Vedere nuove tutte le cose: comincia l'Anno ignaziano
Antonella Palermo – Città del Vaticano
Sarà il Preposito Generale della Compagnia di Gesù, padre Arturo Sosa, ad aprire ufficialmente l’Anno Ignaziano con una celebrazione solenne alle 18 di domani, 20 maggio, a Pamplona, in Spagna. L’evento si potrà seguire sui canali della Curia Generale dei gesuiti: jesuits.global/it e ignatius500.org. Nello stesso giorno, l’Istituto di Spiritualità della Pontificia Università Gregoriana organizza il convegno in streaming “Vedere nuove tutte le cose in Cristo”, a cui seguirà una veglia nella Chiesa del Gesù a Roma. Per il 23 maggio, ore 20:00 (su tre fusi orari differenti: Manila, Roma, New York) viene proposta la preghiera internazionale online “Pilgrims with Ignatius”.
“Da Pamplona a Roma, sui passi di Sant’Ignazio” è l’itinerario per giovani in calendario il 30 maggio a Roma: un’occasione per approfondire il percorso di conversione di Ignazio in modo esperienziale. Tra le altre iniziative c’è il 29 giugno una preghiera per affidare a Dio il cammino della Provincia Euro Mediterranea della Compagnia di Gesù, nell’anniversario del giorno in cui Ignazio comincia a riprendersi dal pericolo di morte che era seguito alla ferita ad una gamba avuta in battaglia. Ancora, dal 20 al 30 luglio, il campo estivo itinerante per giovani, sulle montagne del nord dell’Albania. Il 12 marzo 2022, anniversario della canonizzazione di sant’Ignazio e di san Francesco Saverio, è previsto un pellegrinaggio nella località “La Storta”, alla periferia di Roma, e la Messa nella Chiesa del Gesù nella capitale il 31 luglio 2022, nella Solennità di sant’Ignazio per la conclusione dell’Anno Ignaziano.
Con quale spirito sono state progettate le varie iniziative dell’Anno ignaziano? E, poiché l’Anno cade in un tempo ancora segnato dalla pandemia, che valore aggiunge questa congiuntura alle celebrazioni? A Vatican News risponde Padre Gian Giacomo Rotelli S.I., Segretario personale del Preposito Generale della Compagnia di Gesù.
R. - La Compagnia di Gesù ha promosso la celebrazione di questo Anno Ignaziano 2021-2022 non tanto per sé stessa o per far conoscere la sua spiritualità, ma innanzitutto per celebrare l’opera di Dio in quell’uomo d’armi e di corte che era stato Ignazio di Loyola, la quale lo ha trasformato, attraverso una grave ferita in battaglia ad una gamba, che aveva distrutto tutte le sue prospettive e che lo porterà, in punto di morte, ad essere un umile e grande pellegrino della volontà di Dio. Da quella ferita lui ha cominciato a vedere nuove tutte le cose, appunto. Quella trasformazione di Ignazio, in tempi di pandemia, ci spinge a trasformare la nostra vita personale e quella della società in cui viviamo, perché la divaricazione tra i pochi, possessori di tante ricchezze, e i poveri non abbia a crescere ulteriormente, ma, possibilmente, a ridursi. E poi, perché ciascuno di noi - confrontato sul piano personale durante la malattia e la morte di molte persone, anche prossime - fondi la propria vita su valori autenticamente umani per essere riconciliato e giusto. Su questo ha insistito molto, e sta insistendo molto, il nostro padre Generale presentando il libro "In cammino con Ignazio" scritto proprio per questa occasione. Per cui 'vedere nuove tutte le cose' significa anche cercare di farle nuove.
Nei vostri auspici, come desiderate che le iniziative dell'Anno ignaziano incidano nel consolidamento della Compagnia di Gesù e nella conoscenza della spiritualità ignaziana da parte di coloro che ne sono lontani?
