Missionaria uccisa in Perù: l’ultimo saluto di Schio
Alessandro Di Bussolo – Città del Vaticano
Nadia è tornata a Schio per l’ultima volta, dal Perù, come faceva ogni tanto quando era viva, per incontrare mamma Teresina e papà Remigio, le sorelle Vania e Sonia, e i tanti amici dell’Operazione Mato Grosso (Omg). Amici che dall’Italia sostenevano i suoi progetti per i bambini più poveri dei villaggi delle Ande prima, e da 5 anni per quelli delle famiglie emigrate sulla costa, attirate da un sogno di prosperità che presto si trasforma in un incubo, nella baraccopoli dei 50 mila di Nuevo Chimbote.
L’arrivo del feretro sabato all’aeroporto di Fiumicino
Il feretro della missionaria laica aggredita con inaudita violenza dieci giorni fa nella sua camera del centro educativo “Mamma mia”, del quale era responsabile, e morta per le ferite il 24 aprile all’ospedale di Lima, è arrivato sabato primo maggio intorno alle 12 all’aeroporto di Fiumicino. L’accompagnavano dal Perù il vescovo ausiliare di Huari Giorgio Barbetta, anche lui dell’Omg, che ha visto Nadia impegnata per molti anni con i bambini del villaggio andino di Chambara, don Lino Faccin e don Armando Zappa, sacerdoti missionari del movimento, e Angelo Dal Bianco e Nancy Marangon, due volontari permanenti e amici di Nadia.
Domenica e lunedì mattina la camera ardente nel duomo
Dopo il saluto dei familiari, del sindaco di Schio e di alcuni rappresentanti dell’Omg, il feretro di Nadia e i suoi accompagnatori sono stati portati in auto a Schio, dove in serata è stata allestita, nel duomo di San Pietro, la camera ardente. La città potrà rendere omaggio alla volontaria 50enne, che ha trascorso più della metà della sua vita tra gli ultimi del Perù, dalle 8 alle 20 di oggi e dalle 8 alle 12 del 3 maggio.
Le esequie lunedì alle 16 nel palasport di Schio
Il funerale verrà celebrato lunedì alle 16 nel Palazzetto dello Sport Livio Romere di Schio, dal vescovo di Vicenza, monsignor Beniamino Pizziol, con monsignor Barbetta e gli amici sacerdoti che potranno intervenire. La partecipazione sarà limitata agli spazi disponibili, nel rispetto del protocollo sanitario per le liturgie, ma la Messa sarà trasmessa in diretta sul canale YouTube della Diocesi di Vicenza, e successivamente Nadia riposerà nel cimitero di Schio. Oggi la Diocesi invita tutte le comunità cristiane ad un ricordo nella preghiera, durante le celebrazioni domenicali, per Nadia, per padre Christian Carlassare, missionario e vescovo vicentino ferito in Sud Sudan e per tutti i missionari e le missionarie sparsi nel mondo.
Don Refosco: entrava col cuore nei drammi delle famiglie
Prima dei cittadini e degli amici di Schio, martedì scorso, è stata la gente di Nuevo Chimbote a dare l’ultimo saluto alla maestra arrivata nel 1995 in Perù per restarci come missionaria. Ad accogliere la sua bara portata da Lima in serata, anche don Raffaele Refosco, vicentino come Nadia, ma di Trissino, 34 anni, in Perù da 2008 come volontario dell’Operazione Mato Grosso, quando ne aveva solo 21, e sacerdote missionario dal 2015. Don Raffaele opera nella comunità andina di Marcarà, nella diocesi di Huaraz, e come tutti i preti legati all’Omg in Perù, martedì scorso è sceso dalle montagne per dare l’ultimo saluto terreno all’amica Nadia, tra la sabbia del deserto alle porte di Chimbote, e le baracche di quella che i peruviani chiamano “invasione”. Così racconta a Vatican News, in questo commuovente ricordo dell’amica missionaria uccisa, le veglie di preghiera e l’omaggio dei piccoli dei sei asili di Nuevo Chimbote che la De Munari gestiva, delle loro famiglie, dei volontari e dei sacerdoti che lavoravano con lei nell’Omg.
