Padre Koprowski, "da un Paese lontano" alla Radio del Papa
Alessandro De Carolis e Adriana Masotti – Città del Vaticano
Una salute seriamente compromessa cui è stato fatale il contagio del Covid. Si è spento così oggi, all’ospedale di Varsavia, padre Andrzej Koprowski, 81 anni il prossimo marzo, gesuita polacco originario di Lodz, che dal 2003 al 2015 ha guidato prima come assistente e poi come direttore i programmi della Radio Vaticana, subentrando a padre Federico Lombardi nominato direttore generale.
Gli anni in Polonia
Dopo gli studi di Filologia all’Università di Varsavia, nel 1961 il religioso entra nella Compagnia di Gesù e nel ’69 viene ordinato sacerdote. Per una decina d’anni, fino al’79, è cappellano degli studenti nell’ateneo di Lublino – dove aveva insegnato Karol Wojtyla – quindi rettore del collegio di Teologia dei Gesuiti a Varsavia. A Roma approda una prima volta nel 1983 in veste di assistente al generale dei Gesuiti per l’Europa Centro Orientale. Vi resta fino all’89, quando con la caduta del Muro di Berlino inizia una stagione di rinascita che vede padre Koprowski tra i protagonisti del suo Paese.
Dalla rinascita post-comunista alla Radio Vaticana
Tornato in patria, padre Andrzej ricostruisce l’informazione cattolica annientata dal regime comunista, diventandone il direttore sia per quanto riguarda la programmazione televisiva sia per quella dell’emittente statale. Vi resta fino al ‘97, quando la Compagnia di Gesù gli chiede di guidare come superiore provinciale i Gesuiti della Provincia Nord della Polonia. Nel 2003 torna a Roma e dopo un paio d’anni come assistente assume la carica di direttore dei Programmi della Radio Vaticana. Nelle redazioni dell’emittente papale padre Koprowski contribuisce a risintonizzare l’informazione multilinguistica sulle esigenze della globalizzazione che comincia a bussare anche alla porta del giornalismo vaticano. Dunque non più palinsesti calibrati sulla matrice “italiana” fino ad allora prevalente ma rimodulati per dare spazio ai continenti e alle loro specifiche problematiche.
Lombardi: ho sempre apprezzato la sua profondità spirituale
Padre Koprowski lascia la Radio Vaticana nel 2015 e rientra in Polonia dove per lungo tempo resta in attività nel settore mediatico come autore di articoli e traduttore di libri, oltre a esercitare il ministero di confessore e direttore spirituale. Di queste sue più recenti attività parla, ai microfoni di Vatican News padre Federico Lombardi, anche lui gesuita, che Koprowski sostituì alla Direzione dei Programmi nell'emittente del Papa, ma l'attuale presidente del Consiglio di amministrazione della Fondazione vaticana Joseph Ratzinger - Benedetto XVI, descrive anche la sua grande profondità spirituale e la sua capacità di leggere la realtà e le vicende della Chiesa e del mondo e le loro conseguenze sulla vita delle persone. Padre Lombardi lo ricorda nel ruolo di collaboratore, ma anche di apprezzato consigliere e sottolinea, inoltre, l'amicizia che legava padre Koprowski a Papa Giovanni Paolo II, tanto da essere da lui invitato più volte a pranzo per uno scambio di pareri e di informazioni.
