nazionalità. Qui, oltre a mangiare e dormire, si riceve assistenza medica, un costante monitoraggio, aiuto e sostegno per qualsiasi pratica, dalla richiesta dei documenti di identità, a quella della pensione, e si fanno anche le vacanze, in estate, qualche giorno di serenità tutti assieme fuori Roma, a Fiuggi, sempre accompagnati e sostenuti dai volontari di Sant’Egidio, una solidarietà che non è stata fermata neanche dalla pandemia di Covid-19 e che viene affrontata con tutte le precauzioni sanitarie richieste.
Nessuno deve sopportare la cultura dello scarto
“Da quel settembre 2016 – racconta la Iasilli – decine e decine di ospiti sono entrati alla Villetta, alcuni di loro oggi vivono in altre situazioni alloggiative, sicuramente migliori. E queste sono storie di successo. Abbiamo avuto anche persone molto malate, che non ce l'hanno fatta, ma nessuno è morto per strada, ecco perché credo che si possa dire che, anche in questo caso, non hanno vissuto la cultura dello scarto, perché sono stati comunque accompagnati fino all’ultimo”.
La lotta alle patologie da alcol
Le persone che vengono accolte sono quasi sempre completamente sole, hanno rotto tutte le relazioni, hanno perso la dimensione di genitore, di moglie o di marito. Sono persone con problemi psichiatrici, dipendenti dall’alcol e affette da patologie correlate. “Il demone dell’alcol ti dà l’illusione di spensieratezza, di benessere e diversi ospiti della Villetta ne sono vittime”. Di qui un altro importante passo, una nuova sfida per la Iasilli e tutta la Comunità di Sant’Egidio. “Abbiamo stretto una collaborazione con l'Unità di medicina interna e di patologia alcol-correlata della Fondazione Policlinico Gemelli, diretta dal professore Addolorato – racconta – ricordo quando sono andata da lui a chiedere di aiutarmi con i tanti ospiti con il problema dell’alcol”. Al plausibile, iniziale, scetticismo da parte dei medici, è seguita poi una assunzione di impegno che ha portato ad un importante risultato. “Recentemente, a giugno di quest'anno – prosegue la Iasilli – è stato pubblicato uno studio su una rivista scientifica internazionale sulla possibilità di curare gli homeless dai disturbi per abuso di alcol. Gli stessi medici raccontano cosa sia significato per loro vedere i risultati su persone che ormai venivano considerate casi persi”. C’è una chance, è la convinzione di questa tenace donna, “non è impossibile tirarli fuori da questo abisso, non è impossibile offrire loro delle relazioni nuove, così come è possibile che alcuni di loro, oggi, vivano una vita più equilibrata, finalmente in una casa”.
Il trampolino di lancio per ritrovare la dignità
La Villetta, per dirla come uno dei suoi ospiti, è “un trampolino di lancio”, perché vi si possono ritrovare l’equilibrio e la forza di una volta. “È come un ponte tra la strada e una casa vera e propria, che è il desiderio, il sogno, l’aspettativa, che per molti ospiti si è concretizzata con il ritorno alla cosiddetta normalità” e, anche, con l’aver, in alcuni casi, persino ritrovato la famiglia, seppur dopo decenni. “Penso che sia questo uscire dalla cultura dello scarto – aggiunge la Iasilli – perché è ritrovare quella rispettabilità di uomo, di donna, di genitore, di moglie, di marito, che la strada e le difficoltà della vita ti strappano”.
Nessuno è tanto povero da non poter aiutare l’altro
I problemi ci sono, e anche tanti, però nulla a confronto di ciò che significa “vedere qualcuno che riacquista la sua dignità”, che “ringrazia e chiede di restituire” e che viene invitato ad “aiutare nel servizio ai più poveri, per poi scoprire assieme la beatitudine che nessuno è tanto povero da non poter aiutare l’altro”. Questa è l’esperienza della Villetta della Misericordia, “l’esperienza che niente è impossibile e che c’è più gioia nel dare che nel ricevere”.
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