“La Sarta del Barrio”, quando solidarietà e accoglienza sono più forti della crisi
Salvatore Cernuzio - Città del Vaticano
Per i romani non residenti nel quartiere di Tor de’ Schiavi, alla periferia della città, “La Sarta del Barrio”, sartoria - anzi, “atelier e scuola” come recita l’insegna - concepita come una bottega d’altri tempi ma arredata con un gusto tutto moderno, potrebbe sembrare un negozio come tanti. Una vetrina in più in via Olevano Romano, in mezzo a bar, box auto e case popolari. Gli abitanti del quartiere, in gran parte parrocchiani del Santissimo Sacramento, sanno invece che dietro quella vetrina con esposta una camicia da prete in cotone chiaro, c’è una storia tutta da raccontare. Lo sanno perché sono stati loro, con generosità, in qualche modo a costruirla.
Una favola moderna
Una storia condita da tutti quegli elementi che la rendono quasi una favola moderna: i sacrifici e le soddisfazioni, l’accoglienza e l’integrazione dello straniero, la solidarietà di famiglie con pochi mezzi ma tanto cuore, l’intuito di un parroco che va “a sporcarsi le mani” in mezzo alla sua gente. Il tutto coronato dalla carità del Papa, in grado di vincere anche l’ondata di povertà provocata dalla pandemia.
Il Fondo voluto dal Papa per i lavoratori in difficoltà
A raccontarla, questa fiaba urbana, è don Maurizio Mirilli, parroco del Santissimo Sacramento - parrocchia visitata dal Papa nel 2018 - che sui suoi canali social si è fatto sponsor di questa realtà che oggi dà da mangiare a due famiglie e che è frutto di un’idea lungimirante quale il “Fondo Gesù Divino Lavoratore”. Si tratta del sostegno economico voluto dal Papa per la sua Diocesi, Roma, in favore delle categorie sociali e professionali che nel lockdown hanno subito una drastica riduzione del reddito o hanno visto sparire quei lavoretti fino a quel momento svolti saltuariamente o in nero. Il progetto, coordinato dal Vicariato, che coinvolge Comune di Roma e Regione Lazio, è stato inaugurato il 12 giugno dello scorso anno con un primo milione di euro stanziato dal Papa. Grazie all’erogazione di contributi economici, tirocini, borse lavoro, finanziamenti di micro-progetti di autoimprenditorialità, ha dato vita in questi mesi a diverse realtà e aiutato tanta gente ad attraversare il guado della crisi causata dal coronavirus. “La Sarta del Barrio” è stato il primo progetto approvato dal “Fondo Gesù Divino Lavoratore”, del quale la Diocesi di Roma domani, 3 agosto, presenta i risultati.
Lisandra, l'anima della sartoria
“L’abbiamo pensato insieme, poi ha fatto tutto lei”, spiega Mirilli. Lei è Lisandra, o meglio, Lisa, come tutti la chiamano: ideatrice, responsabile, coordinatrice, insomma, anima della sartoria. Cubana, 35 anni, mamma di un bimbo di 8, fisico asciutto (“ho fatto anche l’indossatrice, sai?”, racconta), ha un carattere spigliato e parla con inflessione tipicamente latinoamericana seppur con intermezzi in romanesco che fanno sorridere. Ha studiato a Cuba in una scuola di cucito poi è arrivata poco più che ventenne in Italia suggestionata da false promesse; se n’è andata a Padova e, non avendo mai fatto pratica come sarta, si è messa a frequentare corsi di specializzazione. “Appena ho potuto mi sono comprata una macchinina da cucire”.
È ambiziosa e veste alla moda, con abiti che si cuce da sola. Proprio il suo stile fashion l’ha fatta distinguere in mezzo ai tanti uomini e donne che durante il lockdown andavano a bussare alla porta della Caritas parrocchiale per chiedere pacchi alimentari. “Vedevo questa tizia con indosso vestiti sempre molto curati, ogni giorno una mascherina diversa, con fantasie particolari, in un periodo in cui non si trovavano neanche le chirurgiche”, ricorda don Maurizio. “Una volta le ho chiesto: ma come fai ad avere sempre questi bei vestiti e tutte queste mascherine? ‘Me li faccio da sola - mi ha risposto - sono una sarta’. Le ho proposto quindi di venire a dare una mano in parrocchia”.
