Povertà in Italia, Caritas: facendo rete si può andare “oltre l'ostacolo" del Covid
Alessandro Di Bussolo – Città del Vaticano
Le ombre sono nei dati dei centri della rete Caritas in Italia: nel 2020, l’anno più duro della pandemia, il 44 per cento dei bisognosi che hanno chiesto aiuto l’ha fatto per la prima volta. Ma già nei primi mesi del 2021, il 70 per cento di questi “nuovi poveri” non ha più fatto ricorso ai servizi Caritas. Chi invece ancora chiede sostegno entra nel milione in più di poveri assoluti rispetto al pre-pandemia, che secondo le statistiche dell’Istat, portano al valore record di 5,6 milioni di poveri in Italia, pari a 2 milioni di nuclei familiari.
Le comunità dei credenti e il sostegno alla marginalità
Sono alcuni dei nuovi dati contenuti nel “Rapporto Caritas sulla povertà ed esclusione sociale in Italia” per il 2021, diffuso questa mattina sul sito www.caritas.it e sul nuovo www.italiacaritas.it , alla vigilia della Giornata internazionale di lotta alla povertà, indetta dalle Nazioni Unite per il 16 ottobre. La luce più forte evidenziata nel Rapporto, intitolato “Oltre l’ostacolo”, è “la capacità della comunità dei credenti di farsi carico delle situazioni di marginalità e vulnerabilità affiorate nel corso della pandemia da Covid-19”, che, si legge nell’introduzione, “si è andata a incrociare con le risposte istituzionali offerte a livello nazionale ed europeo, dando luogo ad una serie di triangolazioni positive, che hanno evidenziato una grande capacità di lavorare in rete, assumendo responsabilità diverse ma condivise”.
Dati Istat: più poveri i più giovani
Il primo capitolo del Rapporto, che è arrivato alla 20.ma edizione, e che è ormai un appuntamento irrinunciabile nel dibattito sulla povertà in Italia e nello studio delle soluzioni per affrontarla, sono sintetizzate le statistiche ufficiali, fornite dall’Istat e altri enti, anche internazionali. Si sottolinea che “negli ultimi dodici mesi si rafforza lo svantaggio di minori e giovani under 34”. Perché “da anni ormai la povertà assoluta è strettamente correlata all’età, tende cioè ad aumentare al diminuire di quest’ultima, tanto che l’incidenza maggiore si registra proprio tra bambini e ragazzi under 18”. La povertà minorile, ribadisce la Caritas, “costituisce infatti la forma più iniqua di disuguaglianza” perché “pregiudica l’oggi e al contempo anche il domani” dei più piccoli e dei ragazzi.
Caritas: nel 2020 aiutate 1,9 milioni di persone
Nel secondo capitolo, ecco le “dimensioni dell’ostacolo” da superare: nel 2020, la rete Caritas in Italia ha complessivamente supportato 1,9 milioni di persone, una media di 286 individui per ciascuno dei 6.780 servizi promossi o gestiti dallo stesso circuito, al cui interno operano oltre 93mila volontari laici e più di 800 ragazzi in servizio civile. Nei centri di ascolto e servizi in rete con la raccolta dati, il campione di riferimento della Caritas, le persone incontrate sono state complessivamente 211.233. Delle persone sostenute nell’anno di maggior diffusione del Covid-19, quasi la metà, esattamente il 44 per cento, ha fatto riferimento alla rete Caritas per la prima volta. Tra le regioni con più alta incidenza di “nuovi poveri” ci sono la Valle d’Aosta (61,1 per cento,) la Campania (57,0), il Lazio (52,9), la Sardegna (51,5) e il Trentino Alto Adige (50,8).
Cresce la quota di "poveri cronici"
La crisi socio-sanitaria, sottolinea il Rapporto, ha anche acuito le povertà pre-esistenti: “cresce la quota di poveri cronici, in carico al circuito delle Caritas da 5 anni e più (anche in modo intermittente), mentre l’età media delle persone incontrate è 46 anni, come prima della pandemia”. Oltre la metà delle persone che hanno chiesto aiuto, il 57,1 per cento, ha al massimo la licenza di scuola media inferiore, percentuale che tra gli italiani sale al 65,3 per cento. Appare evidente, sottolineano i ricercatori della Caritas, “una forte vulnerabilità culturale e sociale, che impedisce sul nascere la possibilità di fare il salto necessario per superare l’ostacolo”. Una persona su cinque di quelle accompagnate nel 2020, dichiara di percepire il Reddito di Cittadinanza (RdC), la misura di contrasto alla povertà introdotta dal governo nel marzo del 2019. Il 30 per cento degli assistiti Caritas italiani ne usufruisce, solo il 9 per cento di quelli stranieri.
