I Movimenti dopo le parole del Papa: da Francesco una chiamata alla conversione
Salvatore Cernuzio e Amedeo Lomonaco - Città del Vaticano
“Governare è servire”. Vanno evitati i rischi della “voglia di potere” e della “slealtà”, intesa come quel “doppiogiochismo” con Dio per cui si dichiara a parole di volerlo servire mentre nei fatti “serviamo il nostro ego e ci pieghiamo alla voglia di apparire, di ottenere riconoscimenti”. Esempi di slealtà sono le cariche direttive “che si eternizzano”.
Parole forti quelle pronunciate il 16 settembre da Papa Francesco, nel suo discorso ai moderatori delle Aggregazioni laicali che hanno partecipato a un incontro organizzato dal Dicastero per i Laici, la famiglia e la vita, nell’Aula Nuova del Sinodo. Un lungo intervento, durante il quale il Pontefice ha spiegato anche le motivazioni del Decreto dello scorso giugno che regola la durata e il numero dei mandati di governo nelle stesse aggregazioni. Le indicazioni del Papa sono state accolte con favore dai rappresentanti delle diverse realtà ecclesiali, quali pungolo e stimolo a compiere un cammino di “purificazione”. Vatican News ha raccolto la voce di alcuni dei presidenti o rappresentanti dei Movimenti più diffusi e radicati in Italia e nel mondo.
Focolari: impariamo a non sentirci indispensabili
“Con il suo discorso il Papa ci ha avvertito di tutti i rischi che sono connessi al governo, a cominciare da quello del potere di cui non sono esenti le realtà ecclesiali”, sottolinea Jesús Morán, co-presidente del Movimento dei Focolari. “Sono rischi che, alla luce del Vangelo, possiamo superare essendo coscienti delle possibili derive che ci sono e che ci sono state e che tutti abbiamo patito”.
Il discorso del Papa, secondo Morán, è “in piena linea” con tutto quello che Francesco sta dicendo alla Chiesa da inizio pontificato: “È chiaramente una chiamata alla conversione pastorale ed evangelica, ora si tratta di applicarla”. Come? “Il Papa – spiega il co-presidente dei Focolari - ha detto chiaramente che alla radice di ogni abuso c’è il potere e che ci sono dinamiche che non favoriscono il superamento dei rischi legati al potere. Per esempio, una non alternanza alle cariche può essere deleteria, perché chi sta troppo tempo al governo alla fine corre il pericolo di acquisire una forma mentis che gli fa perdere la dinamica di servizio con la quale ha cominciato l’incarico”. È come se “a un certo punto, uno si abituasse al potere e perdesse di vista il servizio”. “Dobbiamo, quindi, imparare a congedarci, a lasciare il potere in mano agli altri, a non crederci indispensabili ed essere coscienti che questo fa un bene enorme perché ci riporta alla vocazione essenziale che è quella di servire”, rimarca Morán. Da parte sua, anche una riflessione sui casi di abuso verificatisi all’interno del ramo francese del Movimento dei Focolari: una pagina dolorosa dalla quale però, afferma, “ci rialziamo più forti, riconoscendo i nostri limiti”. “Viviamo una fase di purificazione, per riconoscere che questi errori sono una deformazione del carisma originale, capire i meccanismi che hanno portato a tali errori e quindi riprendere il carisma in tutta la sua purezza”.
Sant'Egidio: un richiamo alla responsabilità
Nel suo discorso rivolto ai Movimenti il Papa ha espresso apprezzamento “per la loro storia, per la loro vita nella Chiesa ma soprattutto per il contributo alla società”, in particolare in questo tempo scosso dalla pandemia. È l'aspetto che rileva Marco Impagliazzo, presidente della Comunità di Sant'Egidio, aggiungendo che dalle parole del Pontefice emerge anche “un riconoscimento del valore dei laici nella Chiesa”.
Dal Papa, ricorda Impagliazzo, è arrivato anche “un grande richiamo alla responsabilità e all’autorità vissuta come “servizio”. Questo riguarda “tutti gli aspetti della vita della Chiesa, non solo quelli dei Movimenti laicali”. Quello di Francesco, aggiunge, è un richiamo importante in un momento in cui si vive il tempo della “deresponsabilizzazione”. È infatti questo, osserva il presidente di Sant’Egidio, “più il tempo dell’io che del noi”. Per questo, il servizio a cui si riferisce il Papa è “fondamentale e soprattutto è evangelico”: Gesù è venuto non per essere servito ma per servire. Nello stesso discorso, Papa Francesco ha anche ricordato che in questi anni, non di rado, la Santa Sede è dovuta intervenire avviando “non facili processi di risanamento”. Quando si parla di associazioni e Movimenti, sottolinea Impagliazzo, ci sono storie diverse. In alcune è rilevante la presenza di persone consacrate. Altre, come la Comunità di Sant’Egidio, sono interamente laicali. Quelle dei Movimenti sono “tante strade diverse”: “Se ci sono state delle problematiche che il Papa giustamente ha sollevato e che riguardano alcune realtà, è giusto che queste percorrano un cammino di conversione”. Certamente, spiega Marco Impagliazzo, il tema della “conversione pastorale” riguarda tutti i Movimenti e la Chiesa intera. Per quanto concerne il decreto di giugno, si tratta di un percorso “che guarda al futuro”. “Ogni realtà è diversa e troverà dei tempi e dei modi diversi”. Si tratta, conclude Impagliazzo, di essere “all’altezza della lettura dei segni dei tempi”. Uno di questi segni è proprio quello di “dare più spazio ai giovani”.
