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Irlanda, inchiesta Case della Madre e del bambino: le scuse della Chiesa

Riflettere su una parte nascosta della storia irlandese che ha isolato e provocato dolore a tante donne. A parlare alla Chiesa è il primate d'Irlanda monsignor Eamon Martin, in riferimento al Rapporto della Commissione d'inchiesta sulle case di accoglienza per ragazze madri e in condizioni di disagio, con la speranza che esso possa rappresentare una lezione per non ripetere gli stessi errori nel presente e nel futuro

Isabella Piro e Anna Poce - Città del Vaticano 

In occasione della pubblicazione del Rapporto della Commissione d’inchiesta sulle Case della Madre e del Bambino, case di accoglienza destinate a ragazze madri e gestanti in condizioni di disagio, nel passato stigmatizzate, giudicate e rifutate dalla società, - atteggiamento di una cultura cui la Chiesa apparteneva -, monsignor Eamon Martin, arcivescovo di Armagh e presidente dell’Episcopato, in una dichiarazione diffusa ieri dall’ufficio stampa della Conferenza episcopale irlandese, si è scusato senza riserve con i sopravvissuti e con tutti coloro che sono stati colpiti da questa realtà. Quindi ha invitato tutti a riflettere su questo Rapporto, che mette in luce una parte nascosta della storia irlandese, mostrando l'isolamento, la segretezza e l'ostracismo sociale che hanno dovuto affrontare le "madri non sposate" e i loro figli nel Paese.

Monsignor Martin: la Chiesa rifletta e risponda

“Chiedo a tutti coloro che occupano posizioni di leadership nella Chiesa – ha scritto l’arcivescovo di Armagh - di studiare attentamente questa lunga relazione e soprattutto di riflettere sulle coraggiose testimonianze dei testimoni della Commissione”. Il Primate d’Irlanda ha invitato a chiedersi "come sia potuto accadere” e “ad identificare, accettare e rispondere alle questioni più ampie che il Rapporto solleva”.

“Dobbiamo continuare a trovare il modo di raggiungere coloro le cui testimonianze personali sono al centro di questo Rapporto” ha dichiarato, e “impegnarci a fare ciò che possiamo per aiutarli e sostenerli”. Molti di loro oggi stanno ancora tentando di ricostruire la loro storia personale e cercando i membri della loro famiglia. Essi – ha affermato l’arcivescovo - hanno il diritto “di accedere alle informazioni personali che li riguardano”. Questo diritto deve essere pienamente rispettato, ha osservato, e lo Stato deve “garantire che tutti gli ostacoli che ancora si frappongono all'informazione e al tracciamento siano superati”.

Storie da raccontare, lezione per il presente e il futuro

Per esempio, potrebbero esserci persone in possesso di informazioni sui luoghi di sepoltura, che non si sono ancora fatte avanti. “Mi rivolgo a chiunque possa contribuire in tal senso” ha osservato il presule. “Tutti i luoghi di sepoltura dovrebbero essere identificati e contrassegnati in modo che i defunti e le loro famiglie siano riconosciuti e non siano mai dimenticati”.
Monsignor Martin, congratulandosi con chi ha lottato per raccontare questa storia inquietante e dolorosa, e ringraziando chi nel tempo ha sostenuto i sopravvissuti, spera che il Rapporto possa rappresentare una lezione per il presente e per le generazioni future.
“Come Chiesa, Stato e società in generale, dobbiamo garantire insieme che, nell'Irlanda di oggi, tutti i bambini e le loro madri si sentano desiderati, accolti e amati. Dobbiamo anche continuare a chiederci - ha concluso - dove le persone di oggi potrebbero sentirsi allo stesso modo rifiutate, abbandonate, dimenticate o relegate ai margini”.

Monsignor Neary: atrocità da non ripetere  

Anche monsignor Michael Neary, arcivescovo di Tuam, in una dichiarazione, commenta  la pubblicazione, del Rapporto della Commissione di inchiesta. "Riconosco e chiedo umilmente perdono per il fallimento della Chiesa e per il dolore e la sofferenza inflitta alle donne e ai loro figli nelle Case della Madre e del Bambino a livello nazionale”. Monsignor Neary ribadisce che i dati “sono motivo di vergona, perché ci troviamo di fronte, in un periodo storico molto recente, al modo scandaloso con cui donne e bambini vulnerabili della nostra società sono stati privati di cure e dignità e sottoposti a umiliazioni”. La Chiesa “ha lo scopo di portare speranza e guarigione – continua il presule – e invece ha arrecato danno e sofferenza a molte persone” che si sono sentite “tradite e disilluse”. Duro, quindi, il monito: “La Chiesa ha fallito nella sua responsabilità di amare e custodire coloro che erano così indifesi” e quando “la Chiesa non si pone al servizio dell’uomo con compassione, allora sta fallendo”. Per questo, ribadisce il presule, “sono sinceramente rammaricato e mi scuso senza riserve”.

L’Arcivescovo ricorda, inoltre, che la “Casa dei bambini” di Tuam era proprietà del Consiglio della Contea di Galway ed era gestita dalle “Suore del Buon Soccorso”. La diocesi quindi “non ha mai avuto un ruolo amministrativo nella gestione della struttura, ma ha avuto un ruolo pastorale”, in quanto “i sacerdoti della parrocchia di Tuam vi servivano come cappellani”. Al contempo, il presule esorta alla comprensione del “crudo dolore e del danno psicologico” subìto dalle donne e dai bambini accolti nella Casa, così come richiama alla responsabilità “gli uomini che hanno generato quei figli”, sottolineando che “la Chiesa avrebbe dovuto essere più franca nel riconoscere tale responsabilità”.

Monsignor Neary si dice, poi, “inorridito” dal fatto che, nel 2017, nel sito di Tuam, siano stati scoperti “resti umani corrispondenti, temporalmente, alle attività della Casa”, una scoperta che rivela “l’enorme sofferenza e dolore dei bambini e delle loro madri”. Si tratta, tra l’altro, di sepolture che non risultano nel “Registro ufficiale dei defunti”, una discrepanza che “ha causato comprensibilmente il massimo sdegno”. Per questo, l’Arcivescovo esorta a compiere tutti i passi necessari per giungere “alla scoperta della verità”, affinché “si possano prendere le misure appropriate per guarire le ferite del passato ed andare avanti insieme”. Rendendo, quindi, omaggi a tutti coloro che hanno lavorato alla realizzazione del Rapporto di inchiesta, offrendo “dignità, giustizia e verità ai defunti ed alle loro famiglie”, l’arcivescovo irlandese auspica che “simili atrocità non si ripetano mai più” e che si operi maggiormente “a servizio del bene comune”.

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13 gennaio 2021, 12:29