Centrafrica, Bondobo: il Natale porti pace e unità
Gabriella Ceraso - Città del Vaticano
Era il 29 novembre del 2015 quando Papa Francesco arrivava nella capitale del Centrafrica, Bangui, che avrebbe proclamato, aprendo la Porta Santa, "capitale spirituale del mondo". Oggi quella città e tutto il Paese vivono momenti drammatici in vista delle elezioni presidenziali - in cui il favorito sembra essere il leader attuale Faustin Archange Touadéra - e del voto legislativo che potrebbero cambiare l'assetto istituzionale. Da oltre una settimana l'offensiva di una coalizione di forze armate ribelli, come denunciano i militari Onu della Minusca, sta seminando il panico con l'intento di influenzare l'andamento politico. Ad oggi un cessate il fuoco unilaterale di tre giorni proclamato proprio dai ribelli pare aver evitato il peggio, ma la situazione resta instabile e preoccupante come testimonia l'uccisione sabato di tre caschi blu. Per questo la sorveglianza è altissima, pattugliamenti continui a Bangui sono assicurati dall'Onu e dai soldati centrafricani e ruandesi.
"Nei giorni del Natale questo non deve farci perdere la speranza: il Signore viene a salvarci": è quanto ripete ai nostri microfoni padre Mathieu Bondobo, Vicario Generale dell'Arcidiocesi di Bangui e parroco della Cattedrale di Nostra Signora dell'Immacolata Concezione, descrivendo la vita oggi e l'azione della Chiesa a fianco di chi soffre:
R. - La nostra situazione è molto complicata: le elezioni presidenziali e legislative del 27 dicembre che rinnovano le istituzioni del nostro Paese, stanno portando violenze e occupazioni da parte di gruppi armati che hanno la chiara volontà di prendere il potere con la forza. Questo è fonte di paura nella popolazione, motivo della fuga di molti dalle città. Bangui è emblematica sotto questo punto di vista: il clima è di totale insicurezza e timore sul nostro futuro. Il fatto di vivere il Natale ci porta oggi più che mai a capire il senso dell'attesa e della presenza di Gesù tra noi. Come ci prepariamo alla Sua venuta per il nostro bene? Questa è la domanda da porci e alla quale dobbiamo e vogliamo rispondere con la certezza che Gesù viene per noi e per la nostra salvezza, donandoci la Sua pace. Questo è anche il mio augurio per il nostro Paese.
Sappiamo che insieme ai vescovi spesso ricordate le parole del Papa in occasione del viaggio in Centrafrica. Ma il Papa continua a rivolgersi a voi e a prepararci al Natale. Vi giungono le Sue parole e come vi sostengono?
R. - Il Papa è molto vicino a noi, ha il nostro Paese nel cuore, lo dice sempre. Ricordo il momento del suo viaggio: c'era molta tensione, era un momento difficile tanto da far dubitare del Suo arrivo. Eppure Lui è venuto, ha aperto la porta della misericordia e ha proclamato Bangui capitale spirituale del mondo. Noi non lo dimentichiamo: la Chiesa cattolica e tutti i centrafricani hanno il Papa nel cuore e lo seguiamo da vicino. Quanto Lui sta dicendo per dare coraggio all'umanità in questo tempo, ci arriva in modo diretto e i vescovi centrafricani che hanno fatto una relazione di recente sul nostro Paese, hanno citato le parole del Papa nell'omelia durante la Sua visita. Allora chiese ai gruppi armati di non usare gli strumenti di morte ma di cercare le vie del dialogo per costruire, nell'amore e nella misericordia, la pace.
In questo momento la pandemia minaccia il mondo, l'Africa in modo minore, ma ci sono guerre e paure che altrettanto sgomentano. Il Natale è luce nonostante tutto e ci dobbiamo credere nella presenza di Gesù tra noi. Questo è che ci salva e ci dà forza?
R.- Dio ha creato l'uomo per essere sempre in comunione con Lui. Poi con il peccato la vita dell'uomo ha conosciuto momenti di sofferenza e di difficoltà, ora il Natale serve proprio per comunicarci la luce e il calore che dobbiamo sempre sentire da parte di Dio. "Dio ha tanto amato il mondo da dare il Suo Figlio": e Natale è segno di questo non abbandonarci al buio, alla malattia e alla sofferenza. Dio si fa uomo per darci dignità e vita in abbondanza e la vita la troviamo solo in Lui. Apriamo allora il nostro cuore e non lo chiudiamo a causa della pandemia e delle guerre: anzi, proprio in questo momento dobbiamo ripetere "Signore vieni a salvarci, vieni in nostro aiuto" e Lui che ascolta sempre il grido degli umili, verrà. L'umanità, ora più che mai, deve saper toccare questa mano, questo cuore di Dio che vuole salvarla.
Con la comunità musulmana, in questo momento così delicato, riuscite a camminare insieme e a sostenere la popolazione?
R. - Diciamo che c'è uno spazio di dialogo con i fratelli musulmani e anche con i cristiani non cattolici che noi chiamiamo "Piattaforma religiosa" e che è una testimonianza forte per il Paese. In questa piattaforma cerchiamo l'unità e il sostegno reciproco per dialogare. In questo senso tanti fratelli musulmani come noi condannano quanto sta accadendo: quando infatti in passato si è parlato di guerra di religione, non è stato e non è vero, lo dicono solo coloro che ci vogliono sfruttare. La nostra Piattaforma invece è un modello chiaro e forte di vita insieme.
Ultimo aggiornamento 27.12.2020 ore 08.00
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