Rinnovamento nello Spirito: la voglia di potere snatura il servizio
Il Papa ha ribadito “l’originalità e il carattere provvidenziale dei carismi” nei loro diversi contesti, afferma invece Salvatore Martinez, presidente del Rinnovamento nello Spirito Santo, che sottolinea pure come il Pontefice abbia elogiato il contributo dato dai Movimenti nel tempo della pandemia di Covid.
“Francesco - dice Martinez - ci ha esortato a non dimenticare l’aggiornamento dei nostri carismi”, affinché siano sempre più “aperti alla storia” e alle “necessità degli uomini”. Francesco ci ha ribadito che non si deve guardare “all’amore del potere” ma, al contrario, “al potere dell’amore”. I rischi indicati dal Pontefice sono la voglia di potere, che “snatura la chiamata al servizio” e la slealtà, quando i Movimenti e aggregazioni laicali “perdono la generosità e la gratuità per i quali lo Spirito Santo li ha suscitati”. Per quanto riguarda il decreto di giugno, il Papa ha chiarito che le disposizioni contenute in questo provvedimento riguardano tutti: “Nessuno dovrà sottrarsi dal discernimento”. I Movimenti e le associazioni sono chiamati ad interrogarsi per creare, come si stabilisce nel Decreto, “forme di alternanza che facciano venir meno la tentazione di incarichi a vita”. Quella attuale è una situazione “frastagliata”: ci sono statuti che necessitano di questa revisione ed altri che invece sono già aderenti ai contenuti del decreto. Nel caso specifico del Rinnovamento nello Spirito Santo, gli statuti già prevedono limiti di mandato, scadenze obbligate. Bisognerà anche capire adesso, conclude il presidente, “come si muoveranno le Conferenze episcopali” perché molti statuti nascono nazionali e diventano internazionali. Sarà in alcuni casi “un processo laborioso”. Ma il tempo di due anni, previsto nel decreto, è "adeguato".
Comunità Giovanni XXIII: la riforma degli incarichi un passo necessario
Il decreto di giugno è uno strumento “estremamente significativo e innovativo” che porterà “un gran bene ai Movimenti, alle nuove comunità e al mondo ecclesiale” per “un servizio reale alla povera gente”. Con queste parole Giovanni Ramonda, responsabile generale dell'Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII, commenta al microfono di Fabio Colagrande il discorso di Papa Francesco.
Papa Francesco ha ricordato che i Movimenti sono segno della vitalità della Chiesa. Le sue parole, sottolinea Ramonda, sono in continuità con il pensiero dei suoi predecessori, i quali hanno sempre evidenziato l’importanza di queste realtà ecclesiali post-conciliari per promuovere “una evangelizzazione che si sviluppa per trapianto vitale attraverso una vita nelle periferie e nei luoghi dove la gente vive”. La struttura organizzativa, aggiunge Ramonda, deve essere funzionale e “a servizio del carisma”. L’organizzazione è importante ma sono importanti “soprattutto le persone che si appassionano al Vangelo e alla missione della Chiesa”. Gli abusi di potere e la slealtà, spiega il presidente della Comunità, sono “tentazioni” quando un'aggregazione laicale si richiude in se stessa. È importante decidere, ma sempre “ascoltando la base”. Quanto alla riforma degli incarichi di responsabilità nelle aggregazioni laicali, Ramonda sottolinea che questo “è un passo sicuramente necessario”: “Don Oreste Benzi diceva: chi verrà dopo di noi farà meglio di noi, perché terrà conto dell’esperienza acquisita e porterà un rinnovamento".
Neocatecumenali: un incoraggiamento al carisma
"Dopo aver seguito i lavori dell’incontro di ieri via Zoom, mi sono rallegrato delle parole del Santo Padre che ha confermato davanti a tutta la Chiesa quello che mi aveva già detto in privato due settimane fa: che quando un carisma o una realtà ecclesiale è in stato fondazionale 'il fondatore non va cambiato' ma continua a vita", dice infine Kiko Argüello, iniziatore del Cammino Neocatecumenale, ricordando l'udienza privata nel Palazzo Apostolico del 3 settembre insieme alla équipe internazionale di questa realtà ecclesiale diffusa e radicata in centinaia di Paesi del mondo: oltre a Kiko, padre Mario Pezzi e Maria Ascensión Romero.
"Il Santo Padre ci ha ricordato in quella occasione le parole di Carmen (Hernández, ndr): il Cammino Neocatecumenale non è un Movimento, perché è stato riconosciuto dalla Chiesa come una iniziazione cristiana, a servizio dei vescovi, con i catechisti che hanno un ruolo simile a quello dei padrini che accompagnano e sorvegliano la crescita della fede dei candidati". "Anche nell’incontro con il Dicastero di ieri, Papa Francesco ha sottolineato: 'Noi dobbiamo capire che l’evangelizzazione è un mandato che viene dal Battesimo…chi ha il Battesimo ha il compito di evangelizzare'. È quello che il Cammino prova a fare da oltre cinquant'anni. Le parole del Santo Padre incoraggiano quindi il nostro carisma e la nostra missione".
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