Canada. I vescovi: "Non è mai troppo tardi per promuovere la dignità umana"
Isabella Piro - Città del Vaticano
Non è mai troppo tardi per tutelare e promuovere la dignità della persona umana: così, in sintesi, la Conferenza episcopale del Canada (Cccb) esorta i legislatori a ripensare il disegno di legge C-7 che mira ad ampliare i criteri di ammissibilità all’eutanasia e al suicidio assistito, eliminando il criterio della “ragionevole prevedibilità della morte naturale” attualmente previsto dal Codice penale nazionale.
La proposta
Venerdì 18 dicembre, la proposta normativa è stata approvata, in terza lettura, dalla Camera dei deputati, mentre la Corte Suprema del Québec ha deciso di concedere al governo federale una proroga di due mesi sulla scadenza del termine, per legiferare. Di qui, l’appello dei presuli ai legislatori, affinché “ripensino in coscienza” tale disegno di legge, “prima della revisione Parlamentare formale”. Così facendo, si dimostrerebbero “responsabilità e trasparenza” e si garantirebbe “la fiducia dei canadesi nei membri del Parlamento”. “Non è troppo tardi - scrivono i vescovi - per riconsiderare l'approccio del Canada all'eutanasia e al suicidio assistito, al fine di garantire una risposta etica che promuova la dignità intrinseca di ogni persona umana di fronte alle profonde domande che circondano il significato di essere umano, qualità della vita, sofferenza umana, malato terminale e morte”.
I timori
Ribadendo, poi, la loro “ferma opposizione a tutte le forme di eutanasia e di suicidio assistito”, i vescovi si dicono anche “particolarmente preoccupati per il ritmo accelerato e sconsiderato con cui il governo sta cercando di approvare il ddl C-7”. Nonostante, infatti, “i numerosi avvertimenti lanciati da organizzazioni che si occupano di disabili e da medici riguardo alle devastanti conseguenze di una proposta simile”, il procedimento legislativo è andato avanti, “scavalcando il legittimo dibattito democratico”. A tal proposito, i vescovi sottolineano che un recente sondaggio ha messo in luce un dato importante: “La maggioranza dei canadesi teme che il Sistema sanitario inizierà ad ignorare le necessità di assistenza a lungo termine, nonché le malattie croniche, una volta resa disponibile la morte medicalmente assistita”. “È evidentemente chiaro – sottolinea la Cccb – che non c’è consenso in Canada su tale proposta di ampliamento dell’eutanasia e del suicidio assistito, nonostante il governo affermi il contrario per giustificare l’approvazione del ddl C-7”.
Necessario il dibattito
"Altrettanto preoccupante” è – continuano i vescovi – “il ritardo della revisione parlamentare sull’impatto dell’eutanasia e del suicidio assistito in Canada e sullo stato delle cure palliative”, già richieste in passato. Ma nonostante tutto ciò, “l’esecutivo rimane intenzionato ad andare avanti il più rapidamente possibile per ampliare l’accesso delle pratiche eutanasiche”. Inoltre, la Chiesa cattolica del Canada evidenzia come un simile ddl, “che avrà un impatto negativo sia sui singoli individui che sull’intera società”, meriti in realtà “più tempo, da parte di tutti i cittadini, per essere dibattuto”. Ciò è tanto “più evidente” alla luce “dei punti deboli e delle fragilità che la pandemia globale ha messo a nudo all’interno dei sistemi sanitario, sociale e assistenziale e nella loro disponibilità nei confronti dei più vulnerabili”.
L'appello a "rallentare l'inutile corsa"
“Imploriamo ancora una volta i nostri legislatori – è l’accorato appello dei vescovi – affinché rallentino questa inutile corsa per legiferare sul ddl C-7”, in quanto “la prima preoccupazione, come società, deve essere il benessere e la sicurezza delle persone”. La nota episcopale ricorda, poi, che “consentire l’assistenza al suicidio o l’uccisione di un altro essere umano non è mai la risposta appropriata alla sofferenza di una persona”. Per di più, tali pratiche “non sono mai semplicemente un atto autonomo o un’espressione della libertà di un individuo”; al contrario, esse hanno “un impatto distruttivo sul bene comune delle collettività”. I vescovi mettono in luce anche gli evidenti “segnali di pericolo” riscontrati in questi tempi: pensare di modificare il Codice penale o discostarsi dal Giuramento di Ippocrate sono atti che “rappresentano un cambiamento epocale in ciò che i canadesi intendono con essere umani, alleviare le sofferenze e permettere ai principî morali di fondare una società giusta”.
L'appello a rispettare l'obiezione di coscienza
Di qui, l’appello della Chiesa a Camera e Senato affinché “ripensino in coscienza” il ddl “prima della revisione parlamentare formale”, così da garantire responsabilità, trasparenza e fiducia alla popolazione. “È anche imperativo – aggiungono i presuli – rispettare il diritto all’obiezione di coscienza per gli operatori sanitari che non vogliono fornire o assistere alla morte medicalmente assistita”, così come è urgente risolvere “la grave mancanza di cure palliative disponibili in tutto il Canada” e questa è “una situazione da affrontare immediatamente”. Al contempo, la Cccb mette in risalto “la necessità di prestare attenzione immediata alla salute mentale, all’assistenza domiciliare e ai servizi sociali per le persone con disabilità o con malattie croniche e terminali, in modo migliorarne le condizioni di vita”. E questo è un tema sul quale si riscontra “una consapevolezza crescente”.
L'incoraggiamento ad informarsi
Infine, i vescovi incoraggiano i fedeli cattolici del Canada, le altre comunità religiose e tutte le persone di buona volontà “ad informarsi meglio sul contenuto e sulle gravi implicazioni morali del ddl C-7”, così da poter esprimere “obiezioni e preoccupazioni” direttamente ai parlamentari e ai senatori locali. La nota episcopale si chiude con un’invocazione a San Giuseppe, Patrono della Chiesa universale, affinché interceda “in questi momenti difficili”.
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