Natale: una Luce sempre accesa, anche tra guerre e pandemia
Andrea De Angelis, Silvia Giovanrosa, Alessandro Guarasci, Amedeo Lomonaco – Città del Vaticano
Persecuzioni, guerre e pandemia non fermano il Natale. È una Luce che risplende sempre nella storia, in ogni angolo del pianeta, e si lega ad un Bambino che nasce in uno sperduto e povero villaggio della periferia dell'Impero Romano. La scena del Natale capovolge ogni schema terreno: accanto alla sacra famiglia ci sono persone povere e semplici. I potenti e il palazzo di Erode restano sullo sfondo. Scrive Papa Francesco nella Lettera apostolica “Admirabile Signum”: “Dio si presenta così, in un bambino, per farsi accogliere tra le nostre braccia. Nella debolezza e nella fragilità nasconde la sua potenza che tutto crea e trasforma. Sembra impossibile, eppure è così: in Gesù Dio è stato bambino e in questa condizione ha voluto rivelare la grandezza del suo amore, che si manifesta in un sorriso e nel tendere le sue mani verso chiunque”.
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La tregua del 1914: armi silenti davanti al Signore della pace
Quel Bambino nato a Betlemme, anche nei tempi più bui, riempie i cuori di speranza. Il Natale porta pace anche dove sembra prevalere la voce delle armi. Un episodio indelebile è la tregua del 1914 durante la Prima Guerra Mondiale. Soldati dell’esercito inglese e di quello tedesco depongono le armi e si stringono la mano. Giocano a calcio, cantano insieme le stesse canzoni natalizie e partecipano alla Santa Messa. La lettera del capitano Carter, che si trovava sul fronte occidentale nel 1914, pubblicata nel 2014 dalla Royal Mail, è una preziosa testimonianza. “Carissima mamma, (…) penso di aver assistito oggi a una delle cose più straordinarie mai viste prima. Stavo sbirciando sopra il parapetto [della trincea] - scrive- quando ho visto un tedesco fare gesti con le braccia e subito due di loro sono usciti dalla trincea venendo verso i nostri”. “Stavamo proprio per sparargli – spiega nella lettera il capitano Carter - quando abbiamo visto che non avevano fucili, così uno dei nostri uomini è andato loro incontro e in circa due minuti la porzione di terreno tra le due linee di trincee brulicava di uomini e ufficiali di entrambi gli schieramenti, che si stringevano le mani e si auguravano a vicenda un buon Natale”.
Natale ad Auschwitz, una Luce tra le tenebre
Un altro Natale, segnato da tragici eventi ma anche dalla speranza, è quello del 1944. Nel radiomessaggio del 24 dicembre, Papa Pio XII ricorda che l’umile culla di Betlemme “fa convergere verso di sé il pensiero di tutti i credenti”. “Nel fondo dei cuori ottenebrati, afflitti, abbattuti, scende, e tutti li invade, un gran torrente di luce e di gioia. Le fronti abbassate - sottolinea Papa Pacelli - si rialzano serene, perché il Natale è la festa della dignità umana”. "Ma il nostro sguardo - aggiunge il Pontefice - si porta spontaneamente dal luminoso Bambino del presepio sul mondo che ci circonda, e il doloroso sospiro dell'Evangelista Giovanni sale sulle nostre labbra: 'Lux in tenebris lucet et tenebrae eam non comprehenderunt' (Io. I, 5): La luce splende fra le tenebre". "L'alba del Natale si leva su campi di battaglia sempre più estesi, su cimiteri ove sempre più numerose si accumulano le spoglie delle vittime, su terre deserte". Quella Luce splende anche tra le tenebre di Auschwitz dove a mezzanotte del 24 dicembre un sacerdote, prigioniero nel campo di sterminio, celebra la Santa Messa. Con del materiale fornito da un prigioniero, vengono cuciti circa 200 giocattoli. Poco più di un mese dopo, il 27 gennaio del 1945, il campo di concentramento nazista viene liberato dai soldati sovietici.
Il Natale del 1944
Il Natale, durante la Seconda Guerra Mondiale, era diverso dagli altri. "Erano giorni semplici, vissuti in famiglia, dove alberi da addobbare e panettoni semplicemente non esistevano", ricorda ai microfoni di Radio Vaticana la signora Elsa Bravi, che nel 1944 aveva solo 10 anni. "Il Natale del '44 è stato diverso rispetto tutti gli altri e lo ricordo molto bene, perché nel piccolo paese dove sono cresciuta, non lontano da Roma, c'era l'occupazione tedesca. I tedeschi erano tanti, vicino casa c'era una villa dopo venivano depositate le armi, poi portate a Cassino".
Le difficoltà non mancavano, ma i bambini anche quell'anno scrissero le letterine. "Le scrivevamo - ricorda la signora Bravi - per metterle poi a tavola sotto al piatto di nonni, zii, dei papà. Erano descritte le nostre buone intenzioni ed in cambio ricevevamo qualcosina, ciò che era possibile. Non li chiamerei regali. Anche il presepe - conclude - non si faceva a casa, ma in Chiesa, dove andavamo tutti a vederlo".