Post-emergenza: ci sono segnali di speranza
Nel post-emergenza, molte richieste di aiuto legate alla crisi socio-sanitaria non si sono ripetute, e quindi oltre i due terzi dei “nuovi poveri” (esattamente il 70,3 per cento) non ha fatto più ricorso ai servizi Caritas. È un segnale di speranza, ma, per la Caritas “non possiamo non preoccuparci di quel 29,7 per cento di persone che ancora oggi nel 2021 continuano a non farcela” e che rischiano di vedere in qualche modo “ossificarsi” la propria condizione di bisogno. Nei primi otto mesi del 2021, la Caritas sottolinea la crescita delle persone assistite (più 7,6 per cento), ma anche il calo dell’incidenza dei “nuovi poveri”, che sono il 37 per cento, dato che si allinea con il pre-pandemia. Gli “ex nuovi poveri”, cioè quelli incontrati per la prima volta nel 2020 sono il 16 per cento degli assistiti, mentre sale, purtroppo, la quota di chi vive forme di “povertà cronica”, il 27,7 per cento. Preoccupa infine anche la quarta categoria, i “poveri intermittenti”, che oscillano tra il “dentro-fuori” la condizione di bisogno, e sono il 19,2 per cento del totale.
Usura e indebitamento eccessivo, meno aiuti causa lockdown
Il terzo capitolo riguarda l’usura e il sovraindebitamento, con i dati forniti dalle 32 fondazioni antiusura che aderiscono alla Consulta nazionale. Gli effetti economici e sociali dei lockdown hanno purtroppo ridotto di più di 3 milioni di euro i fondi messi a disposizione delle famiglie sostenute, che sono scese da 6698 a 5065, mentre i fondi stanziati da 20 milioni 480mila euro a 17 milioni 260 mila.
La crisi del turismo e delle strutture ricettive
Alla crisi del settore turistico, causata dalle misure restrittive ai movimenti di persone anti-pandemia, è dedicato il quarto capitolo del Rapporto, con uno studio su quattro aree di interesse turistico: Assisi, Ischia, Riva del Garda e Venezia. Nella città di San Francesco c’è stato un crollo dei consumi del 78 per cento, e la Chiesa locale ha messo a disposizione da giugno 2020 a inizio 2021 circa 7200 ore di volontariato nei servizi assistenziali, empori solidali e distribuzione “porta a porta” di aiuti. A Ischia, dove il 70 per cento degli operatori del turismo non lavora, nel 2019 la Caritas sfamava 500 famiglie, oggi sono 2500, e in aumento perché su circa 15 mila lavoratori stagionali almeno il 50 per cento non ha ricevuto nessun tipo di supporto economico. A Riva del Garda, dopo la fuga della manodopera, soprattutto straniera, la Caritas segue 302 nuclei familiari. E a Venezia, dove gli arrivi di stranieri sono crollati del 73 per cento, il settore turistico, nel quale lavorano il 27 per cento degli occupati della provincia, ha perso 2 miliardi di euro. Il patriarcato, con il Fondo San Nicolò, ha distribuito circa 250 mila euro.
Quale futuro ci aspetta dopo la pandemia?
Il quinto capitolo è dedicato al futuro che ci aspetta dopo la pandemia. L’analisi dello scenario socio-economico italiano inizia col mercato del lavoro. Durante la pandemia le ore lavorate sono scese dell’11 per cento, toccando il livello più basso degli ultimi 40 anni, e se il numero degli occupati è sceso solo del 2,1 per cento, lo si deve alle misure di sostegno già presenti (Cassa integrazione) e a quelle nuove introdotte dal governo (Cig estesa a settori che non ne usufruivano, blocco dei licenziamenti e contribuiti ad imprese e lavoratori autonomi). La luce viene dagli ultimi dati Istat per il secondo semestre 2021: aumentano le ore lavorate, diminuisce la Cassa integrazione e crescono gli occupati (+2,3 per cento).
Nel 2020 calati i consumi, cresciuto ancora il risparmio
Si guarda poi al numero degli inattivi, che dopo tanti trimestri di crescita si riduce, anche se rimane tra i più alti nell’Unione Europea, e agli effetti del lockdown più o meno duri su consumi e risparmi. Nel 2020 i consumi sono calati dell’11,7 per cento, tornando ai valori della fine degli anni ’90, ma il risparmio degli italiani è raddoppiato rispetto al 2019, superando il 15 per cento del reddito disponibile. Così la ricchezza netta delle famiglie è salita a 8,6 volte il reddito disponibile, quando un anno prima era all’8,3.