R. - Padre Koprowski è stato una grossa personalità della vita religiosa anche nell'ordine dei gesuiti: a parte il lavoro come comunicatore presso la televisione nazionale polacca, lui era stato prima cappellano degli studenti universitari, rettore della comunità degli student gesuiti a Varsavia, assistente del padre generale per tutta l'Europa Orientale, provinciale dei gesuiti della Provincia di Varsavia. Ecco, quindi una persona che aveva avuto incarichi di grande responsabilità e che conosceva bene personalmente anche Papa Giovanni Paolo II già dal tempo del suo lavoro apostolico in Polonia e Giovanni Paolo II, infatti, ogni tanto lo invitava anche a pranzo da lui per conversare su argomenti su cui voleva sentire la sua opinione, quindi era un uomo di grande esperienza e di grande consiglio a livello della vita religiosa della Compagnia di Gesù, ma anche della Chiesa in Polonia. Per questo la sua venuta alla Radio Vaticana rappresentò un grande dono. In realtà egli venne perché dopo aver terminato il compito di provinciale dei gesuiti a Varsavia, aveva avuto un grave tumore alla prostata e un'operazione chirurgica che riuscì a fermare il male, però lui la considerava quasi una guarigione inaspettata, perché aveva pensato di perdere la vita in quel momento. E allora tutti gli anni che lui visse dopo i 65 anni, quindi dal tempo in cui fu con noi alla Radio, lui li considerava realmente come un dono non dovuto e inaspettato, come un tempo di aggiunta, se così si può dire, alla sua vita. Per noi che lo conoscevamo da un punto di vista anche umano e spirituale, risultava una persona di una spiritualità e di una fede grandissima. Io lo apprezzavo moltissimo per la sua profondità culturale e religiosa, aveva una grande ampiezza culturale, si era occupato molto anche dei problemi dell'Europa e della Polonia in Europa, aveva anche promosso delle scuole di formazione per giornalisti. Ma questo sempre con una profondità di prospettiva molto grande nella chiave della fede cristiana e questo è, infatti, anche quello che lui ha continuato a fare dopo aver terminato il suo servizio alla Radio.
Ricordo che uno degli aspetti su cui insisteva con noi giornalisti della Radio vaticana era l'attenzione alla vita della Chiesa e delle Chiese locali sempre in cammino. Ricordo che parlava spesso del "dinamismo nella Chiesa"...
R. - Sì, padre Koprowski era una persona estremamente consapevole della realtà di oggi, del cambiamento dei tempi, delle grandi domande dal punto di vista culturale e sociale, della politica internazionale e così via, perché era un uomo di grande cultura e di grande attenzione e voleva, quindi, che anche i giornalisti della Radio Vaticana o quelli che si occupavano dei problemi del mondo di oggi, lo facessero con consapevolezza, ma anche sempre, come io amo dire, con profondità, cioè a lui non interessava tanto, diciamo, la notizia particolare dell'ultimo momento quanto il significato degli avvenimenti, la loro portata, il loro influsso sulla vita delle persone, sulla loro mentalità come cristiani, ma anche come uomini responsabili del nostro tempo. Questo certamente era ciò che io anche desideravo molto, quando venne a sostituirmi, cioè una persona che non si limitasse all'aspetto tecnico della comunicazione, che cambia dal punto di vista degli strumenti a disposizione, e neanche ossessionata dalla notizia dell'ultimo momento, ma una persona che cercasse di leggere il significato di quello che avviene e di stimolare i giornalisti a porsi delle domande e a porle agli altri sulle conseguenze dei movimenti profondi, di quello che succede nel nostro tempo e sul significato che hanno per la vita morale e spirituale delle persone e naturalmente anche della Chiesa.
Negli ultimi anni, lei ha avuto occasione di sentire padre Koprowski? C'è qualche particolare che può dirci ancora sull'ultima fase della sua vita?
R. - Certo, io ero molto legato a lui e tutte le volte che mi capitava di andare in Polonia, più di una volta a dire il vero per l'attività della Fondazione Ratzinger, andavo a trovarlo, e uno stimolo ad andare in Polonia era il fatto di andare a parlare con lui, a chiedergli il suo consiglio su tutto quello che poteva riguardare le questioni della vita ecclesiale e culturale in Polonia. Proprio perché era una delle persone che stimavo di più, che conoscevo meglio e che poteva darmi dei pareri che fossero del tutto liberi e obiettivi, anche perché lui ormai non aveva più delle responsabilità dirette, e quindi viveva come attento osservatore, ma ad un piano di osservazione veramente superiore dal punto di vista sia culturale sia soprattutto spirituale.
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