Speriamo che celebrare 500 anni dalla nostra nascita - non quella ufficiale che è stata nel 1540 con l’approvazione da parte del Papa, ma l’evento storico-spirituale che ha dato avvio alla ‘conversione di Ignazio’ - possa divenire uno stimolo profondo verso la messa in pratica delle Priorità Apostoliche Universali che Papa Francesco ci ha consegnato per il decennio 2019-2029. Esse sono: indicare il cammino verso Dio, in particolare attraverso gli Esercizi Spirituali e il discernimento, che ci sono particolarmente propri; camminare insieme ai poveri, agli esclusi dal mondo in una missione di riconciliazione e di giustizia, aspetto su cui insiste molto Papa Francesco; accompagnare i giovani in un futuro di speranza, questa virtù così difficile oggi; collaborare nella cura della Casa Comune. Questo dovrebbe portare a far conoscere ciò che anima lo slancio apostolico della Compagnia e cioè la sua spiritualità, che non è solo per lei ma per tutti coloro che la sperimentano vera per sé stessi, e grazie a Dio vediamo che sono sempre di più. Alcune note prioritarie sono un grande amore personale per Gesù di Nazareth, verità dell’uomo, che conduce a far crescere verso la pienezza in umanità ciascuno di noi, e in particolare la libertà in noi; il vedere Dio all’opera in tutte le cose e gli eventi della storia e rispondere con magnanimità agli appelli che dalla realtà, cioè dal Signore, ci vengono rivolti, quindi vivere una mistica del servizio in umiltà.
Che cosa della biografia di Ignazio pensa possa essere oggi di maggiore attualità e da riscoprire?
R. - L’instancabile ricerca della verità della propria vita. Ignazio è stato un pellegrino costantemente alla ricerca, dimensione che l’ha portato a lasciare tutto. Si è fatto pellegrino della volontà di Dio su di lui, dalle carceri delle autorità ecclesiastiche dell’epoca in Spagna all’Italia, dall’Italia a Gerusalemme con il desiderio di stabilirvisi definitivamente; ma cacciato di là dal custode di Terrasanta, a Parigi sui banchi della Sorbona e poi qua e là per l’Europa e infine a Roma, dove il pellegrino, arrivato nel 1538 rimarrà definitivamente, perché eletto Generale della nascente Compagnia di Gesù fino alla morte nel 1566. Direi, quindi, non questo o quel fatto della sua vita, ma la sua vita globalmente presa, appunto come dialogo ininterrotto con il Signore per coglierne la volontà, ovvero la propria verità e compierla.
La famiglia ignaziana nel mondo: quali frontiere del vostro apostolato ritiene siano oggi più feconde?
R. - A noi basta che tutte, come mi pare che sia, costituiscano una risposta esattamente a ciò che il Signore ci chiede oggi, anche attraverso la sua Chiesa, nei vari luoghi dove ci troviamo ad operare. Senza ‘pesarne’ la fecondità. Non so dire se siano più feconde le decine di Università (ecclesiastiche e non) e le migliaia di scuole che gestiamo nel mondo oppure il servizio degli Esercizi Spirituali; se l’azione in più di 40 Paesi a favore degli immigrati o degli sfollati all’interno di Paesi in guerra o il servizio dell’accompagnamento spirituale personale e delle confessioni in tutti gli oltre 120 Paesi dove siamo. L'importante è che rispondiamo alle esigenze che ci pongono i territori dove siamo. Per esempio, in questo periodo abbiamo avuto parecchi gesuiti morti in India, dove si cerca di rispondere attraverso la nostra presenza accanto ai malati di Covid-19. Il fine della Compagnia per Sant’Ignazio era l’aiuto delle anime, cioè aiutare umilmente le persone a crescere nella verità di se stesse davanti a Lui. Sono profondamente convinto che su ogni frontiera i gesuiti perseguano questo. Ed è proprio questo ciò che conta.
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