India: gli auguri di Natale del cardinale Gracias
Michele Raviart - Città del Vaticano
“Pensiamo ai poveri e alle loro difficoltà. Dobbiamo avere un cuore che sente le loro difficoltà, che le vede, e mani che vadano ad aiutare questa gente”. È questo l’auspicio dall’India del cardinale Oswald Gracias, arcivescovo di Bombay, negli auguri di Natale rivolto ai lettori di Vatican News e agli ascoltatori di Radio Vaticana. L’invito del porporato, in questo momento di festa è quello di leggere la “Fratelli Tutti” di Papa Francesco, “perché tutti gli elementi che dobbiamo ricordare in questo momento sono in questa enciclica”.
Il pensiero vada alla gente indigena
In un contesto in cui, secondo un rapporto della ong Minority Rights Group, in India aumentano gli episodi di intolleranza religiosa verso le minoranze cristiane e musulmane, e dove le condizioni dei cosiddetti “senza casta” rimangono spesso difficili, il pensiero del cardinale Gracias va alle persone più vulnerabili, non solo nel subcontinente indiano. “Ricordiamo che quando Gesù è venuto, i primi ad ascoltare questa notizia furono i pastori, cioè la gente indigena”, sottolinea. “In questo momento di Natale pensiamo loro, che tante volte noi sfruttiamo. Loro non hanno diritti, ma il momento di Natale è stato un momento di gloria per questa gente indigena”.
Accogliere il migrante e curare il creato
“Pensiamo anche ai migranti”, afferma il porporato. “Quando Gesù è venuto a Betlemme non c’era posto per lui negli alberghi, nella città”. Anche oggi, infatti, “i migranti arrivano e la nostra risposta è ‘non c’è posto per voi’. Pensiamo a queste difficoltà. Anche noi siamo migranti nel viaggio terreno”. “Gesù”, poi, è nato vicino alla natura e il Natale dovrebbe ricordarci che abbiamo l’obbligo di curare la creazione.
Il bisogno di diventare una famiglia
In India ieri è stato registrato il numero più basso di contagi da Covid-19 dall’inizio di luglio, con oltre 19 mila positivi. In tutto il Paese i malati sono quasi 11 milioni e i morti 146 mila. “Questa pandemia ha ricordato a tutto il mondo che abbiamo bisogno di diventare una famiglia, di essere tutti fratelli e sorelle”, conclude il cardinale: “Non dovrebbe esserci l’ ‘io’ e il ‘mio’, ma tutti quanti dovremmo dire ‘noi’ e ‘nostro’.
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