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Rifugiati siriani in Libano Rifugiati siriani in Libano 

La Siria svuotata di cristiani. Monsignor Tobji: la vostra casa è qui

Si apre oggi a Damasco una Conferenza internazionale, organizzata dalla Russia, sul ritorno in patria dei rifugiati siriani scappati all’estero per sfuggire alla guerra civile che ha devastato il Paese. Da Aleppo la testimonianza di monsignor Tobji, arcivescovo maronita: pochissimi i rifugiati cristiani già rientrati, mentre la popolazione in Siria soffre per mancanza di cibo ed elettricità

Elvira Ragosta - Città del Vaticano 

Dal 2011 circa la metà della popolazione siriana ha dovuto abbandonare le proprie case per sfuggire alla guerra, alle violenze e alle distruzioni. Sono 4 milioni gli sfollati interni e 6 milioni i profughi all’estero. La maggior parte dei rifugiati ha trovato riparo negli Stati vicini: Turchia, Giordania, Libano, Iraq; gli altri si sono stabiliti tra Europa, Nord-America, Africa e Asia.

Una Conferenza internazionale sul rientro dei rifigiati

È dedicata al rientro in patria dei siriani che sono ora all’estero la Conferenza internazionale che si svolge l'11 e il 12 novembre a Damasco su iniziativa di Mosca. L’Organizzazione delle Nazioni Unite partecipa all’evento come “osservatrice”, mentre Unione europea, Stati Uniti e Turchia non vi prenderanno parte. Al tavolo, oltre alla Russia, siederanno Iran, Cina e delegazioni di Paesi che hanno di recente ripristinato, formalmente o di fatto, rapporti con Damasco dopo anni di tensione, come gli Emirati Arabi Uniti, l'Oman e il Libano.

L’Ue: non ci sono ancora le condizioni per un rientro

L’Ue in un comunicato rende nota la sua posizione: "l'Unione europea - si legge nel testo - è del parere che la priorità attualmente sia un'azione genuina per creare le condizioni per un ritorno sicuro, volontario, dignitoso e sostenibile dei rifugiati e degli sfollati interni alle loro aree di origine, in linea con il diritto internazionale e i parametri di protezione per il ritorno dei rifugiati in Siria". Secondo l'Unione Europea, la conferenza di Damasco è "prematura". L'Ue afferma che "sebbene la decisione di rimpatrio deve sempre essere individuale, le condizioni all'interno della Siria attualmente non si prestano alla promozione di rimpatri volontari su larga scala, in condizioni di sicurezza e dignità in linea con il diritto internazionale".

Da Aleppo la testimonianza dei fedeli maroniti

Mentre sono ancora pochi i cristiani che sono tornati in Siria, restano tante le necessità della popolazione nonostante il grande sforzo che fanno le famiglie e l'accoglienza e il sostegno che si offrono a vicenda, come racconta, monsignor Joseph Tobji, arcivescovo dei maroniti di Aleppo, che ai cristiani sparsi nel mondo lancia il suo accorato appello:

Ascolta l'intervista a monsignor Tobji

R. - Il rientro dei rifugiati cristiani per quanto ne sappiamo non c'è: nessuno rientra dall'estero, in questo momento, nemmeno i nostri confratelli musulmani.

Ci sono le condizioni affinchè possano rientrare?

R. - Il governo ha introdotto delle facilitazioni sia nella pratiche sia a livello legislativo per il loro rientro e noi speriamo bene ma dato che il flusso non è iniziato non sappiamo se sarà una cosa facile.

A proposito dei bisogni e delle necessità di queste persone, le stime parlano di 11 milioni di rifugiati siriani, metà sono scappati all'estero metà sono sfollati interni. Per alcuni di loro sarà difficile rientrare nelle proprie città perché non avranno più le case? 

R. - Infatti, specie per gli sfollati interni è così. La maggior parte sono tornati nelle città, nei loro villaggi ma senza case, strade e palazzi e questa è la cosa più difficile anche se la forza della famiglia sopperisce alle mancanze e molti si stanno arrangiando e accogliendosi l'un l'altro, aspettando la ricostruzione che dipende anche molto dalle sanzioni in vigore. 

Monsignor Tobji lei si trova ad Aleppo, da voi ci sono stati dei rientri di rifugiati cristiani?

R. - Pochissimi ad Aleppo, solo qualche famiglia che si conta sulle dita di una mano ma gli sfollati interni sono tutti rientrati.

Per chi è nel Paese come è la vita quotidiana?

R. - Qui la gente è quasi affamata. A causa delle sanzioni, dei capitali che sono fuggiti all'estero, a causa della mancanza del lavoro qui la situazione - lo posso dire con certezza - è peggio di quanto stavamo sotto le bombe. Adesso stiamo molto peggio rispetto a quando stavamo sotto le bombe. Dunque questa è la guerra adesso che continua in modo più forte e che uccide tutta la popolazione. Per questo noi, già dall'inizio della guerra, chiedevamo che non venissero applicate le sanzioni perchè qui è il popolo che soffre. 

Quali sono le maggiori necessità della popolazione al momento?

R. - Serve tutto, a partire dalla salute, le medicine, il cibo, l'elettricità, l'acqua che manca ancora in diverse parti del Paese. E' una vita veramente molto difficile da vivere. Ecco perchè i rifugiati, quando vedono questa situazione, non si sentono incoraggiati a ritornare.

E poi c'è il problema del Covid-19, la situazione dal punto di vista sanitario in Siria al momento com'è?

R. - Da fine luglio fino a metà agosto la pandemia ha provocato molte vittime poi si è fermata e adesso non non si avverte più così tanto. Ci sono pochi morti, grazie a Dio, ma se fosse continuata come prima, metà della popolazione sarebbe scomparsa. 

Qual è il suo auspicio per la popolazione siriana e per i rifugiati che vorrebbero rientrare e ancora non possono farlo?

R. - Che cessi la guerra, che ci sia la pace, che si tolgano le sanzioni e dico ai rifugiati: "Qui è casa vostra, le radici sono qui" ,so che la gran parte dei rifugiati non è contenta del luogo in cui si trova. 

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11 novembre 2020, 11:00