Natale, tempo di vita nuova
Quello di tre anni fa è stato un Natale certamente diverso per una giovane mamma, la signora Licinia Rossi. Oggi 35enne, ricorda bene quei giorni vissuti in ospedale. "Mio figlio doveva nascere proprio la notte di Natale, ma ha pensato bene - spiega a Radio Vaticana - di ritardare un'altra settimana. Sono stati giorni difficili, avevo la febbre alta, la bronchite e per un problema ulteriore ho dovuto subire un cesareo d'urgenza".
Il bambino, Mattia, ha "deciso" di nascere non nel 2017, ma l'anno successivo: "Sì, pochissimi minuti dopo la mezzanotte. Mentre gli infermieri brindavano al nuovo anno - ricorda Licinia Rossi - lui è venuto al mondo e tutte le sofferenze dei giorni precedenti sono svanite in un istante". Il primo bambino nato quell'anno al Fatebenefratelli di Roma, tra i primissimi in Italia. "Quella settimana non la dimenticherò mai, ricordo ogni giorno e da allora le festività natalizie sono legate nella nostra famiglia anche alla nascita di Mattia", conclude la giovane mamma, non nascondendo un pizzico di emozione.
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Natale tra luoghi e tradizioni
Le tradizioni natalizie sono molto simili in diverse parti del mondo. Vi sono però usi e costumi tipici di alcuni Paesi che sono molto diversi dai nostri. In Argentina, terra natia di Papa Francesco, per esempio a dicembre è piena estate. I doni vengono portati dai Re Magi ed i bambini lasciano fuori dalla porta di casa acqua ed erba per rifocillare i cammelli. Rimanendo in Europa invece scopriamo che in Germania, Paese dove è nato Benedetto XVI, il periodo natalizio inizia l'11 novembre con la festa di San Martino. I bambini sfilano in processione lungo le strade buie della città portando ciascuno una Lanterna come a voler illuminare la via al Santo in arrivo. In Polonia, Paese natio di Giovanni Paolo II, il giorno più atteso è quello della Vigilia. La tavola viene imbandita e si servono dodici portate che simboleggiano i dodici apostoli. La cena può iniziare solo quando la prima stella appare in cielo.
In Terra Santa, il Natale non ha niente a che fare con lucine colorate ed addobbi. Nella terra dove Gesù Bambino è nato, si celebrano e tramandano riti da più di duemila anni. La chiesa cristiana di Gerusalemme celebra la Natività il 25 dicembre, quella ortodossa il 6 gennaio e quella armena il 19 gennaio.
Natale con "casa" nel cuore
È Natale anche all’Isola Solidale, una struttura a Roma che ospita persone che hanno commesso reati. Si tratta di persone che si trovano agli arresti domiciliari, in permesso premio o che, giunte a fine pena, si ritrovano prive di riferimenti familiari e in stato di difficoltà economica. Il Natale negli istituti penitenziari è sempre una festività che viene vissuta con molte limitazioni. In questo tempo scosso dalla pandemia, le limitazioni sono ancora più stringenti anche per chi è sottoposto a misure alternative alla detenzione in carcere. Lo ricorda Eraldo Neri, tra gli organizzatori di Isola Solidale, sottolineando che comunque è un Natale lontano da casa.
Oltre le oscurità del terremoto
Tra gli ospiti di questa puntata di “Doppio Click” anche monsignor Domenico Pompili, vescovo di Rieti, che ricorda il tempo natalizio del 2016. Quel Natale è stato il primo dopo il sisma del 24 agosto che ha devastato vari comuni tra cui Amatrice, Accumoli, Arquata e Pescara del Tronto. È stato un Natale francescano, essenziale: Gesùè nato tra le macerie. Un tempo che riconduce alla vera Luce: quella che proviene dal Bambino Gesù ed irrompe nella notte. Un tempo di speranza, oltre le oscurità del terremoto.
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Non c’è pandemia che può spegnere la luce del Natale
Tra i segni di luce in tempi difficili, come quelli che stiamo vivendo a causa della pandemia, ci sono il presepe e l’albero. Simboli del Natale, ha detto Papa Francesco dopo l’Angelus dello scorso 6 dicembre, che sono anche segni di speranza. “Facciamo in modo – ha detto in quell’occasione il Pontefice- di non fermarci al segno, ma di andare al significato, cioè a Gesù, all’amore di Dio che Lui ci ha rivelato, andare alla bontà infinita che ha fatto risplendere sul mondo. Non c’è pandemia, non c’è crisi che possa spegnere questa luce. Lasciamola entrare nel nostro cuore, e tendiamo la mano a chi ha più bisogno. Così Dio nascerà nuovamente in noi e in mezzo a noi”.
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