Centrafrica, Padre Bondobo: Dio ha benedetto il Paese, ora noi dobbiamo amarlo
Gabriella Ceraso e Andrea De Angelis - Città del Vaticano
Il paralitico del Vangelo, quel paragone con il Paese. La guarigione, dunque la speranza, perché “questa terra è benedetta da Dio”. L’impegno di tutti e ciascuno, il rispetto delle regole, il dialogo, ma “quello vero, che non mette da parte la giustizia”. L’importanza dell’aiuto internazionale, come di una “diplomazia forte, che difenda la sovranità di questo Paese”. Sono alcuni dei passaggi dell’intervista rilasciata a Vatican News da padre Mathieu Bondobo, Vicario Generale dell'Arcidiocesi di Bangui e parroco della Cattedrale di Nostra Signora dell'Immacolata Concezione.
Il messaggio dei vescovi
Nella Cattedrale dell'Immacolata Concezione i vescovi centrafricani domenica 17 gennaio hanno diffuso il loro messaggio a chiusura dell'Assemblea plenaria, richiamando il popolo all'amor di patria ed alla responsabilità, per tutelare le proprie ricchezze ed il bene comune. Un cammino che porti alla verità ed alla giustizia, rifiutando quelle alleanze innaturali che hanno generato caos e desolazione tra la popolazione.
R. - I vescovi hanno proprio paragonato la situazione del Paese al paralitico del Vangelo. Un uomo per terra, che non può muoversi da solo ed ha bisogno della solidarietà, dell’aiuto degli altri per mettersi in piedi e camminare. La situazione del Centrafrica è questa, le persone hanno paura, non possono lavorare bene. I giovani non possono andare a scuola. L’insicurezza non permette di andare avanti, a causa delle tante sofferenze le persone sono esasperate, sono stanche. Non siamo comunque davanti ad una fatalità, il modo di uscire c’è. Nel paralitico vediamo l’aiuto degli altri, il bene di Gesù. Anche in questa situazione di panico e stanchezza non possiamo restare fermi, ma dobbiamo trovare il modo di rialzarci. Un forte richiamo alla speranza.
L’appello dei vescovi chiede dialogo, giustizia ed anche verità per la memoria di un popolo. Per la sua storia, che spesso presenta ferite. Questo cosa significa, che cosa bisogna fare?
R. - I vescovi hanno detto che il problema esiste, ma si può uscirne. Prima di parlare del dialogo, hanno ricordato che la nostra terra è benedetta, Dio ce l’ha data ed occorre ricordare cosa è alla base della società centrafricana. L’unità, ad esempio, è minacciata. C’è il rischio di tribalismo, di divisione, di spaccare quest’unità. Occorre arrivare ad un dialogo, ma ad un dialogo vero. Non vuol dire che la giustizia sparisce, essa va applicata. Il rispetto della Costituzione, della Legge che garantisce l’armonia e l’unità. Bisogna anche capire che da una parte abbiamo tante ricchezze, ma dall’altra anche accordi firmati da altri Paesi. I vescovi hanno richiamato ad una diplomazia forte, per un Paese sovrano, libero di firmare accordi con altri Paesi ed anche di chiedere la revisione di alcuni accordi, perché se la sovranità risulta minacciata è necessario ristabilirla.
I vescovi hanno ribadito anche che la mancanza dell’amore per la patria è il male forse più grande. In questo contesto la Chiesa cosa può testimoniare, come può rinsaldare il popolo alla classe politica?
R. - Questo è uno dei punti centrali del messaggio dei vescovi, che hanno fatto appello a quello che è alla base del nostro modo di vivere. Dire che questa terra è benedetta da Dio, vuol dire amarla. Non posso cioè, come individuo, privilegiare il mio interesse personale. Avere il potere, un posto di responsabilità senza far prevalere il bene comune è pericoloso, è alla base della nostra divisione. Il bene di tutti deve essere privilegiato, ogni centrafricano deve esprimere il suo amore per il Paese, non il suo egoismo. Non dobbiamo dimenticare chi soffre per questa guerra, in condizioni drammatiche, lontano dalla propria casa.
Qual è la situazione ad oggi? Sappiamo che i vescovi si sono riuniti in condizioni di insicurezza…
R. - Dalle sei del pomeriggio alle cinque del mattino c’è il coprifuoco per garantire la sicurezza. I ribelli che hanno cercato di entrare a Bangui sono stati respinti. Alcuni però si sarebbe infiltrati tra la popolazione. C’è anche un numero verde perché si possano denunciare queste persone. Stiamo vivendo una calma apparente, che non significa sicurezza. Abbiamo saputo che le macchine sono potute arrivare al confine, questo è importante per i commerci perché negli ultimi giorni il blocco dei camion aveva fatto alzare di molto i prezzi. Bisogna poi tenere conto di tutto il territorio, non solo della capitale ed è necessario l’aiuto di tutti.
Anche della comunità internazionale? Penso alle migliaia di sfollati
R. - Il nostro Paese non è isolato, siamo proprio al centro dell’Africa, ne siamo il cuore. Il cuore ama, accoglie, ma in questa condizione di emergenza abbiamo bisogno anche degli aiuti umanitari. Tutte le persone di buona volontà che possono fare qualcosa per noi sono le benvenute in Centrafrica.
Le recenti elezioni
Lo scorso 27 dicembre il Paese si è recato alle urne per le elezioni parlamentari e presidenziali. A vincere il presidente uscente, Faustin-Archange Touadera, che ha ottenuto così il suo secondo mandato. La tensione resta però altissima, con la coalizione ribelle che rivendica il possesso di diversi centri abitati. Il 6 gennaio l’appello del Papa affinché cessino le violenze nel Paese dove, lo ricordiamo, poco più di cinque anni fa Francesco aprì la Porta Santa del Giubileo straordinario della Misericordia:
Seguo con attenzione e preoccupazione gli eventi nella Repubblica Centrafricana, dove si sono recentemente svolte le elezioni, con le quali il popolo ha manifestato il desiderio di proseguire sulla via della pace. Invito perciò tutte le parti a un dialogo fraterno e rispettoso, a respingere l’odio ed evitare ogni forma di violenza.
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