Presentazione del Signore. Mantegna e l'annuncio della croce
Paolo Ondarza - Città del Vaticano
Il primo annuncio della croce narrato dal Vangelo. E’ il racconto della presentazione al tempio di Gesù. La Sacra Famiglia, assolvendo alla legge di Mosè, porta Gesù a Gerusalemme dove incontra Simeone.
La spada che trafigge l'anima
L’anziano profeta dice che il Bambino è “qui per la caduta e la risurrezione di molti in Israele e come segno di contraddizione affinché siano svelati i pensieri di molti cuori”. Poi rivolto a Maria aggiunge “anche a te una spada trafiggerà l'anima”. Rifiuto, smarrimento e infine accettazione del dolore e della morte, vissuti nella fede e nella speranza. C’è tutta questa gamma di sentimenti in ognuno di noi al cospetto della croce. Emozioni e stati d’animo che il pennello di Andrea Mantegna nel 1455 riesce a concentrare nell’esiguo spazio di 68,9x86,3 cm, tanto misura la tempera su tavola conservata alla Gemäldegalerie di Berlino.
Oltre lo spazio dipinto
I personaggi, come scolpiti in un bassorilievo, appoggiati su una cornice marmorea, sembrano sconfinared allo spazio dipinto a quello reale. Il pittore li rappresenta a mezzobusto concentrando l’attenzione sugli occhi e sulle mani, sul vedere e sull’agire, sulle relazioni che intercorrono tra loro. “Mantegna – spiega a Vatican News monsignor Vincenzo Francia, docente di Iconografia Mariana alla Pontificia facoltà “Marianum” di Roma e autore del libro “Maria attraverso la pittura” edito da Paoline – mette in risalto il momento più tragico del racconto evangelico".
Sguardi, gesti e sentimenti
"Simeone con uno sguardo intenso prende in braccio il Bambino e ringrazia Dio di avergli consentito di vedere la salvezza prima di morire; poi preannuncia che quel neonato è la luce del mondo, incontrerà l’opposizione delle tenebre e sarà segno di contraddizione”. Maria “partecipa e coglie il dramma che si sta per aprire davanti alla sua vita e a quella del Figlio. Da una parte vorrebbe consegnare il Bambino al profeta, ma dall’altra desidera tenerlo per sé. Lo sguardo della Vergine sembra perso”. L’altissima tensione psicologica è affidata da Mantegna all’intensità degli sguardi, enfatizzata dal fondo scuro della tavola: dal pianto contenuto del Bambino, al volto accigliato di Giuseppe, fino allo smarrimento di Maria.
Arte è partecipazione
Nella scena è presente ogni uomo. “L’arte non è solo insegnamento, ma partecipazione e liturgia. E’ un invito ad entrare e partecipare dell’evento che ricordiamo e celebriamo”. Mantegna inserisce nel quadro il mondo degli affetti più intimi, i volti familiari di chi ama. Nella donna voltata sulla sinistra rappresenta la moglie Nicolosia, sorella del pittore Giovanni Bellini: “è una figura femminile che non vuole guardare, si rifiuta di accettare la prospettiva della croce e l’idea che l’amore per realizzarsi debba passare anche attraverso la sofferenza”. L’autore che conoscerà il lacerante dolore della perdita di due dei suoi quattro figli, si autoritrae nel giovane sulla destra rivolto a contemplare le quattro figure aureolate. La scelta di vestire i personaggi secondo la moda veneta del Quattrocento è una conferma del messaggio che il dipinto vuole trasmettere: nel racconto evangelico ci siamo anche noi.
Vangelo, Parola viva sempre
“Questa è la liturgia”, commenta monsignor Francia. “Noi non ripetiamo la morte di Cristo, ma siamo presenti e partecipiamo all’avvenimento della salvezza, accaduto una volta per sempre”. L’attualità del Vangelo, il suo essere valido e immutabile ieri, oggi e sempre ha portato sempre la Chiesa ad una costante attenzione verso il rinnovamento dei codici espressivi dell'arte. “E’ una costante del nostro linguaggio comunicativo: vale per la parola, per l’architettura, per la musica, per la pittura e la scultura. Il grande mistero dell’arte che nel Rinascimento e in quest’opera di Mantegna in particolare tocca uno dei suoi vertici massimi è quello di saper coniugare Bellezza e Verità, per aprire la strada al bene che si realizza anche attraverso la via della croce”.
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