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Le "ragioni per la nostra speranza" nel dialogo tra islam e cristiani promosso da Oasis

Una serie di video animati su youtube sottolineano punti in comune e divergenze tra la due religioni, venendo incontro a una richiesta reciproca di comprensione. Il professor Diez, direttore scientifico della fondazione ideata dal cardinale Scola: anche tessere uguali possono diventare due mosaici diversi

Michele Raviart - Città del Vaticano

Far conoscere ai musulmani i fondamenti della fede cristiana e superare gli stereotipi tra le religioni attraverso dei brevi video animati multilingue, pubblicati su Youtube, che sottolineano differenze e punti in comune. Questo è l’obiettivo del progetto “Reasons for our hope” - le ragioni della nostra speranza - realizzato dalla Fondazione Oasis, fondata dal cardinale Angelo Scola e impegnata nel dialogo con il Medio Oriente, e dal McGarth Institute for Church Life di Notre Dame, negli Stati Uniti.

Ascolta l'intervista con Martino Diez

Superare gli stereotipi 

“Ci siamo resi conto in questi anni che i musulmani, in un numero significativo secondo noi, hanno un desiderio di conoscere qualcosa di più riguardo al cristianesimo”, spiega a Vatican News il professor Martino Diez, direttore scientifico alla Fondazione Oasis e professore di lingua e letteratura araba alla Cattolica. “Dobbiamo tener presente, soprattutto nel contesto mediorientale”, spiega il professor Diez, che esiste ancora, nei social media e ad opera di predicatori salafiti, una “letteratura di controversia” verso i cristiani – che a volte rispondono in maniera analoga – e che allo stesso tempo molti musulmani sono colpiti da alcuni sviluppi che si sono avuti negli ultimi anni, come il recente viaggio del Papa in Iraq e il documento firmato ad Abu Dhabi. “Da una parte”, ribadisce, “c’è il perpetuarsi di un discorso a volte molto identitario, dall'altra però c'è il prendere atto che ci sono questi sorprendenti gesti da parte della chiesa cattolica che non rientrano un po' in questo stereotipo. E da qui nasce secondo noi in alcuni il desiderio di capire meglio da dove nasce questa posizione, che cosa effettivamente credono i cristiani”.

Stesse tessere, ma mosaici diversi

Tre sono stati finora i video pubblicati sul canale Youtube “Reasons for our hope”, per il momento solo in inglese, anche se presto sarà aggiunta l’audio in italiano e in francese: “Gesù nella Bibbia e nel Corano”, “Tanti profeti un solo messaggio. Il ruolo di Gesù nel Corano” e “Il Salvatore. Il ruolo di Gesù nella Bibbia”. “L''immagine che usiamo”, sottolinea il professor Diez, “è quella di islam e cristianesimo come due universi paralleli di significato, che sono governati da delle leggi proprie”. Nei tre video su Gesù, fa notare il direttore scientifico, ci si sofferma sui punti in comune, “ma che con le stesse tessere si possono produrre dei mosaici diversi”. Nel secondo video, ad esempio, ci si sofferma sulla visione musulmana di Gesù, inteso come “un messaggero, un inviato, un profeta, perché questa è la categoria fondamentale della relazione tra Dio e l'umanità nell'Islam”, mentre nel terzo si attinge all'esperienza biblica e quindi il tema è “il Salvatore e la storia della salvezza, con Gesù che si pone come culmine di questa storia”.

Far lavorare l'intelligenza della fede

Pur rimanendo uno degli obiettivi quello di sottolineare i punti in comune tra le due religioni, il progetto “Reasons for our Hope” non rinuncia a ribadire i fondamenti della fede cristiana e ha lo scopo di far capire agli altri “perché i cristiani sono cristiani”. Domande che non servono solamente a soddisfare la curiosità dei fedeli musulmani, ma che aiutano anche i cristiani a interrogarsi e magari a riscoprire le verità di fede. “L'aspetto più interessante del progetto secondo me”, spiega ancora Martino Diez, “ è la ricaduta che ha rispetto a noi cristiani perchè le domande che i musulmani fanno quando non sono polemiche, sono molto ragionevoli, molto sensate e costringono a far lavorare l'intelligenza della fede”.

Il valore aggiunto per i cristiani

L’esempio è quello di un fedele musulmano, che in risposta al tweet che annunciava il via del progetto ha scritto: “Non ho mai capito questa storia dell'Agnello di Dio, perché non capisco come Dio possa volere il sacrificio di un profeta oppure addirittura di suo figlio”. “Questa domanda a me sembra molto bella”, conclude il professor Diez, “perché non è polemica - non ha lo scopo di dire ‘noi siamo meglio di voi’ - però pone una ‘domandona’, che almeno personalmente mi spinge a riflettere molto su questo tema. Io sono convinto che questo sia veramente il primo valore aggiunto di un progetto così”.

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02 giugno 2021, 15:01