San Giovanni di Dio: solidarietà e amore, prima medicina per i malati
Marina Tomarro - Città del Vaticano
“Fate del bene a voi stessi! Fate bene, fratelli!". Era questo il modo di chiedere la carità tra le strade di Granada in Spagna di San Giovanni di Dio, un uomo rapito dall’amore per i più fragili, per i malati e i bisognosi.
Una vita dedicata ai più poveri
Nato a Montemor-o-Novo in Portogallo, nel 1495 all’età di 8 anni si allontana dalla casa paterna, assieme a un chierico, e si trasferisce in Spagna a Toledo, dove viene accolto da una famiglia di allevatori di bestiame. Fino ai vent’anni si dedica alla pastorizia, poi parte come soldato. Nel 1539, dopo aver ascoltato una predica di San Giovanni d’Avila, vive dentro di sé una profonda conversione: le sue manifestazioni di fede lo fanno scambiare per un folle, tanto da venire rinchiuso nell’Ospedale Reale di Granada, dove vive in prima persona i maltrattamenti all’epoca riservati ai malati di mente. Proprio da quell’esperienza dolorosa nasce il desiderio di dedicarsi alla cura dei malati poveri e al recupero dei più bisognosi, trattati con attenzione e solidarietà. Fonda il suo primo ospedale a Granada nel 1539, "la casa di Dio" assieme ai primi compagni, organizza l’assistenza secondo le esigenze di quelli che considera i suoi poveri. È l’inizio di un lunghissimo percorso. Oggi la sua missione di carità viene portata avanti dai religiosi in 50 Paesi dei 5 continenti, insieme a 63 mila collaboratori e 23 mila volontari: circa 400 strutture sanitarie e assistenziali assicurano ogni giorno un posto letto a 30 mila persone nel mondo.
Locande al servizio della vita
“Degli insegnamenti di San Giovanni di Dio – spiega fra Dario Vermi, postulatore generale dell'Ordine Ospedaliero di San Giovanni di Dio - Fatebenefratelli – rimane tutto. Se dopo cinquecento anni nella storia della Chiesa e della società ci siamo ancora è perché siamo riusciti a rimanere fedeli al mandato del nostro fondatore, cioè di riportare al centro dei nostri ospedali il malato come persona, che deve essere compresa e curata. Papa Francesco, quando ha incontrato i partecipanti al capitolo generale del nostro Ordine, nel febbraio nel 2019, ci ha ricordato che le nostre strutture devono essere locande al servizio della vita, della tenerezza e dell’attenzione che dobbiamo alle vittime dello scarto della società".
La pandemia come riscoperta della solidarietà
E la pandemia ha messo a dura prova tutti i servizi sanitari e anche il Fatebenefratelli ha dovuto trovare una nuova strada per stare vicino ai suoi malati “A causa del covid-19 – continua fra Dario – troppi malati hanno dovuto sperimentare la durezza dell’isolamento, il non poter ricevere neppure una carezza di conforto. Questa situazione all’inizio ci ha scombussolato, ma poi è stata anche un’occasione per far emergere tutto il buono che c’è. Abbiamo visto tanti operatori sanitari operare non tanto per il ruolo che avevano ma per la missione di curare il prossimo che sentono dentro. Ed è proprio la riscoperta di questa solidarietà che permette una buona gestione e un buon risultato delle cure”
L’aiuto del Fatebenefratelli al Camerun
E come ogni anno in occasione della Solennità del Fondatore, il superiore generale dell’Ordine di San Giovanni di Dio, Fra Jesús Etayo, ha lanciato una campagna di solidarietà che per quest’anno sarà a sostegno dell’Ospedale di Batibo in Camerun. L'Ordine religioso è presente nel Paese africano dal 1968 con la fondazione dell’Ospedale di Nguti nella regione occidentale e, 15 anni dopo, con il centro di Batibó, nella zona rurale del nordovest del Paese. Più recentemente sono stati costruite altre due strutture nella periferia di Douala: l'ambulatorio di Boko e, nel 2012, il centro ospedaliero di Yessa, specializzato nella riabilitazione e nell’assistenza materno-infantile.
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