Petrocchi. Il fuoco della Perdonanza deve illuminare le nostre notti
Davide Dionisi – Città del Vaticano
“Il gesto esterno di accendere il fuoco, è simbolo di un evento che deve accadere dentro l’anima: le fiamme della Perdonanza debbono ardere in tanti cuori”. E’ quanto ha detto ieri sera l’arcivescovo de L’Aquila, Card. Giuseppe Petrocchi, durante la cerimonia sul piazzale di Collemaggio dell'accensione del Tripode della Pace che ha aperto ufficialmente la 727a edizione della Perdonanza. “Il fuoco è immagine della carità evangelica, che Dio suscita in noi attraverso il Suo Spirito. Anche il contesto temporale in cui si svolge questo rito ha un significato su cui riflettere: è notte” ha spiegato il porporato e “in un ambiente, privo di luminosità, si vede poco e male: è difficile identificare persone e cose, così come risulta arduo orientarsi nello spazio e decidere le direzioni da prendere”.
Il buio non si trasformi in tenebra
Il fuoco del Perdono ha viaggiato da Sulmona all'Aquila attraversando 23 Comuni e 35 comunità e, secondo il Card. Petrocchi svolge un ruolo fondamentale: “Deve illuminare le nostre notti spirituali, culturali, sociali” perché, ha continuato: “Se spesso è impossibile eliminare rapidamente il buio che ci avvolge, è tuttavia fondamentale che il buio non si trasformi in tenebra, che è oscurità abitata dal male, in tutte le sue forme”.
La notte della calamità pandemica
Tra le numerose notti che caratterizzano la nostra epoca l’Arcivescovo de L’Aquila ha segnalato la “calamità pandemica”. “Si spengono molte certezze, vengono meno prospettive su cui si contava, si riducono spazi di vita ai quali si era abituati, si è minacciati nella salute, si vedono attaccate da questo virus-killer persone care, e talvolta si assiste, impotenti, alla morte di parenti e amici. L’oscurità dell’ansia e della insicurezza sembra calare sulla quotidianità e si proietta sul futuro, facendolo apparire opaco e rischioso".
Il bene emerso in un periodo drammatico
Il Card. Petrocchi ha sottolineato che il fuoco della Perdonanza deve rischiarare questa epidemia drammatica: "Dobbiamo capire sempre meglio ciò che ci è stato tolto, ma anche ciò che ci è stato dato; le possibilità perse ma anche le nuove opportunità guadagnate; cosa è da correggere ma anche ciò che va confermato e rafforzato” ha evidenziato, rilevando che: ”Dobbiamo vedere, alla luce del messaggio celestiniano, il bene che è emerso (penso alla dedizione eroica messa in campo da Appartenenti alle Istituzioni, da Operatori sanitari, da una innumerevole schiera di Cittadini responsabili), ma occorre pure registrare atteggiamenti trasgressivi e massive manifestazioni di egoismo dannoso”.
Solidarietà generosa e fattiva condivisione
Parlando delle zone dove domina il buio, ovvero le periferie esistenziali evocate da Francesco, l’arcivescovo de L’Aquila ha lanciato un appello: “In tutti questi luoghi della solitudine e della tristezza devono accendersi l’amore fraterno, la solidarietà generosa, la fattiva condivisione: ecclesiale e civile”. Infine ha esortato a non limitarsi ad accendere il fuoco, ma anche ad alimentarlo e a mantenerlo “attraverso la preghiera perseverante e la corrispondenza fedele alla grazia del Signore”.
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