Perù, Caso Estrada. Vescovi: eutanasia è sempre una strada sbagliata
Davide Dionisi - Città del Vaticano
“In qualunque condizione fisica o mentale si trovi, l’uomo mantiene la sua dignità originaria di essere creato a immagine e somiglianza di Dio". La risposta dei vescovi peruviani al caso Ana Estrada è affidata ad un comunicato ufficiale nel quale viene ribadito che “La Chiesa, a imitazione di Gesù, il Buon Samaritano, assisterà, curerà e accompagnerà sempre i malati, nella certezza che tutta la vita umana è inalienabile e ha un valore infinito perché è un dono di Dio”. Secondo i presuli “la terribile esperienza della pandemia che stiamo vivendo, e che ha causato la morte di migliaia di connazionali, ci ha uniti nell'instancabile sforzo di salvare la vita, e tutta la vita, fino all'ultimo momento, senza alcuna distinzione o eccezione, perché siamo guidati dall'amore verso il prossimo e riconosciamo in ogni paziente lo stesso Cristo che soffre nella carne del fratello”.
La vicenda e la sentenza
Con una sentenza emessa nei giorni scorsi un giudice ha ordinato di depenalizzare l'eutanasia per il caso di Ana Estrada, la prima persona ad aver chiesto in Perù di poter decidere quando morire attraverso assistenza medica. Il giudice ha tuttavia respinto la richiesta di creare un protocollo per futuri casi simili. Da circa due anni, Estrada è diventata un’attivista per la propria causa attraverso il suo blog "Ana Busca La Muerte Digna" (Ana cerca una morte degna). Nel Paese, però, l'atto di porre fine alla vita di una persona che chiede espressamente e consapevolmente la morte costituisce un reato punibile con 3 anni di reclusione.
Quando la sofferenza diventa una offerta
“Comprendiamo la sofferenza che Ana sta patendo” riferisce la nota della Conferenza episcopale. “Esprimiamo la nostra vicinanza e assicuriamo la nostra preghiera. Ma in queste circostanze è bene ricordare la testimonianza di tante persone che hanno vissuto il mistero del dolore e della malattia dall'esperienza della loro fede, trovando in essa il senso della loro sofferenza, trasformando il letto dell'ospedale o della loro casa in un autentico altare, da cui si proclama il valore della vita, insieme ai suoi parenti e a quanti si sono prodigati per curarli”.
Eutanasia atto orrendo sempre, Lo Stato difende la vita
I vescovi ribadiscono che: “L'eutanasia sarà sempre una strada sbagliata, perché è un attacco contro il diritto inalienabile alla vita, causa direttamente la morte di un essere umano e quindi è un atto intrinsecamente orrendo in tutte le occasioni e circostanze”. Richiamando i principi costituzionali, lo scritto precisa che “l'obiettivo supremo della società e dello Stato è la difesa della persona umana e il rispetto della sua dignità. Questo è prendersi cura, rispettare e promuovere la vita dal concepimento al suo termine naturale, pertanto, nessuna autorità può legittimamente intervenire in materia. Non dovrebbe essere tollerato che un organo dello Stato cerchi di cambiare una norma costituzionale e promuovere azioni contro questo sacro principio” tuonano i vescovi.
Valorizzare i progressi della medicina
Segue l’appello affinché tali decisioni non vengano condivise. “Dobbiamo esigere il rispetto dell'obiezione di coscienza” specificano, aggiungendo che “lo straordinario e progressivo sviluppo delle tecnologie che hanno accresciuto in modo esponenziale le capacità cliniche della medicina nella diagnosi, terapia e cura del paziente deve essere valorizzato, considerato come bene prezioso, per aiutarci a combattere, così come sottolineato da Papa Francesco, tutto ciò che rende la morte ancora più carica di dolore e solitudine”. Infine l’invito a “porre lo sguardo sul Buon Samaritano, affinché nel nobile servizio di cura dei nostri fratelli ammalati, possiamo essere segno di speranza e fermento di unità attorno ai nostri valori più alti”.
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