Portogallo, eutanasia. Leader religiosi: battuta d’arresto della civiltà
Davide Dionisi - Città del Vaticano
Non si placano le proteste nei confronti del voto di venerdì scorso che ha visto il Parlamento portoghese approvare il disegno di legge che depenalizza l’eutanasia e il suicidio assistito.
Dopo la dura nota dei vescovi attraverso la quale hanno espresso “tristezza e indignazione”, è arrivata a stretto giro anche la ferma posizione di “Religioni e Salute” (GTIR), ovvero l’organismo interreligioso formato dai rappresentati cattolici, induisti, islamici, ebrei, buddisti, dell'Alleanza evangelica, della Chiesa di Gesù Cristo dei Santi degli Ultimi Giorni, del Patriarcato ecumenico di Costantinopoli, e dell’Unione degli Avventisti del Settimo Giorno. “Rafforzeremo il nostro impegno affinché venga ovunque proclamato il valore della vita” scrivono in un documento ufficiale inviato all’agenzia stampa della Conferenza Episcopale Portoghese, Ecclesia. “Ogni essere umano è unico, irripetibile, insostituibile e necessario alla società a cui appartiene” sottolineano. “Non esistono vite usa e getta” ammoniscono.
Non morte su richiesta ma accompagnamento della vita
Gli esponenti di GTIR spiegano che i portoghesi sono fortemente provati dallo tsunami di una pandemia che ha generato morte e disperazione. “E’ una popolazione stordita dal suono delle ambulanze che corrono da una parte all’altra per assistere malati costretti poi ad attendere ore ed ore in attesa di cure. Pensiamo alla loro disperazione e all’angoscia dei familiari” si legge nella nota che continua puntando l’indice contro “l’indifferenza” mostrata nei confronti di uno scenario come quello descritto che ha portato “una maggioranza (relativa) dei deputati a proporre ai portoghesi una legge per morire (o uccidere?). Quella, appunto, sull’eutanasia”. Secondo i rappresentanti del Gtir “E’ necessario sostenere, accompagnare, prendersi cura delle persone malate, vulnerabili e fragili. Quello che invece l’Assemblea parlamentare ha offerto come via d’uscita alla persona che soffre è la morte su richiesta. Cosa possiamo aspettarci, considerate le difficoltà di accesso all’assistenza sanitaria, la povertà diffusa, la mancanza di una rete di solidarietà e la presenza di case di cura per anziani che non sono altro che presidi inutili?”. Gli esponenti del Gtir parlano di “nichilismo morale”, “relativismo etico”, “individualismo”. La sola risposta è il sostegno a chi soffre: “L’esperienza dell'accompagnamento compassionevole è una forma di aiuto e di vicinanza non solo materiale, ma anche umana e spirituale. La vita ha un valore sacro e questo è uno dei grandi insegnamenti delle grandi tradizioni religiose” conclude la nota.
Grazie per aver letto questo articolo. Se vuoi restare aggiornato ti invitiamo a iscriverti alla newsletter cliccando qui