R.- Arrivare a Chimbote è stato qualcosa di sorprendente. Penso che avevamo bisogno, che i volontari di Chimbote avevano bisogno proprio che il corpo di Nadia tornasse lì, perché se n'era andata velocemente, in emergenza, e questo ritorno è stato proprio per far sì che si potesse salutare, vegliare. Era necessario questo momento, anche per far diventare questa morte qualcosa di spirituale, che arrivasse al cuore, che diventasse anche preghiera e supplica per il Signore. Ci sono stati vari momenti di preghiera: tutto il giorno di martedì fino a mercoledì alla Messa, nei quali si è data la possibilità ai bambini, soprattutto degli asili, della scuola, alle varie parrocchie di Chimbote di poter venire a salutare Nadia, in diversi momenti per evitare assembramenti di persone e però è stato bellissimo davvero, commuovente vedere come i bambini degli asili pregavano per Nadia, i loro pianti. E sentire tutte le storie delle diverse persone che Nadia ha aiutato, come i genitori che dicevano: “Eravamo in crisi come famiglia, e Nadia ci ha aiutato a riavvicinarsi”. Oppure: “Nadia ci ha aiutato in tante cose”. Ecco, Nadia era proprio questa persona, che entrava nelle situazioni le famiglie dei bambini che aiutava, che cercava di difendere il bene, la salute di questi bambini. Quindi è stato qualcosa di fortissimo, commovente. Un ritorno tra la gente che ha amato Nadia e quindi una grande commozione, disorientamento, qualcosa di davvero forte. Per noi volontari è stato proprio riunirsi attorno al feretro, pregare, invocare il Signore, provare a trovare anche il senso di un'atrocità così grande. E allo stesso tempo sentire anche la responsabilità verso i poveri, quello che Nadia ha portato avanti in questi anni, provare a trovare il senso profondo della vita di Nadia. E’ stato insomma ritrovarsi, essere famiglia, piangere una sorella.
C’è stato qualche passo avanti nelle indagini della polizia, per individuare il colpevole e scoprire il movente di un omicidio così brutale?
R. - Sulle indagini resta tutto riservato. L'anticrimine di Lima sta interrogando tutti i volontari, tutte le persone del luogo presenti. Gli investigatori dicono di essere fiduciosi, e che in qualche giorno, una decina di giorni, potrebbero risolvere il caso. Per noi resta ancora tutto un grande dilemma. Sicuramente nei nostri cuori ci sono tanti dubbi, domande, perplessità, anche sul pensare come sarà il futuro a Chimbote e nelle nostre missioni. Però a livello di indagine ancora non si sa niente. Giustamente il lavoro della polizia è riservato. Anche noi siamo in attesa, perché ci sembra importante capire. Resta tutto il disorientamento di fronte ad una cosa così brutale, della quale non si riesce a capire il movente, arrivata d’improvviso senza nessun preavviso. Speriamo in questi giorni di riuscire a capire cosa è successo.
Qual’e l’ultimo ricordo che ha di Nadia, l’ultima volta che vi siete incontrati, e in generale di lei?
R.- Con Nadia ci siamo sentiti l’ultima volta per farci gli auguri di Pasqua e c'eravamo visti l'anno scorso: a novembre era rimasta un mese a Marcarà con le sue ragazze, nella mia parrocchia. A fine anno c'eravamo rivisti in un altro incontro. Conosco Nadia da tanti anni, quasi vent'anni. Ci siamo conosciuti nei rientri che lei faceva dalla missione, nel vicentino, quando veniva a lavorare con noi ragazzi dell'Operazione Mato Grosso. Nadia era una cara amica, la nostra amicizia è cresciuta proprio in questi anni. Cosa mi resta di lei? Mi resta prima di tutto lo spavento di un mondo che metteva in crisi tante persone, e portava un po' via il Signore nella vita di tante persone che lei conosceva. Quando ci vedevamo, mi raccontava delle “invasioni”, della miseria, delle situazioni familiari problematiche, della sofferenza di dover accompagnare tante persone in difficoltà e la fatica di doverlo fare. Mi diceva sempre che padre Ugo (De Censi, il fondatore dell’Omg, n.d.r.) ci aveva chiesto di passare dalla sierra alle “invasioni” per farci vedere quanto questa illusione del futuro, dei soldi, di una vita che non avesse la fatica dentro, aveva distrutto tutte queste persone che venivano in città in cerca di speranza. Mi resta nel cuore proprio il desiderio di verità, nella vita di Nadia: era una persona diretta, una che ti diceva le cose, che non faceva dei giri, ma arrivava subito al punto. Allo stesso tempo, mi sembra proprio che la vita di Nadia è stata una vita umile, non qualcosa di grande, ma che in questa piccolezza è diventata grande proprio in questa morte. E’ stato un regalare una vita silenziosa, di qualcuno che fa la carità, nella ricerca profonda del Signore, nella vita, e arrivare a morire così, dare tutto fino in fondo.