Proposte per un riordino del Reddito di cittadinanza
L’ultimo capitolo del Rapporto Caritas 2021 su povertà ed esclusione sociale in Italia, dopo tanti dati, porta una proposta: “L’ Agenda Caritas per il riordino del Reddito di Cittadinanza (RdC)”, perché “il futuro delle politiche contro la povertà nel nostro Paese è, oggi più che mai legato al buon funzionamento di questa misura”. I dati dicono che il RdC ha sostenuto 3,7 milioni di persone nel 2020, uno su cinque fra coloro che si sono rivolti alla Caritas nel 2020, Ma a più di due anni dalla sua introduzione, è una misura il cui funzionamento va verificato, “per capire che cosa cambiare del RdC e renderlo adatto agli scopi che si prefigge”. L’ Agenda Caritas propone alcune modifiche per migliorarlo e permettergli “di rispondere alle trasformazioni della povertà”.
Ampliare i criteri di accesso per favorire le famiglie numerose
La Caritas ricorda ancora che oggi ancora più della metà delle famiglie in povertà assoluta non riceve il RdC: sono soprattutto famiglie povere che di frequente risiedono nel Nord, o hanno figli minori, oppure hanno al loro interno un richiedente straniero o ancora hanno un patrimonio mobiliare (i risparmi) superiore alla soglia fissata come requisito di accesso. Per questo la Caritas propone di ampliare alcuni criteri di accesso al RdC, diminuendo il numero di anni di residenza richiesti, innalzando le soglie del patrimonio mobiliare, quelle economiche al Nord, e creando “una scala di equivalenza non discriminatoria verso le famiglie più numerose e che non le sfavorisca rispetto ai nuclei con uno o due componenti”. Ma anche di restringere altri criteri di accesso, attraverso “l’abbassamento delle soglie economiche per le famiglie di una persona e di due persone, che possono contare su altre risposte dedicate sulla base delle proprie esigenze”.
Nanni: fare rete, non si esce dall'emergenza da soli
Dei dati contenuti nel Rapporto e di queste proposte finali, Vatican News ha parlato con Walter Nanni, dell’ufficio studi della Caritas italiana, che è tra i curatori della ricerca.
Walter Nanni, la scelta di intitolare il vostro rapporto “Oltre l'ostacolo”, è legata anche al fatto che grazie all'impegno delle comunità dei credenti verso chi vive ai margini, unite alle risposte istituzionali nazionali ed europee, ci sono stati in Italia, anche durante la pandemia e nella nuova fase, grandi esempi di risposta e resilienza?
Abbiamo avuto, sin dalla primavera del 2020, una vasta gamma di esperienze di intervento, di volontariato, di accompagnamento, di solidarietà, sicuramente grazie ai fondi messi a disposizione dalla Cei, e poi Caritas italiana ha sviluppato una serie di progettualità. Molto spesso, anche, abbiamo avuto esperienze di accompagnamento, aiuto, sotto forma di vicinato, amicizia, presenza di persone che hanno messo a disposizione, nella comunità locale, tra cui molti giovani, una serie di aiuti e di sostegni. Soprattutto nello studio, ma anche nell'inserimento lavorativo, oppure si sono messi a disposizione anche per l'accoglienza, in caso di dimissioni dalle strutture ospedaliere. Abbiamo avuto tante esperienze di progetti innovativi che hanno messo in evidenza una forte capacità di solidarietà delle comunità locali.
Si sono però anche create, voi scrivete, triangolazioni positive con le risposte istituzionali, a livello nazionale ed europeo…
Sicuramente. Possiamo dire che un terzo delle persone che vengono aiutate dalla Caritas sono anche aiutate dal servizio pubblico. E questo è un dato molto alto, forse anche superiore rispetto al passato, nel quale si evidenzia anche la capacità di lavorare in rete, che è emersa con forza durante la pandemia. Non si esce dal problema dell'emergenza sanitaria ed economica da soli, ma si lavora in rete e anche la presenza di progettualità europee, sarà sicuramente più forte quando saranno messi a disposizione i fondi del Piano nazionale di ripresa e resilienza. Ma già adesso molte attività di accompagnamento e aiuto alle famiglie, come gli aiuti alimentari, sono svolte anche grazie all'esistenza di fondi europei.
I dati dei vostri centri Caritas per il 2020 sono drammatici, soprattutto quello del 44% di nuovi poveri che si sono rivolti a voi per la prima volta, soprattutto in regioni considerate ricche, come la Valle d'Aosta e il Trentino Alto Adige. Quali le cause di questi numeri?
