Etiopia, la Chiesa costretta a sospendere la distribuzione di aiuti al Tigray
Lisa Zengarini - Città del Vaticano
L’inasprirsi dei combattimenti ha costretto la Chiesa cattolica in Etiopia a sospendere gli aiuti alla popolazione civile. La Chiesa etiopica, che coordina gli aiuti con il sostegno della Caritas internationalis e di altre organizzazioni cattoliche locali e internazionali, è riuscita a raccogliere 1,8 milioni di dollari per l’emergenza umanitaria, di cui il 75% è stato già speso.
La popolazione minacciata da carestia e violenze
Il termine delle operazioni umanitarie è un ulteriore colpo alla popolazione civile, minacciata anche dalla carestia. Secondo l'Onu, sono almeno due milioni gli sfollati a causa del conflitto scoppiato il 2 novembre scorso tra il governo di Addis Abeba, guidato da Abiy Ahmed Ali, e le forze separatiste del Tplf, Fronte di Liberazione del Tigrai. Una guerra segnata da uccisioni indiscriminate e violenze di ogni tipo sui civili, comprese diffuse violenze sessuali. Più di 4,5 milioni di persone necessitano aiuti umanitari, mentre migliaia di minori separati dai loro genitori sono a rischio di abusi.
Gli appelli delle Chiese
Numerosi gli appelli di tanti organismi ecclesiali che, in questi mesi, hanno invocato la pace per la regione: oltre ai vescovi eritrei, anche quelli dell’Etiopia hanno chiesto il cessate-il-fuoco, insieme al Secam (Simposio delle Conferenze episcopali di Africa e Madagascar), al Consiglio mondiale delle Chiese e all’Amecea, Associazione delle Conferenze episcopali dell’Africa orientale, che riunisce i vescovi di Eritrea, Etiopia, Kenya, Malawi, Sudan Sud Sudan, Tanzania, Uganda e Zambia, preoccupati ora del possibile estendersi del conflitto ad altri Paesi del Corno d’Africa. Molteplici anche le esortazioni lanciate da Papa Francesco per la ricomposizione pacifica delle discordie e la fine delle violenze.
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