Sicuramente lascia un vuoto nel vostro servizio agli ultimi del Perù e nel progetto degli asili “Mamma mia”. Come riprendere ora il cammino facendo tesoro del suo impegno?
R.- Dopo questo evento tragico, dopo questa morte, di sicuro resta un grande vuoto nel cuore e l'ho sentito proprio in tutti noi volontari, un disorientamento. Di sicuro da una parte c'è tutto il desiderio di portare avanti anche tutte le nostre opere, però in questo momento c’è anche il desiderio di fermarsi un attimo, di non ripartire nella nostra corsa e nostre cose da fare. Questa vicenda mi ha ha come tolto tutti gli appigli della mia vita: mi chiede di andare anche al centro del desiderio che ho di donare la vita e di cercare il Signore. È come se a volte, nella nostra vita, costruiamo tanti appigli, tante cose che facciamo e troviamo la ragione nelle cose che riusciamo a fare, nelle cose che riescono bene, nelle strutture, nelle opere, nei tanti poveri che aiutiamo. Ma di fronte alla morte, ad una morte così atroce, è come se tutto questo cade e non ha più senso. In questo momento è importante andare proprio a fondo del nostro essere qui e soprattutto iniziare una ricerca religiosa più profonda nella nostra vita. Ecco perché mi viene da dire: i poveri ci saranno sempre e ci sarà sempre tanta gente che ha bisogno estremo di aiuto. Però qual è il senso profondo del nostro stare qui? Inizia una ricerca religiosa che non ti lascia neanche respirare: un desiderio di trovare Dio anche nel nostro fare, di vivere di cose vere, che non siano solo il nostro fare ma sia un gesto d'amore, quello che ci manda avanti e che dà senso a tutto.
Che futuro vede ora per l’Operazione Mato Grosso? La testimonianza di vita e il sacrificio di Nadia potranno portare altri giovani a lasciare tutto per vivere accanto agli ultimi dell’America Latina?
R. - Cosa dire del futuro? Ci stiamo pensando, ma più che il futuro è importante proprio vivere questo momento, non lasciarlo passare, non ricominciare con la corsa. Nel guardare la vita di Nadia e questa morte, vorrei che fosse proprio una testimonianza. Nel ‘92 è morto Giulio Rocca ucciso dai terroristi di Sendero luminoso, e nel ‘97 padre Daniele Badiali, ucciso perché volevano un riscatto. Adesso questa morte inspiegabile di Nadia. Il vescovo Ivo Baldi, della diocesi di Huari, nell'omelia al funerale ha detto: “Nadia è il terzo sigillo, un sigillo che fa parte di un cammino di martirio, di testimonianza”. Bisognerebbe proprio guardarlo così: da un lato sperare che Nadia possa aver ritrovato tutti questi amici cari, padre Ugo, tutte le persone care che non ci sono più, e pensarla lì con loro. E poi pensare anche che possa essere un angelo, che veglia su di noi, e allo stesso tempo anche un esempio di vita, di chi ha vissuto la donazione totale. Questo penso che sia l'esempio, il segno più vero anche tra noi volontari, tra noi amici di Nadia: capire che il cammino della carità è un cammino che ti porta a vivere anche la croce di Gesù, che regalare è perdere sempre qualcosa, anche perdere la vita. Quindi penso che sia questo anche il senso profondo della vita di Nadia: un regalare fino in fondo, vivere il Vangelo. Un Vangelo che non sono parole messe lì, che non si adegua ai nostri tempi, ai nostri limiti, che chiede di difendere un cammino radicale: quello che per questo mondo è disprezzato, e invece per Dio è sapienza profonda.
Ultimo aggiornamento: 3 maggio 2021, h. 10.00
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