L'intuizione del parroco
Lisa ha iniziato a cucire mascherine da regalare alle persone della parrocchia, presto è diventata un punto di riferimento per le mamme in emergenza per le tute bucate dei figli e degli orli dell’ultimo minuto, o anche per i sacerdoti che avevano bisogno di piccoli rammendi. La sarta della parrocchia insomma, così apprezzata che a don Maurizio è venuto in mente di affidarle un corso all’interno dei locali parrocchiali. “Un giorno le dissi: sarebbe bello che con la tua professionalità mettessi in piedi una sartoria. Passa qualche mese e leggo del “Fondo Gesù Divino Lavoratore” voluto dal Papa. Sono corso da Lisandra e ho detto: perché non provi a buttare giù un progettino e poi vediamo un po’?”.
Nel giro di una notte la ragazza ha stilato a mano il progetto di una sartoria-laboratorio in cui svolgere il mestiere ma anche insegnarlo ad altre donne: “È una professione dimenticata, invece può aiutare sempre, anche stando a casa propria, come siamo stati costretti a fare l’anno scorso”. Il progetto di Lisa ha ricevuto subito il placet del Vicariato, primo nella lista.
La solidarietà di un quartiere
Andavano però risolte varie questioni, burocratiche e non, prima dell’avvio. “Sapevamo di questo locale di fronte casa di Lisa, a pochi metri della parrocchia - racconta don Maurizio - ma andava bloccato prima possibile e il finanziamento del Fondo sarebbe arrivato dopo. Allora ognuno di noi, parrocchia e parrocchiani, ci siamo dati da fare per offrire un contributo. Con qualche soldino abbiamo pagato l’affitto dei primi mesi, in attesa che arrivasse il finanziamento con la garanzia della Caritas: 12 mila euro, un piccolo prestito a rate di 3-4 anni”.
“Non servivano chissà quanti soldi – dice ancora il sacerdote – solo una spinta iniziale. Lisa ha grandi capacità ma non aveva possibilità dal punto di vista legale, economico, burocratico… Adesso cammina con le proprie gambe. È stato bello vedere tanti parrocchiani che hanno dato una mano anche per il trasloco, che hanno regalato sedie, partecipato all’inaugurazione dell’8 marzo scorso. Data non casuale, la festa della donna, l’abbiamo festeggiata restituendo dignità a due ragazze”.
Lavoro ininterrotto
Lisa adesso lavora ininterrottamente in questo mondo fatto di pareti gialle e verdi, con sopra versi di canzoni e poesie, dove i clergyman si mischiano ad abiti da sera e a rotoloni di stoffa: “Grazie a Dio si lavora!”, dice. Ha iniziato una collaborazione con il Cor (Centro Oratori Romani) e tra i clienti annovera numerosi preti romani: “Gli faccio polo e camice su misura”. E li fai pagare? “Certo! Un po’ di sconto ma pagano eccome (Ride)”. Chi non fa pagare sono quelle mamme e nonne che sa essere in difficoltà economica: “Vengono qui e hanno bisogno di sistemare dei vestiti. So come stanno, come stavo io fino a qualche mese fa, e allora dico: dai, dammi un euro per il caffè!”.
Gratitudine
La ragazza non dimentica infatti la generosità sperimentata quando era nel bisogno, completamente disoccupata lei e il compagno, nel periodo più duro della pandemia. Così come non dimentica l’accoglienza ricevuta al suo arrivo in Italia: “A Cuba si dice: una mano lava l’altra e tutte e due lavano il viso”. Grata di questo percorso, ora si fa affiancare da una ragazza italiana, anche lei mamma di un bimbo, altrimenti senza un impiego. E trasmette il suo sapere a sette donne che frequentano il corso: cinque a pagamento e due, le più bisognose, gratis. Lisa insegna cartamodelli e lavori di manualità, ma vorrebbe preparare le allieve per tirocini che potrebbero sfociare magari in un lavoro fisso in qualche azienda.
Il sogno: incontrare il Papa
Soprattutto, la sarta della parrocchia divenuta sarta del quartiere ha un sogno: incontrare il Papa. “Francesco lo adoro, tutto questo è merito suo. Sogno che un giorno chiami per dirci ‘como estas?’. O che trovi il tempo per venirci a trovare, così gli faccio trovare una bella camicia bianca tutta nuova”.
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