Fondazione Migrantes, sempre più in fuga sempre meno accolti
Francesca Sabatinelli – Città del Vaticano
Chi è in fuga, perché costretto, è sempre più respinto. Il Report sul Diritto d’asilo 2020 della Fondazione Migrantes rileva ciò che ormai è un inesorabile e triste trend: i più vulnerabili sono anche i meno protetti. Il Report, giunto alla sua quarta edizione, è nato nel 2017 per cercare di rispondere “a quanto richiesto dal Papa, ovvero dare un volto alle storie senza fermarsi ai numeri e alla loro gestione, per concentrarsi sui soggetti indicati dal Pontefice nel suo Messaggio per la Giornata Mondiale dei Migranti e del Rifugiato 2017, cioè sui più vulnerabili, i minori non accompagnati, che non devono mai rimanere senza voce”.
Le molteplici ragioni della fuga
Il numero di conflitti al mondo non è diminuito, chiusi alcuni fronti di crisi, se ne sono riaperti o riacutizzati altri e tutti questi scenari di guerre e instabilità, si legge nel testo, hanno “diverse conseguenze in comune”, oltre a quella di mietere vittime, c’è quella di “mettere in fuga un numero tanto maggiore di persone quanto più lungo e più cruento diventa il conflitto o quanto più perdurano nel tempo situazioni di insicurezza, violenza e violazione dei diritti umani”. Certamente non sono solo le situazioni di guerra a mettere in fuga popolazioni intere. Gli altri fattori sono tanti: dalle spaventose diseguaglianze economiche, alle gravi carenze alimentari, dall’impossibilità di accesso all’acqua pulita ai disastri ambientali, dal land grabbing al terrorismo. Eppure al numero sempre più crescente di persone in fuga, sono sempre meno quelle accolte in Europa e in Italia.
Numeri drammatici, i più alti dalla Seconda guerra mondiale
Con il volume - spiega a Vatican News Mariacristina Molfetta, curatrice del Report assieme a Chiara Marchetti – abbiamo proprio voluto mettere in luce che, nell'anno in cui il numero di persone in fuga da contesti sia di guerra, che di violazioni dei diritti, non è mai stato così alto dopo la Seconda Guerra Mondiale, parliamo di 80 milioni di persone, di cui 46 mila sfollati e il resto richiedenti asilo e rifugiati, in realtà le domande di asilo di quest’anno dentro l'Unione europea e l'Italia, sono più basse addirittura degli altri anni, in particolar modo i riconoscimenti”. Da una parte, spiega la Molfetta, la pandemia ha portato a una chiusura maggiore dei confini, quindi le persone in fuga da violazioni da guerre e da conflitti, in realtà hanno trovato ancora più ostacoli nella loro ricerca di protezione e sono stati lasciati fuori, esposti ancor di più a vulnerabilità. Con lo sguardo all’Italia, invece, si registra “uno dei tassi di riconoscimento più bassi di tutta l'Unione europea e quindi, sintetizzando, le persone che hanno bisogno di protezione sono di più nel mondo, ma quelle che la trovano dentro l’Unione europea e l’Italia sono sempre di meno”.
La violenza della rotta balcanica
Nel Report si legge come si calcolino attorno ai 72.500, secondo dati provvisori, gli attraversamenti “irregolari” di migranti e rifugiati registrati alle frontiere esterne dell’Unione Europea fra gennaio e settembre 2020. Si è di fronte ad un - 21% rispetto allo stesso periodo del 2019. Fra le “rotte” d’ingresso principali sono in aumento quella del Mediterraneo centrale e quella dei Balcani occidentali, ed è proprio su quest’ultima che si è concentrato lo studio. “I media nazionali – spiega ancora la Molfetta – non ne hanno praticamente parlato, ma in realtà sulla rotta balcanica, che riguarda Paesi sia dentro l'Unione europea che fuori dall’Ue, stanno avvenendo violazioni dei diritti, respingimenti a catena, grave violenza in generale rispetto alle persone che fanno domande d'asilo, di cui i media non stanno assolutamente parlando”. Ad una copertura mediatica e ad un dibattito, seppur parziale, sul mancato soccorso nel Mediterraneo, sui respingimenti e sulle azioni della guardia costiera libica finanziata dagli accordi con l’Italia, ha corrisposto un silenzio totale su ciò che sta avvenendo sulla rotta balcanica. Di qui l’esigenza delle ricercatrici di “documentare quello che succedeva” anche per dare risposte ad una errata esposizione “dei dati del Ministero dell'Interno” che documentano di domande d’asilo relative agli sbarchi, quando “da anni si cerca di spiegare che in realtà le persone sono in fuga sia via terra che via mare”. Dunque, si rende necessario “aiutare le persone a capire che in realtà in questo momento sia per chi arriva via mare, sia per chi arriva via terra, ci sono moltissime difficoltà e che alle frontiere avvengono delle violazioni dei diritti”.
Ue ed Italia devono fare di più
Il report di Migrantes chiarisce anche come la maggior parte delle persone in fuga dai conflitti sia in realtà fuori dall’Ue, l’85% si trova nei paesi limitrofi alle zone di guerra, spesso in Paesi che a loro volta vivono grandi difficoltà. Di questo 85% del totale degli 80 milioni, spiega ancora la Molfetta, “ogni anno viene stilata una lista di quali sarebbero i più bisognosi, più o meno è intorno a un milione e quattrocentomila persone, cioè quelli considerati più fragili e vulnerabili, che non ce la farebbero a superare i successivi sei mesi. A noi sembra gravissimo che realtà in tutta l'Unione europea, ogni anno, si riescano a far arrivare in sicurezza da queste situazioni tra le 25mila e le 30000 persone. Per noi è fondamentale che si apra la possibilità di far entrare in sicurezza attraverso canali sicuri, e non solo i corridoi umanitari, un numero molto più elevato di persone rispetto a quella che è la richiesta. Io credo che L'Europa, che è un continente di 500 milioni di abitanti, e l'Italia, che è un Paese di 60 milioni, possano e debbano fare molto di più”.
L’appello del Papa, in loro il volto di Gesù
L’Unione europea e l’Italia devono smettere di sembrare sempre più come una sorta di fortezza e provvedere a testimoniare i valori fondamentali, come la fratellanza, perché, è stato il richiamo di Francesco nel suo messaggio per la Giornata del migrante e del rifugiato 2020, dedicato proprio agi sfollati interni, “nei loro volti siamo chiamati a riconoscere il volto del Cristo affamato, assetato, nudo, malato, forestiero e carcerato che ci interpella. Se lo riconosciamo, saremo noi a ringraziarlo per averlo potuto incontrare, amare e servire".
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