Nel momento di difficoltà, anche in queste regioni, come pure nel centro-sud, la presenza di un ente come la Caritas, che si conosce, verso cui si ha fiducia, ha fatto nascere l'idea di potersi rivolgere a qualcuno per chiedere aiuto nel momento in cui anche la possibilità di chiedere aiuto era difficile. Non ci si poteva spostare, ma la Caritas è presente capillarmente, nelle parrocchie, nelle realtà locali, e quindi è anche facile trovare un contatto immediato, non burocratico, non amministrativo. Quindi tutti questi accessi nel 2020, per la prima volta, ai nostri servizi, sono dovuti a questa capillarità della presenza. Ma bisogna anche dire che con i dati dei primi mesi del 2021, l'incidenza dei nuovi poveri comincia a calare e questo è un dato sicuramente positivo perché non si poteva pensare che continuasse così alta l'affluenza di persone che per la prima volta si rivolgono alla Caritas. Sicuramente è anche l'effetto dei ristori, della messa a disposizione di una serie di bonus, della cassa integrazione, che alla fine, pur con alcuni ritardi, hanno cominciato a raggiungere l'obiettivo.
Infatti nei primi otto mesi del 2021, voi scrivete nel rapporto, oltre due terzi di questi nuovi, poveri non ha fatto più ricorso ai vostri servizi. E’ un segnale di speranza o c'è un “ma”?
La speranza sarebbe stato che il 100 per cento non tornasse e invece c'è un 30 per cento che continua a non farcela e cronicizza il bisogno. C'è una quota di questi nuovi poveri dell'anno precedente che continua a rivolgersi alla Caritas anche l'anno successivo. Non è purtroppo un fenomeno nuovo, la presenza di uno zoccolo duro di persone in difficoltà e continuano a rivolgersi negli anni alla Caritas, anche addirittura di generazione in generazione, sicuramente un dato molto forte. Così come quello dei poveri intermittenti: un 20 per cento di persone che smette di rivolgersi alla Caritas, ritorna, poi si risolleva. Sono persone che galleggiano sulla soglia di povertà e il cui reddito disponibile, evidentemente, non è sufficiente a soddisfare i bisogni, soprattutto quelli improvvisi, quelli emergenziali. Bisogni che hanno pensato soprattutto in questo periodo, perché con una crisi economica di lungo periodo ci si attrezza, ma quando la crisi economica arriva improvvisamente, l’emergenza di una spesa improvvisa in famiglia può avvenire all'ultimo momento e ci si trova scoperti.
Infine, dopo dati, la proposta. Avete realizzato un “Agenda Caritas per il riordino del Reddito di cittadinanza”. Perché questa agenda e quali sono le principali proposte?
Sicuramente il Reddito di cittadinanza è una misura importante, perché una persona su cinque accompagnata dalla Caritas, percepisce questo sostegno secondo importi diversi a seconda del livello di gravità del suo stato. Anche perché la Caritas non sostiene solo con aiuti materiali, ma anche con l’orientamento, l’accompagnamento, le proposte formative e quindi c'è una integrazione tra l'aiuto economico e l'aiuto della Caritas come animazione delle potenzialità delle persone. Le proposte per il riordino il Reddito di cittadinanza partono dalla considerazione che molte persone che noi conosciamo sono state aiutate dal RdC, altre non hanno avuto accesso e quindi bisogna migliorare la capacità di intercettare soprattutto quelle situazioni di povertà assoluta che per vari motivi amministrativi, di soglie economiche, per il fatto che non hanno presenza stabile nel territorio italiano, oppure hanno situazioni mobiliari superiori alla soglia fissata, come requisito d’accesso, non sono riuscite ad avere accesso al redito. Allo stesso tempo bisogna chiarire meglio la differenza tra le politiche di attive del lavoro e quelle invece che hanno a che fare con la lotta alla povertà, che seguono due percorsi diversi. Bisogna capire meglio quindi come coniugare queste due dimensioni. Ma bisogna anche rafforzare il sistema dei servizi sociali che ancora adesso, dopo tanti anni dalla legge 328 del 2000, continua ad avere difficoltà di organico proprio nelle località maggiormente colpite dalla povertà.
Voi segnalate però, nel Reddito di cittadinanza, anche una certa discriminazione tra le famiglie più numerose che vengono sfavorite rispetto ai nuclei con uno o due componenti…
C’è un sistema di calcolo per cui, di fatto, le famiglie che hanno più figli minori rispetto al single hanno una minore probabilità di poter essere incluse nella misura del RdC e questo contrasta con il fatto che invece, per i dati Istat, ma anche per i nostri dati, la povertà cresce notevolmente all’aumentare del numero di persone in famiglia, ma soprattutto del numero di minori in famiglia. I dati Istat ci dicono che ci sono in Italia 1 milione 337mila minorenni in situazione di povertà. Bisognerebbe fare in modo, risolvendo questo problema amministrativo, di calcolo dei coefficienti di proporzionalità che ci sono nella misura, che tutti questi minori siano inclusi all'interno del Reddito di cittadinanza.
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