Palermo, messa per le vittime delle stragi di 29 anni fa
Alessandra Zaffiro - Palermo
“Era un sabato pomeriggio, ero in macchina, poco più che ventenne, stavo andando a messa e alla radio sentii la notizia della deflagrazione a Capaci. È una cosa che mi ha segnato. Tutti ricordano esattamente cosa facevano nel momento in cui sentirono la notizia di questa strage, vuol dire che questo momento ha segnato la coscienza di tantissimi e la storia personale di ognuno di noi”. Così padre Sergio Catalano, rettore della Chiesa di San Domenico a Palermo, il Pantheon dei siciliani illustri, che accoglie le spoglie di Giovanni Falcone, ricorda la strage di Capaci. Quel 23 maggio del 1992 insieme al giudice persero la vita sua moglie, Francesca Morvillo, anche lei magistrato, e gli agenti di scorta, i poliziotti Rocco Dicillo, Antonio Montinaro e Vito Schifani. Anche quest’anno padre Catalano celebrerà la messa in suffragio delle vittime di Capaci e quelle della strage di via D’Amelio, che avvenne due mesi dopo, il 19 luglio del ’92, e in cui morirono il giudice Paolo Borsellino e gli agenti di scorta della Polizia di Stato Emanuela Loi, Walter Eddie Cosina, Claudio Traina, Vincenzo Li Muli e Agostino Catalano.
La prima commemorazione delle stragi a pochi giorni dalla Beatificazione del giudice Livatino
Fitto il programma di manifestazioni organizzato dalla Fondazione Falcone per il 29simo anniversario, con il tradizionale appuntamento all’aula bunker del carcere Ucciardone, al quale parteciperà anche il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Questa è la prima commemorazione da quando il 9 maggio scorso, il giudice Rosario Livatino, primo magistrato Beato nella storia della Chiesa, è salito agli onori degli altari. Per padre Sergio “la canonizzazione di Rosario Livatino ci dice che non abbiamo terminato di lavorare per la giustizia, per il bene comune, contemporaneamente ci dice che c’è gente che non si è tirata indietro. È una sorta di incoraggiamento a non desistere e a non mollare la presa”. “Ricorderemo queste persone - spiega padre Catalano - attraverso il modo più grande e misterioso che Cristo ci ha lasciato, attraverso la celebrazione eucaristica. Un atto che ci aiuta a fare memoria innanzi tutto di Cristo, che è Colui che ci ha regalato la possibilità di entrare nel Cielo attraverso le azioni sacramentali”.
L’eredità dei giudici Livatino, Falcone e Borsellino
Il giudice Livatino, oggi Beato, collaborò nelle grandi indagini sulle mafie internazionali a stretto contatto con Falcone e Borsellino. L’eredità lasciata dai tre magistrati, secondo padre Catalano è “una sorta di passione per quello che facevano e vivevano, riuscire ad abbracciare la propria vocazione. Il Beato Pino Puglisi ricorda che lo Spirito Santo in noi è manifestato attraverso la vocazione. La vocazione, in termini più umani, è un’inclinazione che Dio mette dentro di noi ed è fortunato chi riesce ad abbracciarla integralmente”. Nel loro lavoro Livatino, Falcone e Borsellino, sostiene padre Catalano, “hanno manifestato questo dono, questa capacità di abbracciare la propria vocazione e di portarla avanti, tristemente diremmo nel loro caso, fino alle estreme conseguenze ma la cosa bella in realtà è che manifesta questa integrità possibile sulla terra. È la cosa che dovrebbe essere di speranza per tutti”.
Presenza e testimonianze di fedeli nella Chiesa dove riposa Giovanni Falcone
Dal 2015 Giovani Falcone riposa nella Chiesa di San Domenico: “Una sorta di progetto ardito – ricorda padre Catalano – perché in qualche modo rimettevamo a fuoco questa funzione supplementare della chiesa; per me però era sempre in ordine ad un segno evangelico da porre in questa chiesa: volevo partecipare come membro di una comunità a questa collettività che si espone nei confronti di coloro che lavorano per la giustizia. In San Domenico - spiega padre Sergio - abbiamo visto un flusso di turisti, devoti, ma anche gente di passaggio che, incuriosita, attira non pochi. Il fatto stesso che attraverso questa presenza si entri in uno spazio come una chiesa – prosegue il Rettore di San Domenico - già non è poco. Mi ha colpito il fatto che, come all’albero Falcone in via Notarbartolo, anche qui noi raccogliamo tanti bigliettini che conserviamo. Bigliettini in italiano, in tante lingue, anche orientali. Il che è significativo: questa idea della giustizia, che la chiesa tenga dentro il proprio spazio figure del genere, interroga. In un tempo in cui le parole che possiamo dire hanno pochissima forza a volte, forse gli spazi, l’arte, l’architettura, sono luoghi che possono dare un maggiore valore a una certa testimonianza. I risultati sono commoventi: tanta gente che si inginocchia, che rimane un po’ in preghiera davanti a quella sepoltura. Ritrovarsi in occasione della Messa in suffragio delle vittime delle stragi di Capaci e via D’Amelio - conclude padre Catalano - è come dire che noi siamo sempre qua e rilanciamo l’importanza della presenza”.
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