Bosnia- Erzegovina, operativo il refettorio della Caritas ambrosiana
Lisa Zengarini - Città del Vaticano
Grazie ai fondi raccolti dalla Caritas Ambrosiana gli oltre 900 sfollati del campo bosniaco di Lipa, devastato il 23 dicembre scorso da un incendio, possono finalmente mangiare un pasto al caldo dopo due mesi passati al gelo, senza acqua, elettricità e servizi igienici. Come riferisce riferisce un comunicato dell'organizzazione, da venerdì scorso è infatti operativo un refettorio allestito in una tensostruttura che è diventata anche un luogo di socializzazione per i migranti, provenienti per lo più da Pakistan e Afghanistan.
Secondo Sergio Malacrida, responsabile dei progetti nell’Est Europa per Caritas Ambrosiana si tratta di un primo passo verso condizioni di vita più umane: “Finalmente, i profughi possono iniziare ad intravvedere una luce in fondo a quel tunnel in cui sono finiti il 23 dicembre, quando le fiamme hanno distrutto il primo insediamento autorizzato dal governo, un luogo che per altro non sarebbe stato adatto per l’inverno tanto che l’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim) lo aveva abbandonato per protesta – spiega -. Ora può iniziare un nuovo capitolo”.
La situazione sanitaria ancora molto precaria
Resta da monitorare la situazione sanitaria ancora molto precaria, aggravata dalla minaccia della pandemia di Covid-19 che ha colpito duramente anche la Bosnia. Nei giorni scorsi sono state consegnate medicine. È stata donata un’ambulanza all’ospedale locale e allestita una tenda per i casi di emergenza che al momento viene utilizzata per isolare le persone affette da scabbia, malattia che si è molto diffusa tra i migranti a causa delle precarie condizioni igieniche in cui sono costretti a vivere.
Di fronte all’ostilità delle autorità locali a riaprire il campo profughi di Bihac, la cittadina più vicina, il governo di Sarajevo ha stabilito di realizzare proprio a Lipa un campo ufficiale che è tuttavia una località isolata e resta comunque una soluzione transitoria per i migranti decisi a proseguire il loro viaggio verso l’Europa.
“Abbiamo iniziato distribuendo legna da ardere, perché nelle prime settimane i migranti non avevano più un tetto sotto il quale ripararsi e con il gelo non sapevano come riscaldarsi se non accendendo falò in mezzo alla neve. Appena le condizioni lo hanno reso possibile abbiamo portato i farmaci. Ora abbiamo allestito la tenda refettorio per offrire un luogo caldo per i pranzi e la socializzazione. In futuro vedremo”, spiega Luciano Gualzetti, direttore di Caritas Ambrosiana. “Quello che è certo e che, come facciamo sempre, anche in questa occasione non ci accontenteremo di interventi a breve termine. Rimarremo accanto a queste persone per tutto il tempo che sarà necessario”.
Attualmente la Caritas, la Croce Rossa e le Acli, sono tra le poche organizzazioni umanitarie presenti a Lipa per assistere i profughi.
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